È partita il 18 marzo, e proseguirà sino a fine mese, l’iniziativa denominata Assente ingiustificato, campagna di sensibilizzazione per l’abbattimento delle barriere architettoniche e psicologiche che limitano l’accesso allo mondo della scuola a chi vive con una disabilità [se ne legga già nel nostro giornale, N.d.R.]. Un’idea promossa dalla UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare), per la propria nona Giornata Nazionale, in collaborazione con Cittadinanzattiva.
Come spiegano gli autori del progetto, «l’assente ingiustificato non è solo lo studente che non può entrare a scuola a causa delle barriere, ma anche il contesto-scuola che non partecipa come dovrebbe alla realizzazione di quei percorsi di autonomia personale, affettiva e cognitiva, che “aprono” a ogni individuo la possibilità di vedersi protagonista delle proprie scelte e che hanno proprio nella scuola un fondamentale punto di partenza».
Sono sufficienti pochi dati per comprendere quando ancora si debba fare su questo fronte. Basti pensare che il 9% delle famiglie di alunni con disabilità deve ricorrere alla Magistratura per vedersi riconosciuto il diritto a un numero adeguato di ore di sostegno. In media ogni ragazzo può disporre tra le 10 e 13 ore settimanali, se si parla di scuola primaria (al Sud la media è di 13,3, al Nord 10,3, al Centro 10,1) e tra le otto e le dieci ore nella scuola secondaria. Poche, ma i responsabili si giustificano con la scarsità dei fondi a disposizione. Benvenuti, quindi, nell’Italia dei tagli alla scuola e al welfare! La fotografia che restituisce l’indagine condotta dall’Istat sulla popolazione degli allievi disabili in Italia delle scuole primarie e secondarie di primo grado per l’anno scolastico 2011/2012 ci racconta molto di più.
«Nell’anno scolastico 2011-2012 – scrivono gli esperti nel Rapporto – sono circa 145 mila gli alunni con disabilità. Nella scuola primaria sono circa 81 mila (pari al 2,9% del totale degli studenti italiani), in quella secondaria di primo grado poco più di 63 mila (il 3,5% del totale)». Se si prendono in considerazione gli ultimi dieci anni, il numero degli alunni con disabilità è cresciuto dell’1% nelle scuole italiane, ma se si prende in considerazione solo la “fetta” degli alunni con disabilità, l’incremento è di oltre il 30%, circa 20 mila alunni con disabilità in più. A conti fatti, quindi, le iniziative come quella portate avanti dalla UILDM stanno sortendo effetti positivi.
Uno di questi effetti è sicuramente quello di vedere integrate – da apprezzare almeno il tentativo –molteplici forme di disabilità. Non solo disabilità motorie o sensoriali, ma anche intellettive. Stando ai dati del rapporto, «le forme di disabilità presenti [nelle scuole, N.d.R.] sono molte, ma il ritardo mentale è quella che raggiunge la percentuale più alta sia nella scuola primaria (36,3%del totale delle persone con disabilità), che nella scuola secondaria inferiore (42,9%). Vi sono poi i problemi legati all’apprendimento (24,9%), all’attenzione (23,3%) e ai disturbi affettivi e relazionali (18,2%)».
Prosegue anche l’inclusione delle persone non totalmente autonome: «Uno studente con disabilità su cinque risulta non autonomo in almeno una delle attività indagate (autonomia nel mangiare, nello spostarsi e nell’andare in bagno) e un 7,8% non lo è in tutte e tre le attività», stabilisce il Rapporto dell’Istat.
Dietro i numeri e le percentuali, ovviamente ci sono le persone. Ragazzi con grandi difficoltà che lentamente si inseriscono nella società. Anche grazie alla scuola, su cui, ormai da anni, lo Stato non investe. Anzi, quasi lo considerasse un inutile orpello, opera tagli che colpiscono indiscriminatamente tutti gli studenti. Specie chi necessita di maggior attenzione.
Secondo i dati del Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca, «si contano poco più di 65 mila insegnanti di sostegno che svolgono attività di tipo didattico con l’80% degli alunni con disabilità». Quindi in media un insegnante ogni due studenti disabili. Oltre il 40% di questi docenti è precario e cambia di anno in anno (circa il 40% dei ragazzi hanno un nuovo insegnante di sostegno), lasciando la persona con disabilità un po’ “spaesata” (si legga, a tal proposito, la storia, da noi raccontata a suo tempo, di Francesco Gallone).
La situazione è ancora peggiore se si parla dell’assistente educativo e culturale (AEC), la figura professionale specifica per gli alunni con problemi di autonomia, pagata dagli Enti Locali: le ore settimanali a disposizione scendono in media a nove per i problemi considerati gravi e a tre per chi ha limitate problematiche di autonomia. Come se queste persone potessero andare in bagno “a intermittenza” e non secondo i propri bisogni fisiologici.
Dall’assistenza alle barriere fisiche: una scuola su cinque presenta ancora barriere architettoniche per scale non a norma, una su quattro non dispone di servizi igienici adeguati, metà non ha percorsi interni o esterni totalmente privi di barriere.
Se si sommano, quindi, il numero ridotto di ore di sostegno disponibili e la presenza elevata di impedimenti all’accesso, si comprende poi la scarsa partecipazione alle attività extrascolastiche: in media solo tre ore a fronte di venti-venticinque ore trascorse in aula alla settimana.