Leggo in «Superando» il dotto e stimolante approfondimento di Giancarlo Onger, intitolato Per un’etica dell’inclusione, nel quale l’Autore esprime alcune riserve sulla recente Circolare Ministeriale 8/13, riguardante i BES (Bisogni Educativi Speciali). In tal senso vorrei esprimere alcune mie osservazioni.
Onger giustamente critica il termine BES, dicendo che occorre superare la logica della “specialità”, troppo legata a una vecchia prospettiva sanitaria, che ha condizionato tutta la normativa sull’inclusione scolastica, oscurandone l’aspetto più importante – quello pedagogico -, già posto in rilievo soprattutto dal documento elaborato nel 1975 dalla Commissione Senatoriale, presieduta da Franca Falcucci, definito «di alto valore umano».
Si tratta certamente di una giusta osservazione e nulla vieta che il termine BES possa essere sostituito da quello proposto dall’Autore, BEI, ovvero Bisogni Educativi Individuali.
Andando poi alla sostanza, la critica di Onger si accentra sull’eccessiva rilevanza data al “mito della legge”, per garantire diritti di carattere didattico ad alunni con difficoltà di apprendimento, come sono quelli indicati con il termine BES e cioè agli alunni con disabilità, a quelli con DSA (disturbi specifici di apprendimento) e a quelli con svantaggio socioculturale, personale, familiare, linguistico ecc.
Il guaio, però, è costituito dal fatto che ci troviamo in una scuola pubblica che, in uno Stato di diritto, deve rispondere a certe regole, senza le quali l’Amministrazione Scolastica è esposta a rischi di controversie giurisdizionali. Ora, per gli alunni con disabilità, la prima delle tre tipologie di BES – o meglio di BEI – è intervenuta la Legge 104/92 (che ha recepito norme precedenti), riconoscendo il diritto pieno e incondizionato di tutti gli alunni con disabilità all’inclusione scolastica.
Invero, tale diritto era stato in precedenza negato dalla Magistratura ed è dovuta intervenire la Corte Costituzionale, con la Sentenza 215/87, per affermarlo in modo inequivocabile. Il problema pratico era quello di individuare quali persone potessero avvalersi di tutti i benefìci riconosciuti «per superare gli ostacoli» che ne impedivano l’inclusione scolastica e fornissero loro dei diritti specifici, come una maggiore attenzione nella formulazione dei loro percorsi didattici, nella valutazione dei loro risultati e nella fornitura di strumenti tecnologici per la loro comunicazione. Dal momento che tali diritti comportavano un aumento di spesa pubblica, si ritenne opportuno ricorrere alla selezione basata su certificazioni sanitarie, che espressamente riconoscessero trattarsi di persone «con disabilità stabilizzate o progressive». E ciò ha reso la scuola tributaria della sanità. Si sarebbe potuto pervenire a una selettività autogestita dalla scuola, con argomentazioni esclusivamente o prevalentemente di carattere didattico, ma allora (1992) i tempi non erano ancora maturi per una piena autonomia scolastica e didattica.
Quanto poi alla seconda tipologia dei BES (BEI), ovvero i DSA, l’Amministrazione Scolastica aveva già provveduto – a partire almeno dal 2003 – ad emanare Circolari che riconoscevano agli alunni con tali bisogni «misure compensative e dispensative»; fu possibile utilizzare lo strumento giuridico della Circolare, poiché non si richiedevano spese aggiuntive, come quelle per i docenti per il sostegno, necessarie per gli alunni con disabilità. Anche qui, tuttavia, si dovette ricorrere al supporto sanitario, tramite una certificazione da richiedere alle ASL, onde evitare facili contenziosi da parte di compagni bocciati, rispetto a quelli promossi, sia pure con le difficoltà bilanciate dalle «misure compensative e dispensative». Alle associazioni dei familiari di questi alunni, però, lo strumento della Circolare non sembrò sufficiente garanzia e si pretese – e ottenne – la Legge 170/10, che sostanzialmente ribadiva i benefìci e i diritti già in precedenza riconosciuti tramite le Circolari.
A mio personale avviso, si sarebbe potuto fare a meno della legge, bastando le garanzie dell’articolo 34 della Costituzione, secondo cui la scuola è aperta a tutti. E vado anche oltre, dicendo che si sarebbe potuto fare a meno, per gli alunni con disabilità, della stessa Legge 104/92, specie dopo la Sentenza 215/87 della Corte Costituzionale, se non si fosse trattato di dover legittimare la spesa per i docenti per il sostegno. E in ogni caso, anche quest’ultimo problema potrebbe essere ormai risolto più semplicemente con la costituzione di un organico funzionale a livello di reti di scuole.
E veniamo alla terza tipologia di BES (BEI), cioè gli alunni con diversi tipi di svantaggio. Qui l’Amministrazione Scolastica è stata più flessibile e ha puntato molto di più sui valori pedagogici, sugli strumenti didattici e sull’attuazione del principio dell’autonomia scolastica, ormai definitivamente sancita dal DPR 275/99. Essa ha infatti emanato la Direttiva Ministeriale Strumenti d’intervento per alunni con bisogni educativi speciali e organizzazione territoriale per l’inclusione scolastica, del 27 dicembre 2012, che però – a causa di alcune nebulosità burocratico-amministrative – ha richiesto l’emanazione della citata Circolare 8/13, con la quale si sono invitati i Consigli di Classe ad adottare tutti gli interventi didattici possibili – tra cui anche le misure compensative e dispensative – per garantire a questi alunni prestazioni che li facessero pervenire al successo scolastico, come per tutti gli altri studenti.
Ovviamente, qui non è stato più necessario ricorrere alla “stampella della sanità”, dal momento che le ragioni dello svantaggio sono di natura sociale, affettiva e culturale ed è sufficiente, per i docenti, acquisire informazioni dai Servizi o dalla propria professionalità, per decidere se applicare o meno tali misure. Giustamente, però, la Circolare pretende che vi sia una verbalizzazione con ampia motivazione di queste scelte, al fine di evitare contenzioso con altri compagni, per i quali di tali benefìci didattici i docenti non ritengono doversi avvalere.
A questo punto, il 10 marzo scorso, la prestigiosa rivista «TuttoscuolaFOCUS» (n. 461/577), con un approfondimento ribadito da un altro successivo del 17 marzo, ha attaccato duramente la decisione ministeriale, ritenendo come insufficiente la copertura giuridica rappresentata dalla Direttiva e dalla Circolare e richiedendo anche in questo caso l’intervento del Legislatore.
Su queste stesse pagine, ho avuto occasione di contrastare questa tesi, sulla base del principio che in tema di diritti fondamentali costituzionalmente garantiti, quale quello all’inclusione scolastica, basta l’interpretazione estensiva delle norme della Costituzione e comunque quella analogica di norme legislative già esistenti, come le Leggi 104/92 e 170/10 (giusto come ha fatto la Circolare 8/13).
Giustamente, infine, Onger fa appello ai valori pedagogici, per affrontare i problemi dell’inclusione scolastica, guardando alla formazione dei docenti curricolari e alla pluralità dei sostegni, che non debbono riguardare solo i docenti per il sostegno. Per questi ultimi, tuttavia, egli ne propone l’utilizzazione per tutti gli alunni con BEI, ciò che attualmente è impossibile, senza un ampio dibattito culturale dentro e fuori l’Osservatorio Ministeriale sull’Inclusione. Infatti, senza un dibattito del genere, senza la preventiva formazione iniziale e obbligatoria in servizio di tutti i docenti curricolari e senza anche la riduzione del numero degli alunni per classe, ritengo questa proposta impraticabile di fatto.
In tal senso, su tutti questi aspetti, ritengo necessario l’intervento di norme giuridiche per garantire l’obbligatorietà della formazione iniziale e in servizio di tutti i docenti curricolari, norme che dovranno trovare la loro applicazione tramite la contrattazione collettiva con i sindacati.
E tuttavia, occorre anche il rispetto e il rafforzamento della normativa attualmente in vigore per i soli alunni con disabilità, riguardante il tetto massimo di venti per classe, fissato dall’articolo 5, comma 2 del DPR 81/09. Quel che manca, invece, è una norma che limiti il numero di alunni certificati con disabilità in una classe, numero massimo fissato dal Decreto Ministeriale 141/99, che però è stato abrogato dal citato DPR 81/09. Con classi numerose, infatti, è impossibile dare risposte didattiche a tutti gli alunni con BEI e per aspetti come questi, non si può prescindere da norme legislative, non essendo sufficiente rimettersi all’autonomia scolastica, stante il problema dei crescenti tagli alla spesa pubblica, dovuti al Patto di Stabilità interna e internazionale.
Pertanto, il nuovo Ministro dell’Istruzione dovrà riprendere in mano tutta questa materia, riorganizzarla razionalmente e pedagogicamente, dando attuazione al Decreto Ministeriale 249/10 sulla formazione iniziale dei futuri docenti curricolari, concludendo la contrattazione collettiva sulla formazione obbligatoria in servizio degli stessi e garantendo il rispetto della normativa sul numero massimo di alunni per classe, specie adesso che anche gli altri alunni con BEI sono emersi a livello di riconoscimento giuridico, ciò che li ha fatti emergere anche a livello di riconoscimento pedagogico.