Una tecnica giornalistica sperimentata più volte negli ultimi tempi da questo giornale sta dando ottimi risultati: quella delle interviste alle madri e alle famiglie con disabilità.
Certamente è necessaria molta finezza e perspicacia da parte dell’intervistatrice (sempre una donna!), per non deviare il racconto verso mete prefissate e per non travisare neppure in piccola parte lo spirito del racconto stesso, giacché questa possibilità esiste e di solito viene abilmente sfruttata dai “professionisti della disabilità”, per portare acqua al mulino delle loro teorie. E, com’è ben noto, i mulini macinano tutto quello che va a finire sotto la mola…
Quando però l’intervistatrice lascia libera l’intervistata (generalmente una madre) e si limita a dare “piccoli colpi di timone”, per mantenere la giusta rotta della narrazione, allora il racconto delle vite con disabilità assurge non di rado a una dimensione “epica”, pur nella semplicità quotidiana.
Sfuggendo accuratamente l’accorpamento in categorie prestabilite, è tuttavia possibile notare alcuni tratti singolarmente comuni a questi racconti:
– non si è mai soli e neppure si è mai ultimi;
– ci sono altri genitori che reagiscono;
– spesso la miglior risposta di vita viene dalle situazioni più precarie e difficili;
– i rapporti con i servizi dedicati sono spesso ostici e visti come una fonte di difficoltà, anziché di aiuto;
– ognuno deve scegliere la propria strada, ma conoscere quella degli altri certamente aiuta;
– nel dubbio credi a chi vive con la disabilità piuttosto a chi ci vive sopra.
Alla prossima intervista!