«Ogni volta che succedono questi fatti, ci si illude che sia l’ultima, ma si viene regolarmente smentiti. Qui, poi, si rimane allibiti anche per il drammatico contrasto tra l’ignominia dell’episodio e la ricchezza culturale del territorio vicentino. Come può essere accaduto tanto orrore, come può essersi perpetrato nel tempo?». Così Liana Baroni, presidente nazionale dell’ANGSA (Associazione Nazionale Genitori Soggetti Autistici), ha commentato il gravissimo fatto riferito nei giorni scorsi dal «Giornale di Vicenza», riguardante i ripetuti maltrattamenti cui sarebbe stato sottoposto un quattordicenne con autismo a Barbarano (Vicenza), da parte di un’insegnante di sostegno e di un’operatrice socio-assistenziale. E scriviamo “sarebbe”, pur ricordando che – a quanto sembra – le registrazioni audio e video su quei “metodi” confermerebbero in modo inoppugnabile le accuse, tanto da far parlare agli stessi investigatori – che hanno anche sequestrato una bacchetta di legno, un righello e una forbice, oggetti delle presunte sevizie – di «situazioni insopportabili».
In tal senso, Baroni intende ringraziare proprio le forze dell’ordine e la magistratura, «che hanno agito in flagranza di maltrattamento, cogliendo sul fatto le due colpevoli, e bene ha fatto quel padre che si è rivolto ai carabinieri, nel timore che senza una denuncia formale, l’episodio venisse minimizzato o parzialmente giustificato, all’interno di una istituzione, che tende per forza di cose a proteggere i propri dipendenti , magari accusando la famiglia, o il bambino aggressivo o violento».
«Come ANGSA – sottolinea poi la presidente dell’Associazione – insistiamo da sempre sulla specializzazione degli insegnanti e ora che è uscita la Linea Guida dell’Istituto Superiore di Sanità, ne chiediamo l’applicazione. Come ha del resto ribadito anche il Ministro della Salute, nel suo messaggio del 2 aprile scorso, Giornata Mondiale per la Consapevolezza dell’Autismo, la Conferenza Unificata di Stato, Regioni ed Enti Locali ha sancito, il 22 novembre scorso l’obbligo, da parte di tutti i servizi sociali, sanitari e scolastici, di lavorare in modo integrato, perché le indicazioni su come si debba trattare l’autismo siano prese in carico e condivise da tutti coloro che appartengono all’“intorno” del bambino e dell’adulto con autismo. Non sappiamo se queste insegnanti fossero formate sull’autismo, se avessero gli strumenti pedagogici-educativi per comunicare e insegnare a questo ragazzo, ma certamente non avevano la minima dose di umanità e di rispetto per gli altri».
Un accenno ulteriore merita quanto detto da Liana Baroni sul territorio ove il fatto si è verificato, quello cioè della Provincia di Vicenza, estremamente ricca di associazioni di volontariato e anche di iniziative specifiche proprio in àmbito di disturbi dello spettro autistico.
Ben lo ricordano Laura Baschirotto e Marco Zanini, genitori e Soci dell’ANGSA Veneto, in una lettera inviata agli organi d’informazione, ove sottolineano appunto che tale episodio risulta «ancor più inaccettabile ed offensivo per le persone con autismo, in un territorio come il Vicentino in cui da diversi anni si sta lavorando sodo per promuovere la formazione e la sensibilizzazione di familiari, operatori e insegnanti».
Vale certamente la pena ricordare alcune di quelle iniziative – delle quali anche il nostro giornale ha avuto spesso l’occasione di occuparsi -, come fanno le esponenti dell’ANGSA Veneto: «Dal 2007, ad esempio, esiste un progetto di partenariato denominato L’educazione della persona con autismo e disturbi generalizzati dello sviluppo, nel lavoro di rete, grazie al quale – contando sulla collaborazione e la competenza in rete di vari partner (Fondazione Brunello; ULSS 6; ULSS 4; CTI Bassano-Asiago; Assessorato all’Istruzione del Comune di Vicenza; Sportello Provinciale per l’Autismo; Associazioni ANGSA Veneto e Autismo Triveneto) – sono state fornite varie occasioni specifiche e gratuite, grazie ai finanziamenti del Centro di Servizio per il Volontariato della Provincia di Vicenza, per costruire cultura di integrazione e formazione qualificata, proprio all’interno della scuola. In tal senso, sono stati promossi corsi di formazione di base, replicati di anno in anno, e di perfezionamento via via crescente, rivolti a docenti di ogni ordine e grado, d’intesa con l’Ufficio Scolastico Provinciale, sui temi più delicati, come quelli dell’integrazione, dei “comportamenti problema”, della comunicazione, dell’interazione sociale, del consolidamento delle autonomie».
«E ancora – proseguono Baschirotto e Zanini – vogliamo ricordare che a Vicenza esiste attivo ed efficiente uno Sportello Provinciale per l’Autismo, a disposizione proprio delle scuole per rispondere a urgenze e offrire consulenze anche in loco. Nella città berica, inoltre, opera la già citata Fondazione Brunello, che con devozione totale ha dedicato in questi lunghi anni tempo, energie, fondi e spazi fisici per promuovere la cultura dell’autismo e la formazione; la stessa Fondazione ha istituito una Biblioteca Specialistica sull’Autismo presso il Centro per l’Autismo di Vicenza, riconosciuta a livello nazionale e aperta al pubblico per consultazioni e prestiti».
Degna di nota anche la conclusione della lettera: «I genitori sperimentano sulla propria carne viva che cosa significhi accompagnare la crescita quotidiana di una persona con autismo: proprio per questo considerano la scuola una risorsa decisiva nella formazione dei propri figli, un partner insostituibile per affiancare il difficile lavoro educativo delle famiglie. Questa scommessa di collaborazione richiede fiducia. E la fiducia, ripagata da tanti altri esempi – che non fanno notizia – di collaborazione efficace fra scuola e famiglia, non può che basarsi sul riconoscimento che oggi non è possibile invocare alcuna possibile ignoranza di che cosa sia e di come vada trattato l’autismo a scuola. Possibilità e occasioni non sono mancate e non mancheranno, a insegnanti, operatori, dirigenti scolastici, per conoscere e operare scelte nel modo più adeguato».
Conveniamo totalmente sui tanti esempi di lavoro positivo che “non fanno notizia”. In questo caso, però, riteniamo ci si debba preoccupare anche dell’aspetto opposto, come ha ben sottolineato ieri Franco Bomprezzi, in queste stesse pagine: siamo certi che un fatto tanto grave come quello di Barbarano stia “facendo notizia nel modo giusto”? A giudicare dall’eco (ancora) relativamente scarsa che riscontriamo sugli organi d’informazione, sembra proprio di no. Non ci resta quindi che parlarne, parlarne e ancora parlarne, cercando sempre di fornire l’informazione più corretta e onesta possibile. (Stefano Borgato)