L’Università di Modena e Reggio Emilia è all’avanguardia in Italia per l’accoglienza e la didattica dei ragazzi con disturbi specifici dell’apprendimento (DSA). «Ad oggi, infatti, ci sono ben settantasette studenti, e non sono certo pochi, per una Università di medie dimensioni come la nostra», ha sottolineato Giacomo Guaraldi, referente per l’Accoglienza degli Studenti Disabili e con DSA dell’Ateneo emiliano, durante l’incontro Apprendere o comprendere? La scuola e i ragazzi con disturbi specifici dell’apprendimento, svoltosi il 10 aprile scorso a Carpi (Modena), nell’àmbito della quarta edizione di Nati per Vincere? La disabilità fa cultura, rassegna che intende sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema della diversità, partendo dallo specifico àmbito della disabilità, voluta dalle associazioni locali Il Tesoro Nascosto (Associazione Genitori Figli con Disabilità) e ANMIC di Modena (Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi Civili), con la collaborazione del Comune di Carpi, delle Istituzioni scolastiche, del CIP Emilia Romagna (Comitato Italiano Paralimpico) e della Polisportiva San Marinese.
I DSA, com’è noto, sono stati resi riconoscibili, qualche anno fa, anche dalla specifica Legge 170/10, che ha fornito alla scuola gli strumenti per poter accompagnare gli studenti nel loro percorso di studi, dalle materne all’università.
All’incontro di Carpi – moderato dal giornalista RAI e presidente dell’Associazione Il Tesoro Nascosto Nelson Bova – ha partecipato anche Elisabetta Genovese, docente all’Università di Modena e Reggio Emilia e tra coloro che presero parte al Tavolo Tecnico per la stesura della citata Legge 170/10. «Proprio oggi ci ha chiamato il Ministero – ha rivelato durante l’incontro, di fronte a una platea numerosa e qualificata, fatta di genitori, insegnanti e studenti – per chiederci consigli sull’accoglienza degli studenti con DSA».
L’apprendimento per i ragazzi con disturbi specifici dell’apprendimento passa per la semplificazione dei testi letterari, della matematica, delle scienze, delle lingue: le cosiddette “mappe cognitive o concettuali”. «Ma l’esistenza durante e dopo la scuola non è fatta di mappe concettuali, non è una vita semplificata artificialmente», ha fatto notare Nicola Cuomo, altro relatore invitato all’incontro, docente associato in Pedagogia Speciale all’Università di Bologna. «Tutta l’esistenza – ha dichiarato – è fatta di strategie che ognuno deve costruirsi attraverso l’emozione della loro scoperta, azione che porterà all’emozione della conoscenza».
«Insistere sul problema non risolve il problema – ha continuato Cuomo -, aggirare l’ostacolo e dare allo studente strumenti alternativi con un linguaggio diverso da quello della razionalità invece sì. Questa infatti è una modalità che aiuta non solo lo studente con problemi, ma anche e soprattutto l’intera classe e l’intero contesto».
Concordi che un conto siano le norme e un altro la loro applicazione pratica, sono stati poi sia il dirigente scolastico dell’Istituto Tecnico Aldini-Valeriani di Bologna, Salvatore Grillo, sia il “padrone di casa”, ovvero il dirigente scolastico dell’Istituto Comprensivo Carpi Due Attilio Desiderio.
«Dobbiamo dirci con chiarezza – ha ammesso Grillo – che per molti insegnanti la presa in carico di uno studente con DSA è qualcosa che comporta un grande impegno e che tanti fanno di tutto per evitare questo aggravio di lavoro».
Da tutti i relatori, poi, è arrivato congiuntamente un appello rispetto all’importanza non solo della diagnosi, ma anche del contesto in cui si propongono gli interventi di supporto. Dal canto suo, Genovese ha spiegato come il percorso normativo abbia permesso di «dare uniformità ai processi diagnostici e alle azioni di intervento sui DSA. Benché infatti il nostro Ateneo fosse già all’avanguardia rispetto al tema DSA, dall’entrata in vigore della Legge 170/10, una sempre maggior consapevolezza e sensibilità ha aiutato molti nostri studenti a esplicitare i loro disturbi, e permesso a noi di attivare nuove strategie didattiche per aiutarli».
«Come accennavo – ha aggiunto Guaraldi – ad oggi seguiamo settantasette studenti con DSA, provenienti da tutta Italia, e facciamo in modo che essi acquisiscano le stesse competenze dei colleghi e a cambiare non sia il percorso di studi, assolutamente non agevolato o semplificato, ma solo le modalità e i tempi, tassativamente non superiori del 30%».
In tal senso Cuomo ha affermato che, «se semplificata, una sfida perde di valore e di ricchezza e fa perdere allo studente la stima degli altri e in se stesso». Il docente ha richiamato poi l’attenzione sulla persona e sul contesto nel quale la diagnosi di DSA si inserisce, ribadendo più volte come «si debba puntare allo sviluppo globale della persona, aiutandola ad accrescere altre competenze utili a superare lo svantaggio». «Siamo chiamati a scegliere – ha affermato in particolare – se addestrare o piuttosto formare i ragazzi, preferendo interventi educativi vissuti invece che subìti».
Tutti i relatori hanno convenuto inoltre sul fatto di definire i primi dieci anni di vita di un bambino come quelli decisivi e più importanti. «Diamo un’importanza crescente agli insegnanti in funzione del grado di scuola dove insegnano – ha fatto notare Cuomo – e invece i più importanti per la costruzione dell’architettura cognitiva di una persona sono proprio gli anni da zero a dieci e quindi determinanti sono gli insegnanti che li accompagnano in quel periodo durante il loro percorso di crescita. Dovremmo quindi ripensare, a beneficio di tutti, l’intero sistema scolastico, ribaltando le nostre prospettive e preferendo una scuola-laboratorio, una scuola del fare».
«E occorre – ha aggiunto Genovese – ripensare anche l’ambiente fisico in cui si fa scuola, costruendo aule con una migliore acustica, utilizzando strumenti che permettano una migliore interazione insegnante-classe, anche basandoci sulle ricerche scientifiche più recenti».
L’incontro è stato arricchito dalla partecipazione delle operatrici specializzate del Servizio Educativo Re Mida della Cooperativa Sociale CEIS Formazione, che hanno presentato il proprio progetto di supporto alla didattica e di sostegno all’autonomia, all’autostima e alla crescita globale degli adolescenti con DSA.
La conclusione è stata affidata invece alla testimonianza, articolata ed efficace, di Vittorio Melotti, dislessico plurilaureato dell’Ateneo modenese e oggi consulente dell’ANMIC (Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi Civili) per i DSA. (N.B. e S.B.)
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