Vorrei aderire all’appello lanciato su queste stesse pagine da Walter Berardo [“A Laura Boldrini, da un nonno con tante speranze”, N.d.R.], diretto al presidente della Camera Laura Boldrini, messaggio che condivido appieno, ritenendo che si debbano rispettare i diritti di tutti.
Sono diventata sorda all’età di 21 anni, e sono stata tra i primi pazienti sottoposti all’intervento di impianto cocleare all’Ospedale Le Molinette di Torino. Quando sono diventata sorda (nel 1991), l’impianto cocleare era ancora una cosa pressoché sconosciuta nel nostro Paese e in quel momento ho dovuto scegliere se sperimentare (perché di questo si trattava all’epoca) questo nuovo tipo di tecnologia per poter tornare a sentire – senza però sapere quanto avrei potuto sentire – oppure se avrei dovuto imparare il linguaggio dei segni.
Scelsi la prima opzione, tornando a sentire quasi come un udente, ma è proprio sul “quasi” che ritengo vengano lesi i miei diritti, quando cioè si caldeggia l’insegnamento della Lingua Italiana dei Segni, ma non ci si preoccupa, invece, di utilizzare nuove tecnologie, come ad esempio l’induzione magnetica negli uffici pubblici, per far capire ciò che viene detto dall’impiegato o dal personale medico negli ospedali. O ancora, da parte della RAI, dove si sottotitolano soltanto i programmi delle prime tre reti, senza pensare che il canone viene pagato anche per poter vedere tutte le altre, dove ovviamente non viene sottotitolato alcunché.
Per questo ritengo che ciò che ha scritto Walter Berardo alla Presidente della Camera sia giusto. Non mi sognerei mai, infatti, di negare la possibilità ad un’altre persona di imparare la LIS e con questa comunicare, ma, ritengo che sia altrettanto corretto che nessuno neghi a un altro sordo (che ci sia nato oppure no) di scegliere per se stesso la soluzione ritenuta più adeguata, senza che gli vengano negati gli aiuti che la scienza può mettergli a disposizione, per rendere la sua vita più agevole.