Si sono avuti momenti di grande spettacolarità, forte impatto emotivo e coinvolgimento, in una scenografia colorata e dinamica, quando il cantante Daniele Silvestri – durante il “Concertone del 1° Maggio”, in Piazza San Giovanni a Roma – ha esortato il pubblico ad applaudire silenziosamente roteando e librando in alto le mani, come fanno le persone sorde che utilizzano la LIS, la cosiddetta “Lingua Italiana dei Segni”. Un applauso di così grande effetto e coralità certamente “lascia il segno” nel pubblico presente in piazza o che ha seguito da casa, tanto più che l’esibizione di Silvestri è stata accompagnata da quattro simpatici e bravi ragazzi, di una radio romana, Radio Kaos LIS, saliti sul palco appositamente per eseguire la versione in segni del testo A bocca chiusa.
Silvestri lo ha fatto in continuità con la sua ultima partecipazione al Festival di Sanremo, dove aveva presentato la sua canzone con analoga modalità, facendosi affiancare da un interprete LIS, e gli va riconosciuto l’impegno personale profuso per far conoscere le problematiche di alcune persone sorde.
Egli, spinto da tale impegno e anche dall’iniziativa di sottoscrizione on line di sostegno al riconoscimento ufficiale della LIS – avviata dai ragazzi della Radio Kaos LIS e che sta riscuotendo successo – ha però enunciato il 1° maggio alcune tesi anacronistiche, fuorvianti e non condivise, di fatto basate sulla scarsa conoscenza della complessità dell’argomento e su una visione antropologica della sordità che non ci appartiene. Ha sostenuto, ad esempio, che «il riconoscimento LIS è una cosa talmente giusta che non andrebbe nemmeno spiegata» e che in tal modo «tantissime persone non sarebbero più lontane ed isolate, basterebbe informarsi»; per questo motivo «l’Italia è un Paese indietro anche in questo».
Sarebbe molto opportuno, da parte di Daniele Silvestri, rivedere queste tesi e aprirsi a un confronto aperto e sereno, se solo ne avesse desiderio e ne avvertisse l’esigenza, con nostro grande piacere. Lo ha già fatto il Parlamento Italiano in diverse Legislature, pervenendo a conclusioni assolutamente diverse dalle sue.
Infatti, l’Italia – contrariamente a quanto affermato da Silvestri – è un Paese molto avanti rispetto ad altri da lui citati. E molte persone sorde sono ben liete che il loro Stato non le riconosca forzatamente come appartenenti a una minoranza linguistica separata, quella della LIS; insomma, oggi non vi è alcun bisogno di riconoscimento LIS, è già tutto garantito.
L’Italia è di tradizione oralista, ovvero ritiene che per non isolare le persone sorde si debba metterle in condizioni di esprimersi e relazionarsi con le altre persone mediante l’uso della lingua italiana, che comprende anche la forma scritta, contrariamente alla LIS, che non essendo lingua verbale, ne è completamente priva.
È il Paese che per primo ha chiuso gli istituti speciali per sordi, avviando gli alunni nelle scuole di tutti. Ed è anche bene sapere che oggi più che mai è possibile per tutti i bambini nati sordi, anche con sordità profonda, acquisire competenza nella lingua italiana e perfino capacità percettiva uditiva. Su questi obiettivi si fondano gli attuali bisogni.
D’altro canto, tutte le persone sorde che ancora necessitano dell’ausilio della LIS sono anch’esse ben tutelate dalla vigente legislazione, nei diversi àmbiti: assistenti nelle scuole e interpreti nelle università, nelle aule giudiziarie, in programmi televisivi, attraverso benefìci economici ed assistenziali, agevolazioni fiscali di varia natura ed esenzioni, e infine mediante l’erogazione diretta in denaro di un’indennità di comunicazione, indipendentemente dal reddito personale.
È auspicabile dunque che, passata questa fase enfatica e talvolta emotiva, si torni a parlare con serenità dei reali e attuali problemi, a cominciare dal lavoro – visto anche il contesto del 1° maggio – che le persone sorde devono affrontare ogni giorno, come tanti altri cittadini e tante altre persone con disabilità, fortemente creditrici verso le politiche sociali messe in campo attualmente dallo Stato.
E nello specifico c’è da domandarsi se sia veramente tanto difficile pensare di predisporre servizi di sottotitolazione un po’ ovunque, nei luoghi pubblici, della cultura, dell’arte e del tempo libero e quindi perfino in Piazza San Giovanni a Roma. In fondo si tratterebbe di buona progettazione universale, a vantaggio di tutti e non solo di cosiddette categorie di disabili.
Con tutta la stima per l’artista Daniele Silvestri.