Perché approvo quella riforma dell’assistenza domiciliare

di Chiara Bonanno*
Continua a far discutere la riforma dell’assistenza domiciliare avviata all’inizio di marzo dal Comune di Roma e oggi - per contribuire all’arricchimento del delicato dibattito - dopo avere dato spazio ad alcune opinioni anche duramente critiche, come quella della FISH Lazio (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), diamo voce invece a chi vede in quella riforma un passaggio molto positivo

Persona con disabilità che lavora al computerDa qualche mese si assiste a una serie di polemiche sulla riforma dell’assistenza domiciliare per le persone con disabilità, servizio offerto dal Comune di Roma e che – dopo più di due anni di sperimentazione e di elaborazione con le Consulte per l’Handicap e le Associazioni – è diventata operativa [dal 1° marzo 2013, N.d.R.]. Quindi, non una riforma “piovuta dall’alto”, ma un lavoro complessivo concordato con i diretti interessati che ha prodotto, a mio giudizio, una delle migliori, più equilibrate e soddisfacenti Delibere sull’assistenza domiciliare.

Due sono i punti di notevole importanza in questa riforma: l’uniformità della valutazione e il riconoscimento del diritto alla scelta. In tal senso, è stata finalmente superata la Delibera 479/06, che prevedeva rigidi pacchetti di servizio in risposta ai bisogni, valutati soggettivamente dai vari funzionari preposti negli uffici territoriali. Questa situazione era fonte di notevoli disparità di trattamento, non solo tra Municipio e Municipio, ma anche tra cittadini con disabilità residenti nello stesso territorio.
Con la presente riforma, invece, l’elaborazione delle schede valutative socio/sanitarie per l’analisi del bisogno del singolo non possono più essere falsate da giudizi soggettivi del valutatore, ma offrono punteggi univoci in base alle reali condizioni del cittadino, pur fornendo la possibilità di consentire deroghe in situazioni particolarmente gravose. Ecco spiegate, a mio parere, parte delle resistenze che si incontrano nella rielaborazione dei bisogni da parte di alcuni Municipi della Capitale.
Inoltre, con gli attuali sistemi, le risorse disponibili non vengono più distribuite ai Municipi di Roma secondo criteri poco trasparenti, ma messe a disposizione in base al bisogno dei cittadini residenti in quegli stessi territori. Alcuni Municipi, prima della riforma, potevano infatti contare su risorse importanti, mentre altri – nonostante un maggior numero di persone residenti con disabilità e in condizione di maggiori necessità – erano costretti a dare una risposta minima e insufficiente per le reali caratteristiche della cittadinanza.
Questo è uno degli aspetti che da sempre, sia come Associazione [Associazione “Un Passo Avanti”, N.d.R.] che come singola cittadina, denuncio con forza anche – e soprattutto – dopo essere riuscita, non senza incappare in difficoltà aberranti, ad accedere agli atti della spesa sociale della mia amministrazione territoriale, quella del V Municipio. Ho quindi avuto conferma di come, troppo spesso, le somme stanziate abbiano finito per essere spese secondo logiche di favoritismi e connivenze o su progetti raffazzonati appositamente per giustificare le eccedenze delle uscite. La distribuzione delle risorse in modo così sperequato tra Municipi viene applicata ormai da decenni, senza che nessuno abbia mai messo mano a questo scandalo, malgrado le isolate denunce.
Questo, dunque, ritengo sia un altro dei motivi per cui alcuni Municipi boicottano la riforma che – se applicata, come è auspicabile – a parità di risorse comunali permetterebbe di incrementare il servizio proprio nei Municipi dov’è più necessario, consentendo, inoltre, di attivare concrete verifiche sugli sprechi e le cattive gestioni.
Anche per questo in alcuni Municipi nei mesi scorsi si è perfino arrivati a ventilare alle persone con disabilità e ai loro familiari la minaccia allarmistica di riduzione e/o sospensione del servizio, immediatamente rientrata dopo svariate denunce di sospensione di pubblico servizio agli organi giudiziari e, soprattutto, dopo la pubblicazione e la disponibilità all’accesso agli atti comunali inerenti le garanzie di spesa della Giunta Capitolina, volutamente ignorate dai detrattori della riforma.
Senza contare che si è in piena campagna elettorale [le elezioni comunali di Roma sono in programma per il 26 e 27 maggio, N.d.R.], dove, purtroppo, ogni strumento sembra essere giustificato per ottenere consenso.

Ma passiamo al secondo, notevole e incredibilmente innovativo, punto di forza della riforma, che è il diritto di scelta da parte dell’utente con disabilità sulla forma di erogazione del servizio che, attraverso tale strumento, può finalmente essere plasmata sulle sue necessità.
Soprattutto per quanto riguarda la fruizione del diritto alla scelta, le condizioni di fragilità quali la povertà, la malattia e la disabilità spesso si imbattono in un atteggiamento istituzionale che delegittima l’autodeterminazione dell’individuo, forzandolo su binari di tutela interdittiva che, spesso, attiva quei contesti speculativi che hanno come conseguenza servizi sempre più scadenti, conformati sulle esigenze delle agenzie di erogazione, piuttosto che su quelle del soggetto in stato di bisogno.
Con la nuova riforma, poi, il diritto di scelta viene finalmente garantito ed esteso anche ai familiari caregiver (nelle situazioni dove il soggetto direttamente interessato non sia in grado di autodeterminarsi), offrendo di fatto questa fondamentale opzione – prima fortemente negata – anche alle persone con disabilità cognitiva, per le quali la risposta era rigidamente stardandizzata e compressa al minimo.
Il passaggio dell’assistenza dalla forma “diretta” (ovvero erogata attraverso associazioni e cooperative di servizi) a quella “indiretta” (gestita mediante l’assunzione diretta con Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro dell’operatore domiciliare, da parte della persona con disabilità o del familiare caregiver) o alla forma “mista”, libera – di fatto – altre risorse, pur aumentando quantitativamente il servizio che arriva a costare fino al 60% in meno (un’ora di assistenza “diretta” a volte costa quasi tre volte tanto quella “indiretta”!). Inoltre, la libertà di scelta garantita anche nella forma “diretta” premia, di fatto, la qualità delle associazioni e delle cooperative che offrono un buon servizio, tagliando fuori tutte quelle realtà di pessima qualità con le quali i cittadini disabili di Roma hanno troppo spesso avuto a che fare.

Abbastanza emblematico e risolutivo è il caso del XIII Municipio di Roma, dove la riforma è già applicata (le rivalutazioni sulla base della riforma stessa, infatti, sono già state tutte completate) e dove nessun utente – contrariamente a certi allarmismi e a una disinformazione che ritengo pilotata -, ha visto ridurre la propria intensità assistenziale. Anzi, in alcuni casi, questa è stata incrementata ed è già in atto l’abbattimento delle liste di attesa che poteva protrarsi anche da oltre sette anni. Il tutto pur parlando di un Municipio ad altissima intensità assistenziale (rapporto numero abitanti/persone fragili) e con risorse pro-capite inferiori a diversi altri Municipi di Roma che hanno situazioni numeriche opposte.

Presidente per il Lazio dell’Associazione “Un Passo Avanti” (Associazione Genitori Bambini Cerebrolesi), coautrice del libro “Mio figlio ha le ali. Storie di quotidiana disabilità” (Erickson, 2007), curatrice del blog La Cura Invisibile, impegnato nella battaglia giuridica per il riconoscimento del familiare caregiver.

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