Non è certo la prima volta che dobbiamo denunciare la discriminazione vissuta da numerosi cittadini non udenti del nostro Paese, di fronte alla mancata sottotitolazione in televisione, al cinema e durante tanti altri pubblici eventi. Nella fattispecie della RAI – servizio pubblico – solo qualche settimana fa, sempre sulle pagine del nostro giornale, era stata Cristina Ottino a evidenziare, dopo l’avvento del digitale terrestre, la presenza della sottotitolazione soltanto nei programmi delle prime tre reti.
A riprendere ora la questione, anche con una lettera indirizzata alla stessa RAI, è Paolo Boccacci, persona non udente, portatore di impianto cocleare e consigliere dell’APIC (Associazione Portatori Impianto Cocleare).
«Come tanti altri cittadini italiani non udenti – scrive Boccacci – sono relegato in una sorta di “ghetto televisivo”, in quanto posso usufruire di un numero limitatissimo di canali che, nel caso della RAI, sono solo i prime tre, su un totale di ben quindici, poiché sono gli unici per i quali si prevedono programmi sottotitolati per non udenti. Si tratta a mio parere di un fatto che lascia allibiti, ovvero che proprio dopo l’avvento del digitale terrestre, nel pieno di un continuo sviluppo tecnologico e con tanto di “tasto rosso” multimediale (ampiamente sponsorizzato con pubblicità fatta ad hoc), i nuovi canali RAI – dei quali alcuni provvisti di Televideo – non prevedano programmi sottotitolati! Chissà quanti altri cittadini italiani, che pagano il canone, si trovano esclusi come me da notizie, telefilm, sport, documentari ecc. Ed è anche grottesco che ad esempio tutta la programmazione di RAI Premium, fatta di programmi passati in precedenza nelle prime tre reti con la sottotitolazione, non venga trasmessa con le tracce già disponibili».
«Tutto ciò accade – sottolinea poi Boccacci – mentre da decenni in altri Paesi europei esiste una maggiore attenzione nei confronti delle persone non udenti e nel caso della BBC, in Gran Bretagna, si arriva addirittura a sottotitolare l’80% della programmazione, senza parlare degli Stati Uniti, dove pure la pubblicità è sottotitolata!».
Una denuncia che naturalmente facciamo del tutto nostra, su una questione che merita quanto meno chiare spiegazioni e che continueremo a seguire, fino a quando non si otterrà qualche positivo risultato. (S.B.)