Quel vivo desiderio di “raggiungere” l’autonomia

di Franco Bomprezzi*
Si chiama appunto “Raggiungere”, quell’Associazione nata quasi trent’anni fa, per dare un futuro di vita normale a bambini che nascono con una malformazione agli arti, e che ha già costruito reti positive di relazione, nel territorio, ormai in tredici Regioni, da Nord a Sud, a partire dal nucleo originario in Lombardia, oltreché legami internazionali forti con il mondo anglosassone
Ragazzi di "Raggiungere" in barca a vela a Salò (Brescia)
Alcuni ragazzi dell’Associazione “Raggiungere” in barca a vela a Salò (Brescia)

Ci stai insieme qualche ora e non ti accorgi di niente. Non ci pensi e basta. Sono i ragazzi di Raggiungere, una bella associazione nazionale, con sede a Milano, nata quasi trent’anni fa per dare un futuro di vita normale a bambini che nascono con una malformazione agli arti.
Un gruppo di famiglie, il passaparola, l’amicizia, la condivisione degli obiettivi, e nel tempo, però, i bambini crescono, diventano adolescenti, pensano alla loro vita, luci e ombre si accavallano. Ma se stai insieme con loro, a parlare di tutto, come è capitato a me, torni a casa con molti spunti di riflessione, e un bel sorriso.
Mi è stato chiesto, infatti, di animare un incontro fra i ragazzi e le ragazze, figli dei fondatori e dei soci di questa particolare associazione, che non ha clamorose iniziative pubbliche, non punta su immagini a effetto, su richieste di fondi, su campagne choccanti, ma, al contrario, costruisce reti positive di relazione, nel territorio, ormai in tredici Regioni, da Nord a Sud (nucleo originario in Lombardia) e legami internazionali forti con il mondo anglosassone.
A me, giornalista a rotelle assai malformato, non solo nelle braccia, ma praticamente dappertutto, il compito maieutico di tirar fuori le parole che restano dentro, quando, crescendo, ci si interroga sul proprio aspetto fisico, sulle relazioni affettive, sull’uso delle protesi, sull’aspirazione a guidare la macchina o la motocicletta, sullo sport, sulla scuola, sul lavoro. La vita, insomma, in tutte le sue sfaccettature.

Il fatto è che questo tipo di deficit fisico pone le persone che lo vivono su di sé quasi a metà strada fra la normalità e la disabilità. Ciò che manca è evidente: provate a immaginare voi stessi con un moncherino al posto di un braccio, oppure con una protesi rigida che compensa solo in parte la malformazione. Certo, c’è di peggio: lo dicono loro per primi, i ragazzi di Raggiungere. Autoironici, simpatici, sanno distinguere, senza fare stupide e ingiuste graduatorie. Ma quando si hanno quindici anni, o venti, o tredici, quando ci si innamora per la prima volta e si deve fare i conti con uno sguardo che anche non volendo ti ferisce o comunque ti allontana; quando un bambino ti indica con il dito e corre dalla mamma dicendo: «Hai visto quello, non ha un braccio!», e la mamma gli risponde, senza pensare: «Lascialo stare…» (sic!): quando accadono episodi banali, ma veri di piccolo o grande pregiudizio, occorre ragionare per bene, con sincerità, senza ipocrisia.

Abbiamo chiacchierato per due ore. Ho scoperto che Davide, Federica, Michael, Daniela (ma i nomi sono tanti e potrei sbagliarli, mentre i volti li ricordo di sicuro) fanno sport, anche molto particolari: tipo il basket a cavallo, il calcio tennis (?), la vela, il nuoto (banale), ginnastica artistica, pattinaggio; suonano strumenti: la batteria (già, la batteria), il pianoforte (pezzi per una mano sola, c’è una letteratura intera al riguardo), la tromba; un ragazzo studia canto (e sogna di arrivare alle vette vocali di Freddie Mercury).
Le maggiori cattiverie e angherie, gli scherzi e le canzonature risalgono, più o meno per tutti, alle scuole elementari. Dalle medie in poi le cose vanno assai meglio. Il lavoro per ora è una speranza. La patente di guida assai di più: un desiderio vivo di autonomia e di indipendenza.

Abbiamo finito il nostro incontro con uno scambio reciproco di indirizzi di posta elettronica e di numeri di cellulare, e perfino di indirizzi skype. È nata la voglia di un coordinamento a distanza, una presa di coscienza che a questo punto tocca a loro, ai ragazzi e alle ragazze, ripagando i genitori per la fiducia e la lungimiranza che li ispirà, quando ancora la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità era di là da venire.
Mettere le persone al centro: verrà il momento in cui anche Raggiungere sarà un’associazione non per, ma con le persone che hanno malformazioni agli arti. Anzi, quel giorno è già arrivato!

Direttore responsabile di «Superando.it». Il presente testo, qui riproposto con alcuni minimi riadattamenti al diverso contenitore, è apparso anche in “InVisibili”, blog del «Corriere della Sera.it», con il titolo “‘Raggiungere’ la normalità. Anche senza un braccio”. Viene qui ripreso per gentile concessione.

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