Il mare, il cielo e una scalinata

Intervista a Ida Mantovani di Stefano Borgato
Ovvero gli ostacoli, la strada da percorrere e l’“obiettivo finale” sulla via dell’inclusione delle persone con disabilità, ciò che deve necessariamente passare per il superamento di tutte le barriere architettoniche e culturali. È questo il significato della copertina scelta da Ida Mantovani, donna con disabilità motoria, per il suo recente libro “Barriere architettoniche. La lunga strada dalla disabilità alla diversa abilità”
Particolare della copertina del libro di Ida Mantovani, "Barriere architettoniche"
Particolare dell’immagine di copertina del libro di Ida Mantovani

Barese, trentenne, Ida Mantovani è una giovane donna con disabilità motoria dalla nascita – una tetraparesi spastica espressiva maggiormente all’emisoma sinistro, con grave disturbo dell’equilibrio sia statico che dinamico – causata da alcune complicazioni al momento del parto. Una situazione che non le ha impedito, però, di conseguire ottimi risultati nello studio, ovvero dapprima un diploma di Agrotecnico e successivamente una laurea in Scienze dell’Educazione e della Formazione, come Educatore nei Servizi Socio-Culturali e Interculturali, all’Università di Bari.
Recentemente ha pubblicato il libro Barriere architettoniche. La lunga strada dalla disabilità alla diversa abilità (Patti – Messina – Kimerik, 2013).

A chi intende “dar voce” questo tuo libro, Ida?
«A tutti i bambini, gli adolescenti, gli adulti e gli anziani che reclamano il diritto di essere aiutati a superare il livello attuale di funzionamento delle infrastrutture, e il disagio che esse causano. In particolare, il libro è stato pensato per rispondere al bisogno di approfondire la conoscenza sulle problematiche riguardanti le barriere architettoniche e la disabilità più in generale».

Ed è anche un libro che – immagino – scaturisca da quello che è stato finora il tuo percorso di vita…
«Certamente durante il mio percorso di vita ho dovuto lottare contro tante discriminazioni, in quanto ancora troppo spesso le cosiddette persone “normodotate” guardano ai disabili come a persone “diverse e inutili”. E ho dovuto affrontare una miriade di disagi burocratici, da parte di enti che dovrebbero garantire diritti anche a coloro che avrebbero più bisogno.
Il concetto di disabilità, per altro, parte dal fatto che il mondo in cui viviamo è in rapida e globale trasformazione, in continuo ed eterno “conflitto”. E qui entra in gioco, ad esempio, anche un tema come quello dell’immigrazione, altra “faccia” di quel controllo sociale a causa del quale, di volta in volta, i “diversi” vengono spinti verso l’emarginazione e l’isolamento».

Nel tuo libro, il concetto di “barriere” è trattato in modo un po’ più “largo” rispetto alla “semplice” idea di ostacolo materiale…
«Innanzitutto, quando parlo di persone con disabilità, come recita anche la Convenzione ONU, non mi riferisco solo a loro, ma pure a quei “normodotati” che negli atti quotidiani della loro vita incontrano anch’essi diverse difficoltà: penso ad esempio alle mamme con i passeggini o alle auto che vengono parcheggiate sui marciapiedi, ostruendo il passaggio dei pedoni.
Credo che il problema delle barriere architettoniche sia sostanzialmente di natura culturale. Infatti, per far sì che un qualsiasi luogo possa essere accessibile alla persona con disabilità – come lo è per tutti gli altri – è necessario considerare la cultura della solidarietà che sempre meno, purtroppo, caratterizza la nostra vita sociale. E credo anche che per arrivare a una concreta integrazione sociale, bisognerebbe partire dal basso, introducendo nel sistema scolastico primario e fino a quello universitario, lo studio obbligatorio della normativa in materia di barriere architettoniche, informando la cittadinanza sul compito che hanno le Regioni e i Comuni e sulla valenza sociale che ogni individuo dovrebbe assumere, formando così, in modo tempestivo e concreto, i cittadini di domani».

Molto particolare è l’immagine scelta per la copertina, realizzazione astratta di un percorso che parte dal mare e in qualche modo cerca di arrivare al cielo. Com’è nata?
«Il mare, il cielo e una scalinata compongono l’immagine da me ideata e composta per la copertina del mio libro, insieme all’architetto Michele De Vanna, che l’ha disegnata. Ma cosa volevo dire? Partendo dal mare, esso rappresenta l’“ostacolo” che si frappone a chi vuole raggiungere i propri obiettivi ed è qui che subentra l’uomo, costruendosi appunto “una strada attraverso il mare”, rappresentata da una lunga scalinata, fatta di buoni propositi, pur sapendo che il percorso da fare per arrivare all’obiettivo sarà ancora lungo, tortuoso e impegnativo. A tal proposito, dovremmo lottare con tutte le nostre forze per raggiungere lo scopo del senso “comune” e la “non discriminazione”, sia sociale, sia culturale, rappresentata in questa immagine da una colomba bianca.
In natura troviamo la convivenza tra il difficile e il semplice, tra l’insormontabile e il praticabile e quindi la metafora è che considerando la scalinata e il mare come delle barriere architettoniche, ci sarà sempre una lama, un percorso tenue che porta in cima per un fatto naturale… E non vedo perché non dovrebbe accadere lo stesso per ciò che è artificiale!».

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