L’ultimo arrivato è in una cascina alle porte di Milano, a Lacchiarella, la Cascina Coriasco. L’ha rimessa in sesto una bella Cooperativa Sociale, Cascina Bianca. Qualche mese di rodaggio, ora la festa per farsi conoscere ancora di più, con una protagonista d’eccezione: focaccia al formaggio di Recco, con la nipote di chi l’ha inventata direttamente dalla città ligure, a cucinarla con la ricetta originale, insieme a cuochi e camerieri che hanno professionalità condita alla passione. Sono i ragazzi e le ragazze seguiti da Cascina Bianca, hanno una disabilità intellettiva e relazionale, sono autistici. Catering, ristoranti, pub, bar: la ristorazione è uno dei settori professionali più importanti per chi ha questo tipo di disabilità o per le persone con sindrome di Down.
È stata una bella giornata, quella del 26 maggio a Lacchiarella, ma solo l’ultima di una lunga serie, che speriamo possa allungarsi con il tempo. Anche a Cascina Bianca hanno iniziato organizzando catering, oltre ad attività di giardinaggio e documentazione. Ora hanno fatto il passo successivo. «Fra poco faremo anche un orto. Sono attività che aiutano a riconquistare autonomia. Copriamo l’area della disabilità intellettiva e questo è uno sbocco professionale possibile», spiega Anna Ballarino, la responsabile.
Locali creati da associazioni e cooperative sono nati e stanno nascendo in ogni zona d’Italia, con difficoltà, ma anche con tanta passione. A Roma c’è la Locanda dei Girasoli, della quale qualche tempo fa si temeva la chiusura, iniziativa nata dalla volontà di alcuni genitori di trovare uno sbocco professionale ai figli con sindrome di Down, all’inegna di un’integrazione non solo lavorativa, ma anche territoriale. Perché alla fine è anche questo l’obiettivo.
A Torino, ad esempio, è molto famoso il Caffè Basaglia, dedicato a Franco Basaglia, proprio perché nato dall’idea di uno psichiatra, Ugo Zamburru, che cerca l’inserimento sociale di persone con malattia mentale attraverso il lavoro. Una ventina di camerieri si alternano e si organizzano anche cene etniche, mostre, concerti.
A Firenze c’è il ristorante I ragazzi di Sipario, aperto a pranzo, con una cuoca professionista che coordina camerieri e assistenti con disabilità intellettiva, come avviene anche al Pecora Nera, il nome scelto per un ristorante a Lucca, nato anche questo all’interno di una Cooperativa, Cose e Persone.
Nel giro d’Italia, poi, passiamo per Modena e per la trattoria la Lanterna di Diogene, in un vecchio casale lungo l’argine di un fiume a Solara di Bomporto: alcuni anni fa erano bambini che frequentavano il centro di terapia integrata La Lucciola di Stuffione di Ravarino, sempre in provincia di Modena (gravemente danneggiato dal sisma dello scorso anno) e che crescendo hanno dato vita a un progetto che li facesse stare bene insieme lavorando. Cucinano, coltivano l’orto e il frutteto, allevano animali da cortile, asini, maiali.
E ancora, a Roma c’è la Trattoria de Gli Amici, gestita da una cooperativa promossa dalla Comunità di Sant’Egidio. Il nome deriva dal fatto che l’amicizia fra persone con disabilità e volontari ha fatto nascere il locale. Per avere poi un catering al Laboratorio Procaccini Quattordici di Milano, bisogna prenotarsi settimane prima. Quest’ultima iniziativa è nata con «l’obiettivo di agevolare e facilitare l’inserimento nel mondo del lavoro di persone con disabilità mentali che hanno bisogno, più di altre, di essere guidate nelle attività quotidiane» e si occupa anche di sartoria, restauro e imbiancatura.
Ci sono poi anche coloro che hanno iniziato singolarmente a lavorare nel settore. Spostiamoci ad esempio nel Cagliaritano, a San Sperate. Qui L’Antica Locanda è nata dall’impegno di un ragazzo con sindrome di Down, Alessandro Batzella, che si è diplomato all’Istituto Alberghiero, supportato dall’Associazione Credi in me, mentre a Como, il titolare del Ristorante Cibooooh, Jonathan Cortesi, cercava un cameriere. Si è rivolto quindi all’Associazione Down.Verso, che gli ha indicato tre persone. Periodo di prova e la scelta è caduta su Andrea Esposito, 22 anni, che a pranzo apparecchia i tavoli, porta pane, bevande e ordinazioni. Nessuno se ne lamenta, tantomeno il titolare: «Lavora tanto e non sta mai con le mani in mano. Non c’è bisogno di dirgli di sparecchiare o cosa fare, è autonomo».
Si potrebbe continuare ancora in questo racconto di esperienze e storie. Chissà quanti sono i locali dove sono impiegate persone con disabilità intellettiva e relazionale. Di contro, va ricordato sempre che solo poco più del dieci per cento delle persone con sindrome di Down hanno un lavoro. La ristorazione, quindi, e tutto ciò che vi è connesso, è uno spazio aperto, dove anche chi ha questo tipo di disabilità può trovare modi, tempi e possibilità di essere impiegato.