Recentemente la Regione Toscana ha approvato la Delibera di Giunta Regionale (DGR) n. 1161 del 17 dicembre 2012 (Linee di indirizzo in materia di accertamento del deficit sensibile della capacità deambulatoria), atto emanato per superare le ambiguità della normativa nazionale in materia di concessione del contrassegno per auto al servizio delle persone con disabilità. In tale documento, il deficit sensibile della capacità deambulatoria – uno dei requisiti per i quali è riconosciuto il diritto al rilascio del contrassegno – non dev’essere inteso in senso restrittivo, considerando esclusivamente le infermità a carico degli arti inferiori, come chiarisce la Regione. Esso va infatti riferito anche a «tutte le patologie acute o croniche che influiscono sulla motricità dell’individuo determinando un handicap nella mobilità».
Ebbene, in un interessante post, pubblicato sul suo blog (titolo: Come si permette un autistico di avere il permesso per il parcheggio?), Gianluca Nicoletti – giornalista, conduttore radiofonico e padre di Tommy (un riccioluto adolescente autistico) – risponde a un dubbio espresso da una signora. Dopo aver letto un’intervista rilasciata a una rivista, nella quale Nicoletti parla del suo libro Una notte ho sognato che parlavi. Così ho imparato a fare il padre di mio figlio autistico (Mondadori, 2013), in cui racconta il proprio rapporto con Tommy, la signora si è chiesta: «Com’è possibile che un ragazzo che va in bici, gioca a golf (quindi nessun impedimento motorio) possa aver diritto al parcheggio per disabili???».
Il giornalista considera questo clima di sospetto verso le disabilità che non hanno un’evidenza immediata, come l’effetto collaterale della martellante campagna mediatica sui cosiddetti “falsi invalidi”, e spiega cosa comporti avere una disabilità di tipo cognitivo e relazionale come l’autismo: «Un autistico adulto è come una bomba sempre sul punto di poter esplodere, molto spesso ha una massa fisica e muscolare che ne rende difficilissima la gestione nel caso di crisi oppositive, vale a dire si pianta in mezzo alla strada e non si muove più, comincia a dare schiaffi, pugni, graffi a chi lo stia accompagnando, entra in comportamenti problema che potrebbero sfociare in atti auto ed etero lesionisti. Ancora di più potrebbe avere una crisi epilettica e in quel caso la vicenda si fa ancora più complicata, soprattutto per strada. Per un autistico anche il solo aspettare a un semaforo, fare un percorso piuttosto che un altro, passare per una strada particolarmente rumorosa potrebbe essere motivo dello scatenarsi di uno di questi problemi [grassetti nostri nella citazione, N.d.R.]».
Ma il problema non è solo dell’uomo (o della donna) qualunque che non sa niente di autismo. È anche questo, certamente, ma non solo questo. Il problema è che anche alcuni medici – che invece cos’è l’autismo dovrebbero saperlo – si comportano come se non lo sapessero e tale comportamento è determinato dall’ambiguità del testo normativo che disciplina la materia.
La normativa (articolo 381 del DPR 495/92 prima e articolo 1 del DPR 151/12 poi) individua nelle persone disabili con «capacità di deambulazione impedita o sensibilmente ridotta», e in quelle cieche (articolo 12 del DPR 503/96), i principali soggetti aventi diritto al contrassegno per auto al servizio delle persone con disabilità. È proprio l’espressione «capacità di deambulazione impedita o sensibilmente ridotta» a suscitare incertezze interpretative nei medici preposti a produrre le certificazioni per il rilascio dei contrassegni. Ne consegue che, per alcuni, essa va intesa in senso restrittivo (e, dunque, solo come incapacità fisica di deambulare), per altri, in modo più ampio (sino ad includere, ad esempio, l’incapacità di uscire di casa in autonomia, senza la presenza costante di un accompagnatore). Accade così che persone disabili con difficoltà deambulatorie simili ottengano valutazioni difformi e trattamenti diseguali.
Per ovviare a questa ambiguità, alcune Regioni hanno disciplinato la materia e tra queste – come detto all’inizio – c’è ad esempio la Regione Toscana che, con la citata Delibera di Giunta Regionale (DGR) 1161/12, ha approvato appunto le Linee di indirizzo in materia di accertamento del deficit sensibile della capacità deambulatoria (contenute nell’Allegato A della Delibera stessa), da utilizzare per il rilascio del contrassegno disabili.
In merito al deficit della capacità deambulatoria, il documento stabilisce che «il deficit sensibile della capacità deambulatoria non rappresenta […] un concetto restrittivo, che si limita esclusivamente alle infermità a carico degli arti inferiori, bensì in esso sono contenute tutte le patologie acute o croniche che influiscono sulla motricità dell’individuo determinando un handicap nella mobilità».
A questo punto, per altro, è quasi superfluo sottolineare che le suindicate Linee di indirizzo sono vincolanti solo per i medici che operano in Toscana. In assenza, infatti, di disposizioni regionali analoghe, molte persone disabili (o chi per loro) dovranno ancora continuare a “contrattare” con i medici (non in senso economico, naturalmente) i propri limiti di deambulazione. Con buona pace del principio di uguaglianza e della certezza del diritto.
Per approfondire la materia – oltre ai nostri testi qui a fianco indicati – suggeriamo anche la lettura della scheda curata nel sito del Centro Informare un’H.