Se non sbaglio, neppure quest’anno, nel bando per il Premio Access City Award – riconoscimento assegnato dalla Commissione Europea alle città più accessibili del continente [se ne legga ampiamente nel nostro giornale, N.d.R.] – viene chiarito che le barriere architettoniche non sono soltanto i gradini e le porte strette, ovvero questi e altri ostacoli fisici che impediscono la mobilità delle persone su sedia a ruote o comunque con difficoltà di tipo motorio, ma anche la «mancanza di accorgimenti e segnalazioni che consentano l’orientamento e la riconoscibilità dei luoghi e delle fonti di pericolo» ai non vedenti e agli ipovedenti, come specificato, ad esempio, nell’articolo 1, comma 2, lettera c) del Decreto del Presidente della Repubblica (DPR) 503/96 (Regolamento recante norme per l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici, spazi e servizi pubblici). E pure la normativa internazionale – per tutte la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità – estende la tutela alle persone con minorazioni visive, come anche a persone con altre situazioni di disagio, permanenti o temporanee.
Il problema è che il palo in mezzo al marciapiede, l’automobile parcheggiata sul medesimo, la gradinata o altri ostacoli fisici danneggiano anche la mamma con il passeggino o la donna in gravidanza o l’anziano cardiopatico, ma si tratta sempre di ostacoli visibili e che sono all’attenzione di tutti, progettisti, tecnici degli Enti Pubblici, politici, giornalisti ecc. Invece, il fatto che una rampa che immette dal marciapiede alla sede stradale o la scalinata in discesa non siano segnalate al non vedente con l’apposito codice tattile di pericolo valicabile, oppure che in un piazzale privo di riferimenti non sia installata una pista tattile, non vengono presi in considerazione come rischi per l’incolumità del non vedente o come una sua impossibilità di muoversi autonomamente e consapevolmente.
Nella fattispecie, tutto ciò si traduce nel fatto che in nessun progetto di cui siamo a conoscenza, presentato per l’ Access City Award, e probabilmente neanche in quelli che hanno vinto finora, sono stati previsti gli ausili tattili (indicatori tattili a terra e mappe a rilievo), necessari per poter considerare una città o una zona di essa accessibile a tutte le persone con disabilità.
Saremmo quindi grati alla componente italiana del Concorso, se suggerisse che nel prossimo bando europeo si facesse espresso riferimento agli ausili per la disabilità visiva, come requisiti per la valutazione positiva dei progetti. In mancanza di ciò, si continueranno ad attribuire premi che rafforzano l’erroneo concetto che dove può entrare agevolmente una sedia a ruote, lì sono eliminate le barriere architettoniche, dimenticando completamente quelle che si chiamano “barriere percettive”.
Presidente dell’ADV (Associazione Disabili Visivi).
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