«Quanto pesa?», mi chiede in tedesco l’assistente aeroportuale incaricato di farmi salire sul volo Monaco-Milano. Rispolvero un po’ di tedesco universitario e rispondo: «Peso tra gli 80 e i 90 chili» (non mi peso da mesi. Si riflette mai su quanto sia difficile trovare una bilancia a misura di sedia a rotelle?). Poi mi fermo e rifletto. Perché me lo chiede? L’ultima volta che mi era capitata una domanda del genere in aeroporto ero a Xi-an (Cina) e non disponevano del sollevatore per farmi salire in aereo. Allora mi presero in tre e mi caricarono a braccia. In Germania è accaduto qualcosa di simile: visto che l’aereo della Lufthansa Regional era piccolo, i tedeschi non disponevano del mezzo adatto per portarmi a bordo. In pratica mi hanno sollevato i due assistenti e portato sull’aereo, spingendomi su per la scaletta gradino dopo gradino.
Malignamente, durante il viaggio, ho pensato a cosa potesse accadere all’arrivo a Milano Malpensa. E invece mi sono dovuto ricredere, il servizio è stato perfetto. Per una volta almeno – calcio a parte – Italia-Germania 1 a 0.
Un episodio davvero banale che però mi fa riflettere sul meraviglioso mondo del trasporto aereo, dove tutte le procedure dovrebbe essere standard e invece ogni compagnia fa – o almeno così sembra – di testa sua.
Alle spalle credo di avere le mie circa cinquecento ore di volo e tante esperienza differenti. E non credo proprio di essere il solo, anzi. Con l’estate alle porte, mi attendo da un giorno all’altro di leggere di altre persone con disabilità lasciate a terra. È successo parecchie volte – nel 2011 persino al presidente nazionale della FISH (Federazione Italiano per il Superamento dell’Handicap) Pietro Barbieri – e succederà. Non dovrebbe, ma purtroppo accadrà.
Ammetto di essere confuso. Certe volte accade che al momento della prenotazione la compagnia ti risponda: «Dobbiamo verificare che non ci siano più di due persone con disabilità sullo stesso aereo. Se ciò si verificasse non potremmo accettare la sua prenotazione». E poi ho visto a San Paolo la Lufthansa – onore al merito – caricare la squadra paralimpica brasiliana con più di dieci persone con disabilità.
Altra chicca, la rigidità nell’assegnazione dei posti per persone con disabilità. Al check-in, la compagnia brasiliana Gol ti assegna dei posti – magari a metà aereo – ma al gate, per evitare l’intervento dell’assistenza, te li cambia con le prime file. Così mi è capitato di entrare con la mia sedia a rotelle sull’aeromobile e di scivolare – si fa per dire – sul sedile senza bisogno di nessun aiuto. Tempo impiegato? Cinque minuti. Air France assegna posti in coda all’aereo, Emirates e altre compagnie preferiscono dare le prime file. Stesso modello di aereo e posizioni differenti: dubito, quindi, che si tratti di una questione di sicurezza, altrimenti i posti sarebbero sempre gli stessi.
Una situazione similare a quella capitata a Roberto Vitali, presidente del marchio di qualità per il turismo accessibile Village for all (V4A) e portavoce della Commissione Ministeriale sul Turismo Accessibile, con la compagnia di bandiera. «Ero all’aeroporto di San Paolo – racconta lui stesso – e mi reco al check-in Alitalia, presentando la carta Freccia Alata e richiedendo di poter essere posizionato nella prima fila di economy. Mi hanno risposto di no, dovevo stare in fila 20 perché ci sono i posti riservati in cui il bracciolo si alza per favorire lo spostamento [le persone paraplegiche traslano dalla sedia alla poltrona, N.d.R.]. Ne è nata una discussione. Non è vero che i braccioli si alzano: nel viaggio di andata i braccioli erano bloccati e mi hanno messo nel posto centrale di una fila da tre». «Dopo una trattativa di circa venti minuti, quindi, li ho convinti a spostarmi in prima fila, ma mentre mi rifanno il biglietto, mi dicono che essendoci alcuni posti liberi in Optima, mi avrebbero fatto un cambiamento gratuito, a me e a tutti gli altri possessori di carte Freccia».
Ma Vitali non fa in tempo a festeggiare, che dopo un quarto d’ora ecco il cambio di programma: «Mi dicono: “siamo spiacenti, ma il posto libero non può essere utilizzato da una persona in carrozzina”. Morale… sono ritornato in economy, per fortuna in prima fila».
Dunque la prima fila dell’economy, quella con un po’ di spazio per le gambe, è adatta o no? Sono quindi andato a controllare il Regolamento Europeo CE 1107/06, che disciplina i diritti delle persone con disabilità e con ridotta mobilità nel trasporto aereo, ove si dice che i vettori aerei devono fare «ogni sforzo ragionevole al fine di attribuire, su richiesta, i posti a sedere tenendo conto delle esigenze delle singole persone con disabilità o a mobilità ridotta, nel rispetto dei requisiti di sicurezza e limitatamente alla disponibilità».