Già lo si sapeva, ma leggere adesso alcune cifre sui costi burocratici del macchinoso iter italiano per la certificazione di invalidità civile e per i controlli relativi – assolutamente sacrosanti se l’iter è rispettoso dei cittadini e della spesa pubblica – fa sempre un certo effetto.
Come riferito in altra parte del nostro giornale, la FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) propone alcuni esempi clamorosi: bambini nati con una severa patologia congenita, che prima dei vent’anni di vita vengono «visitati mediamente, per i motivi “fiscali” più disparati, sette volte, con il coinvolgimento di sessantasette medici. E il numero può aumentare, se la persona viene anche convocata a controlli straordinari». Situazioni che una volta si sarebbero definite “kafkiane”. Ma Kafka non è più di moda.
A questo si aggiungano i costi definiti «spaventosi», per i controlli straordinari sulle invalidità (800.000 dal 2009 al 2011, altri 450.000 nei tre anni successivi), rispetto ai quali, sottolinea la FISH, «solo per pagare medici esterni all’INPS, la spesa dell’Istituto è passata da 9 milioni nel 2010 a 25 milioni nel 2011. E questa è solo una parte minima della spesa complessiva. Non si devono infatti dimenticare quelle per le lettere di convocazione (un milione e 250.000), le spese amministrative, i medici dipendenti coinvolti, i costi dell’assistenza dei CAAF (Centri di Assistenza Fiscale) e i successivi ricorsi, con 325.926 cause civili pendenti in materia di invalidità (fonte: Determinazione 91/12 della Corte dei Conti), per un giro d’affari stimato – per legali, periti e patronati – in circa 2 miliardi di euro». E l’INPS soccombe in una percentuale molto alta dei ricorsi.
Il problema, ovviamente, non è il doveroso controllo della regolarità delle certificazioni di invalidità. Ma è impensabile che il nostro sistema si comporti in questo modo, spendendo e in buona misura sprecando milioni di euro. Se questo avviene, tutto sommato in silenzio, è perché l’opinione pubblica è colpita – giustamente – dalle notizie relative al fenomeno delle false certificazioni di invalidità, che sono per altro spesso scoperte da indagini di polizia giudiziaria e non dalle estenuanti visite di controllo. Il ragionamento comune è che una persona con disabilità, se è sicura della propria situazione di invalidità, non dovrebbe temere di essere controllata, anzi, dovrebbe essere contenta di questa azione “a tappeto” da parte dell’INPS e delle Commissioni Mediche.
Il fatto è che in questo sistema farraginoso e lentissimo, «fra la presentazione della domanda di accertamento e l’erogazione delle provvidenze economiche trascorrono mediamente 278 giorni per l’invalidità civile, 325 per la cecità civile e 344 per la sordità». Senza contare l’ansia che colpisce molte famiglie quando, nell’iter di accertamento, si decide nel frattempo unilateralmente la sospensione delle prestazioni previdenziali o il pagamento dell’indennità di accompagnamento o della pensione. Ogni persona fa storia a sé, ma le storie sono tutte pesanti e acuiscono il malessere sociale in un momento particolarmente duro come quello che stiamo vivendo.
Il Parlamento, quindi, dovrebbe decidere rapidamente una completa revisione delle procedure di accertamento, e semplificare il sistema delle visite, senza per questo venire meno al dovere di controllare e di essere rigorosi. Ma il diritto dei cittadini con disabilità non può essere messo in discussione in questo modo. Il dubbio, legittimo, è che questa “fabbrica delle visite” tutto sommato a qualcuno faccia molto comodo.