Resta l’immagine progressivamente deformata dalla malattia. Un corpo che si gonfia e si affloscia al tempo stesso, la voce che scompare, gli occhi che si dilatano alla ricerca di uno sguardo umano, le mani che non possono farci nulla, la sedia a rotelle, ingombrante e piena di tubi e di supporti per trasportare un “ecce homo” che non si è mai tirato indietro, finché ha potuto.
Stefano Borgonovo ha turbato le coscienze di tutti, ha squarciato il velo su una malattia devastante e cinica [la SLA, sclerosi laterale amiotrofica, N.d.R.], una “stronza” – come lui stesso la definiva – e bastarda mutazione, che verrà domata dalla scienza, ma ancora non si sa quando.
Onore a Stefano. Un applauso a scena aperta, negli stadi, nelle case, nei luoghi pubblici e privati che in questi anni hanno contraddistinto una campagna di solidarietà e di consapevolezza crescente, attorno a una patologia che arriva subdola e si impossessa del corpo in poco tempo.
Senza il coraggio di esporsi, di metterci quella faccia così diversa dal ricordo che noi tutti, appassionati di calcio, avevamo di questo bravo calciatore, forse i tempi della ricerca, almeno in Italia, sarebbero più lenti e soprattutto non si sarebbe riusciti a cambiare la mentalità attorno alla sclerosi laterale amiotrofica.
Non sono io che posso, né voglio, entrare nel merito delle tante polemiche che nel tempo si sono susseguite rispetto alle cause, al nesso con la pratica sportiva del calcio, ma anche rispetto al sistema dello spettacolo, televisivo e calcistico, che ha portato in primo piano la vicenda umana di Borgonovo, mentre tante altre persone, con il suo medesimo destino di decadimento fisico, non riuscivano – e tuttora non riescono – ad avere un trattamento dignitoso, dal punto di vista delle cure e dell’assistenza.
Questo è il momento in cui tutto deve tacere, per rispetto, ma anche perché improvvisamente comprendiamo la grandezza di questo ragazzo, che a 49 anni ha finito di soffrire, e di combattere. Certo, spesso si usano parole sentimentali per sollecitare le raccolte fondi, per avvicinare un’opinione pubblica sempre più distratta, se non insensibile, di fronte alle gravi disabilità. Ma nel caso di Stefano Borgonovo (e non solo), la dignità non è mai venuta meno.
E adesso tocca agli altri, che pure si battono con forza per cambiare, per migliorare, per distribuire equamente le risorse destinate alla non autosufficienza grave, continuare la guerra, in trincea o in prima linea. Stefano c’è ancora, di sicuro, con quel viso indifeso, con quella domanda senza risposta impressa sul volto. La sua immagine non ci abbandonerà mai. Grazie, Stefano.
Direttore responsabile di «Superando.it».
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