La differenza tra bufalo e locomotiva

di Simona Lancioni
«Nella Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità - secondo Simona Lancioni -, non trova fondamento la distinzione tra aborto e aborto terapeutico, né l’esecrazione di quest’ultimo operata dal Comitato di Bioetica della Repubblica di San Marino, nel suo recente documento su bioetica e disabilità». È una differenza che salta agli occhi - scrive Lancioni - come quella tra bufalo e locomotiva, nella nota canzone di De Gregori»

Una vecchia locomotivaCi siamo già occupati – su queste stesse pagine – della posizione contro l’aborto terapeutico assunta dal Comitato di Bioetica della Repubblica di San Marino nel recente documento dedicato all’Approccio bioetico alle persone con disabilità. Torniamo oggi sull’argomento per cogliere altri importanti aspetti.

Gli Autori e le Autrici di quel testo affermano che esso è stato elaborato a partire dai princìpi della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità. Questa affermazione potrebbe indurre in inganno i Lettori, facendo loro credere che le posizioni espresse dal Comitato Sammarinese di Bioetica trovino fondamento proprio nella Carta a cui dicono di ispirarsi, mentre, in realtà, la posizione del Comitato in tema di aborto è in palese contrasto con quanto sancito dalla stessa Convenzione ONU. Vediamo perché.
La prima domanda da porsi è: cosa dice la Convenzione ONU in materia di aborto? E qui viene fuori il dato più interessante: in quel Trattato non si parla di aborto in modo diretto. Esiste un unico articolo, il numero 25, che tratta di salute, e che contiene un riferimento implicito a questo tema. Ecco cosa dice: «Gli Stati Parti riconoscono che le persone con disabilità hanno il diritto di godere del migliore stato di salute possibile, senza discriminazioni fondate sulla disabilità. Gli Stati Parti adottano tutte le misure adeguate a garantire loro l’accesso a servizi sanitari che tengano conto delle specifiche differenze di genere, inclusi i servizi di riabilitazione. In particolare, gli Stati Parti devono: (a) fornire alle persone con disabilità servizi sanitari gratuiti o a costi accessibili, che coprano la stessa varietà e che siano della stessa qualità dei servizi e programmi sanitari forniti alle altre persone, compresi i servizi sanitari nella sfera della salute sessuale e riproduttiva e i programmi di salute pubblica destinati alla popolazione; […]».
In sostanza, la Convenzione ONU non promuove né vieta l’aborto, dice solo che lo Stato Parte che l’ha ratificata deve garantire alle persone con disabilità l’accesso indiscriminato ai servizi sanitari erogati a tutti gli altri cittadini e cittadine. Gli stessi servizi, agli stessi costi, nella stessa varietà, con la stessa qualità.

Provando a contestualizzare, rispetto al contesto italiano, possiamo affermare che: l’Italia ha ratificato la Convenzione ONU (Legge 18/09) e, dunque, è obbligata a rispettarla; l’Italia ha legalizzato l’interruzione volontaria di gravidanza (Legge 194/78) e, dunque, deve erogare questo servizio sanitario; dalla combinazione di queste due norme consegue che l’Italia deve garantire alle cittadine con disabilità l’accesso ai servizi per l’interruzione volontaria di gravidanza in condizione di uguaglianza con le altre cittadine. Su questo tema la Convenzione ONU non dice niente di più.
Ad avviso di chi scrive, dunque, non trova alcun fondamento, nella Carta, la distinzione tra aborto e aborto terapeutico, né l’esecrazione di quest’ultimo operata dal Comitato Sammarinese di Bioetica.
Il diritto alla salute – come, del resto, tutti gli altri diritti contemplati nella Convenzione ONU – è riconosciuto solo alle persone con disabilità, non agli embrioni, né ai feti, né ai nascituri e alle nasciture. Anche il diritto alla vita (garantito dall’articolo 10), invocato dal Comitato Sammarinese di Bioetica per demonizzare come discriminate l’aborto terapeutico, è qualificato dalla Carta come «connaturato alla persona umana». Ecco, appunto, «persona umana»: sarebbe molto interessante capire attraverso quali percorsi giuridici il Comitato ritenga che i diritti riconosciuti dalla Convenzione ONU alle persone con disabilità possano in qualche modo essere estesi anche agli embrioni, ai feti, ai nascituri e alle nasciture, visto che di tutto questo nella Convenzione stessa non vi è traccia. E quanto questo tipo di interpretazione sia arbitrario, lo dimostra in modo incontrovertibile il rifiuto dello Stato del Vaticano di ratificare la Carta. La Santa Sede, infatti, ha individuato la ragione del proprio rifiuto esattamente nell’implicita possibilità di far ricorso all’aborto contenuta nella Convenzione.

Insomma, tra la posizione assunta dal Comitato di Bioetica della Repubblica di San Marino in materia di interruzione volontaria di gravidanza, e quella effettivamente espressa nel testo della Convenzione ONU, «la differenza salta agli occhi». Come quella «tra Bufalo e locomotiva» nella bellissima canzone di Francesco De Gregori. E vista la distanza tra le due posizioni, sarebbe quanto meno opportuno che il Comitato Sammarinese di Bioetica si allineasse al dettato della Carta. Infatti, non si può affermare di voler concretizzare l’applicazione di un trattato internazionale e poi porsi in contrasto con esso.

Per approfondire la materia trattata, oltre all’elenco di testi qui a fianco elencati, tutti pubblicati dal nostro giornale, suggeriamo anche la consultazione del testo Aborto: non si può sorvolare, nel sito della UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofie Muscolare), Sezione Gruppo Donne.

Share the Post: