Antirapina, ma anche “antidisabili”!

Tale sembra infatti quella “bussola” chiamata appunto “antirapina”, di cui presentiamo l’immagine, ovvero quella cabine di sicurezza posta all’ingresso di un ufficio postale in un Comune del Veneto – ma presumibilmente anche in molti altri – che costringe ad esempio chi si muove con uno scooter o una carrozzina elettrica, a suonare e ad attendere, in barba alla Legge 67/06 sulla discriminazione delle persone con disabilità

"Bussola antirapina" all'ingresso di un ufficio postale di Montecchio Maggiore (Vicenza)

La “bussola antirapina” posta all’ingresso di un ufficio postale di Montecchio Maggiore (Vicenza)

Quella dell’immagine qui a fianco si riferisce a un ufficio postale di Montecchio Maggiore (Vicenza), ma presumibilmente – come sottolinea Enrico Agosti, persona con disabilità, presidente del CoReMi (Comitato Regionale Mielolesi del Veneto) e membro della Commissione Edilizia Integrata nello stesso Comune di Montecchio Maggiore – è uguale o simile a quelle adottate da tutti gli uffici postali nazionali.
Si tratta della cosiddetta “bussole antirapina”, ovvero di quella cabina di sicurezza diffusa ormai da tempo all’ingresso di uffici a uso pubblico – come le banche o appunto le sedi di Poste Italiane – o anche di centri commerciali e della quale esistono diversi tipi.

“Antirapina” sì, ma anche “antidisabili”, come denuncia lo stesso Agosti, che dichiara: «Per chi come il sottoscritto si muove con uno scooter elettrico, queste nuove “bussole antirapina” sono anche “antidisabili” in quanto non sono pienamente accessibili. Pur essendo infatti presente un pulsante di chiamata – posto per altro ben oltre i 140 centimetri previsti dal Decreto Ministeriale 236/89 – queste apparecchiature sono state predisposte per delle carrozzine manuali lunghe al massimo un metro e venti, mentre uno scooter o una carrozzina elettrica superano facilmente questa misura. Occorre quindi suonare e attendere, creando una situazione che trasgredisce anche la Legge 67/06 sulle discriminazioni nei confronti delle persone con disabilità».
A questo punto, secondo Agosti, alcune domande si impongono: «Innanzitutto, chi le fabbrica queste bussole che non rispettano la normativa? E le Istituzioni preposte a far rispettare le leggi, cosa fanno di fronte a ciò? E infine, Poste Italiane hanno interpellato le associazioni nazionali che tutelano i diritti e la mobilità delle persone con disabilità?». Quesiti che facciamo nostri e che giriamo a tutti i destinatari chiamati in causa. (S.B.)

Please follow and like us:
Pin Share
Stampa questo articolo