Ma la prossima volta a Venezia vincerò io!

di Simone Fanti*
«Può una festa - si chiede e chiede ai Lettori Simone Fanti - bloccare i trasporti di una città?». Il racconto di una serata di luglio a Venezia, in piena Festa del Redentore, che per una persona in carrozzina può diventare un vero incubo, «non perché manchino i mezzi di trasporto accessibili - sottolinea Fanti - ma perché viene meno un pizzico di sana organizzazione»
Venezia - Festa del Redentore - Fuochi d'artificio
Un’immagine dei fuochi d’artificio, in occasione della Festa del Redentore a Venezia

Prendi Venezia in un weekend di luglio, in piena Festa del Redentore, aggiungici una persona in carrozzina e otterrai un colossale “girone infernale”. Chi scrive, infatti, ha voluto testare di persona quanto possa essere inaccessibile una delle più grandi meraviglie architettoniche mondiali. Non perché manchino i mezzi di trasporto, ma perché viene meno un pizzico di sana organizzazione. Venezia ha fallito, ha fatto un buco nell’acqua, e io, dopo essermi sentito in trappola, ho quasi fatto un tuffo nel Canale Grande…

Per la sua conformazione, la città lagunare non è particolarmente accessibile via terra, ma lo diventa grazie a una rete attrezzata di vaporetti [le tipiche imbarcazioni veneziane, N.d.R.]. La visita assomiglia al “gioco dell’oca”: si scende dal vaporetto, si visita il rione, si arriva a un ponte non superabile in sedia a rotelle e si torna all’imbarco. Ma se i battelli vengono a mancare, come accade la sera della Festa del Redentore, il disabile è in trappola. E così è stato.
La mia avventura comincia in biglietteria, dove un cartello annuncia possibili chiusure di tratte marittime pubbliche nella serata di sabato 20 luglio (un forestiero, appena arrivato, difficilmente sa quali linee indichino quei numeri, figurarsi poi uno straniero). Per precauzione in biglietteria, al Tronchetto (il terminal dove si posteggia arrivando dalla terraferma), chiedo quale sia l’ultimo battello per il rientro e mi rispondono che è alle 23.30. Nessuno in biglietteria mi avvisa che dalle 21 sino all’una o due di notte la circolazione lungo il Canal Grande sarebbe stata interrotta.

“Ruote in spalla”, parto per la visita della città, utilizzando il caro, ma incredibilmente comodo “vaporetto dell’arte” che per 15 euro (prezzo per la persona con disabilità per un biglietto di 36 ore) consente di raggiungere i punti principali di visita senza dover essere strizzati dalla folla che usa le linee di navigazione normali. Piazza San Marco, San Giorgio e per finire i Giardini…
Si fa presto a fare le 19, tante sono le meraviglie da osservare. Mi sposto via mare all’Arsenale e a ogni passaggio chiedo informazioni al personale di bordo. I traghetti proseguiranno le loro corse fino al Tronchetto? C’è chi dice di sì, chi di no, chi ancora suggerisce vie alternative per tornare senza passare dal Canal Grande che dovrebbe essere chiuso al traffico marittimo. Ma tutti sono concordi, i fuochi delle 23.30 non devono essere persi.
Ceno e per le 21.07 torno all’imbarco per uscire dalla bolgia. Navigazione sospesa. La città è letteralmente tagliata in due. Con me, in banchina, qualche veneziano incavolato e tanti turisti colti di sorpresa (comprese famiglie con passeggino o valigioni pesanti). In una giornata passata a Venezia non è mai stato dato un annuncio via voce sulle imbarcazioni. «Ma posso, se voglio, farmela a piedi», mi viene suggerito. Ovviamente oltrepassando decine di ponti pieni zeppi di scale…

Scatta il “piano B”, raccolgo un po’ di numeri di telefono di barche taxi, attrezzati o no per accogliere persone in sedie a rotelle (un sollevatore permette la discesa nel taxi). Due ore di tentativi senza successo, lo spazio navale è chiuso al traffico. Provo allora a chiedere aiuto a un gruppetto di volontari dell’Associazione Nazionale Carabinieri e mi assicurano che andranno in Centrale per trovare una soluzione. Volatilizzati e mai tornati a dare una mano!
Chiamo la Centrale Operativa dei Vigili, che cercano di aiutarmi… fornendomi i numeri dei centralini delle stazioni dei taxi operativi 24 ore su 24. Nulla, nessuno può arrivare all’Arsenale. Sono in trappola tra due ponti.
Arrivano le 23.30, con i fuochi in corso contatto un “angelo” della Veneziana Motoscafi che mi trova uno strappo, a patto che riesca a raggiungere il Lido, altrimenti devo attendere oltre l’una di notte o anche di più. Aspettare sul molo tra gente alticcia con mia moglie e una figlia di 16 anni? Non se ne parla nemmeno. È proprio il caso di dirlo: il Redentore forse ha avuto pietà di me e mi permette di trovare uno sparuto vaporetto che fa una tratta ridottissima (Arsenale-Lido) e mi porta sull’isola dove mi attende il taxi.

Il taxi che mi aspetta, però, non è attrezzato per disabili e, pur accostandosi al pontile, non riesco a salire: le onde fatte dagli altri motoscafi che tornano a casa, a tutta velocità, dopo la festa fanno ondeggiare troppo l’imbarcazione. Impossibile tentare: nel caso migliore finirei in acqua, in quello peggiore rischierei di essere schiacciato tra il pontile e l’imbarcazione. Ma il bisogno aguzza l’ingegno. Vicino al molo del Lido c’è un ristorante con attracco privato, dove si può legare saldamente la barca, e con l’aiuto del titolare e del personale del ristorante vengo caricato di peso. Come al solito, solo il cuore degli italiani salva da situazioni difficili.
Alla fine sono arrivato in albergo alle 2.30, dopo cinque ore di agonia. Ma qualche dubbio rimane. Può una festa bloccare i trasporti di una città? Le altre considerazioni le lascio ai Lettori. Per quanto mi riguarda ho rischiato troppo. Ma prometto che la prossima volta, cara Venezia, vincerò io e riuscirò a visitarti.

Il presente testo, qui riproposto con alcuni riadattamenti al diverso contenitore, è stato pubblicato da “InVisibili”, blog del «Corriere della Sera.it», con il titolo “Inferno a Venezia”. Viene qui ripreso per gentile concessione dell’Autore e del blog.

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