Insistono, i rappresentanti della Campagna Trasparenza e diritti, cui aderiscono oltre settanta associazioni ed Enti Locali delle Marche – nel sottolineare, come avevano già fatto nei giorni scorsi, che la recente Delibera di Giunta Regionale n. 1011/13, con la quale la Regione ha definito lo standard di personale nei servizi per la salute mentale, anziani non autosufficienti, persone con demenza e disabili, «crea le condizioni per un’applicazione della normativa sui Livelli Essenziali di Assistenza funzionale al contenimento dei costi della sanità e all’aumento di quelli a carico degli utenti».
Qui di seguito, quindi, ben volentieri diamo spazio al testo integrale della lettera inviata in questi giorni agli esponenti istituzionali regionali, a firma di Roberto Frullini, Vittorio Ondedei e Fabio Ragaini, in rappresentanza della Campagna Trasparenza e diritti, «con l’auspicio che vi sia», da parte dei destinatari, «piena consapevolezza sulla questione».
Con la presente intendiamo ribadire alcuni punti riguardanti i contenuti della Delibera di Giunta Regionale 1011/13, insieme agli effetti (alcuni) che la stessa produrrà sugli utenti e sui servizi.
1. La Delibera in oggetto ha già prefigurato l’applicazione regionale della normativa sui Livelli Essenziali di Assistenza. L’inserimento nelle tabelle dei codici di “livello assistenziale”, indica quali saranno le ripartizioni dei costi tra sanità e sociale (che comprende anche gli utenti).
La scelta della Regione è stata, a nostro avviso, funzionale all’applicazione strumentale dei Livelli Essenziali, volta a contenere i costi della sanità, a conseguente danno del settore sociale, e quindi di utenti e Comuni. Non c’è stata, come si è voluto far credere, alcuna neutralità applicativa, come del resto inconsistente è stato il livello di confronto: dunque l’imposizione di maggiori oneri sociali è stata una precisa scelta politica.
Siamo assolutamente convinti che nelle Marche un’applicazione corretta della normativa sui Livelli Essenziali – volta a tutelare i cittadini malati e non autosufficienti – dovrebbe determinare maggiori oneri a carico della sanità e minori a carico di cittadini e Comuni.
Situazione emblematica è quella riguardante la disabilità. Per molti utenti dei servizi in situazione di gravità, si applica infatti il criterio (ripartizione) della non gravità. Ma la stessa valutazione si può fare in riferimento alla non applicazione dei Livelli Essenziali nell’area delle cure domiciliari. Gli oneri dell’assistenza tutelare dovrebbero essere pagati dalla sanità per il 50% del costo. Nelle Marche ciò non avviene in nessun caso e ben ci si guarda dal farlo, nonostante vi sia un obbligo di legge.
Per questo motivo, la definizione dei criteri di compartecipazione dei servizi, consequenziale ai contenuti della Delibera 1011/13, troverà la nostra più ferma opposizione. Denunceremo pertanto con forza le ricadute e le responsabilità che questi provvedimenti avranno sulle persone e sui loro nuclei familiari (maggiori oneri e/o impossibilità di accesso ai servizi). Non si tratta infatti di fatalità, ma degli effetti di precise scelte regionali.
2. Un secondo punto riguarda l’altro atto di fondamentale importanza, ovvero la definizione del fabbisogno dei servizi, atto, anche questo, per nulla neutro, sia in termini di posti complessivi per area che di posti per specifico servizio. Vale inoltre la pena ricordare che le prestazioni previste nei Livelli Essenziali devono, come stabilisce la normativa, essere assicurate agli utenti. Diventa dunque essenziale la definizione dei criteri, con i quali si andrà a determinare l’atto di fabbisogno, prima ancora che i numeri e le quantità di posti.
Per fare solo un esempio: oggi, riguardo alle residenze protette per anziani non autosufficienti, i posti convenzionati sono circa 3.200, mentre quelli autorizzati sono circa 4.500, cui si aggiungono altre centinaia di anziani non autosufficienti ospitati nelle strutture per autosufficienti. Sono oltre 5.000, quindi, gli anziani non autosufficienti ricoverati: circa il 65% di questi posti sono coperti da convenzione (peraltro scaduta da sette mesi); per le persone che compongono il restante 35%, l’intero onere di degenza, compresa la quota sanitaria, è a loro carico.
Date queste premesse, quali saranno le scelte regionali a riguardo?
3. Nell’incontro che – ci auguriamo a breve – avremo con l’Assessorato alla Sanità, ribadiremo le nostre insuperabili perplessità riguardo:
– lo stralcio della definizione della tariffa dei servizi, definizione stabilita dalla gran parte delle Regioni italiane. L’affidamento, attraverso specifica norma, all’ente gestore della definizione delle tariffe riteniamo sia un atto grave;
– la decisione di introdurre cambiamenti molto rilevanti all’interno dei modelli dei servizi riguardanti l’area della disabilità e della salute mentale, con l’introduzione di moduli minimi di venti persone, che significa una radicale trasformazione dell’offerta dei servizi, a favore di modelli istituzionali che in tutti questi anni si è cercato di contrastare con forza e che la nostra Regione aveva garantito, sostenendo anche residenze di piccole dimensioni, in quanto in grado di garantire una miglior qualità di vita alle persone. Una scelta, riteniamo, ideologica che impatta sulla qualità dei servizi e su tutte le piccole realtà che li gestiscono. Ci chiediamo se sia possibile che criteri di tipo economicistico possano determinare cambiamenti così radicali e condizionanti la vita delle persone e di chi si occupa di loro, senza alcuna condivisione ed elaborazione partecipativa;
– la ridefinizione, per alcuni servizi, di nuovi standard di personale, che vanno a modificare in maniera significativa l’organizzazione di decine di servizi diurni e residenziali riguardanti migliaia di utenti (area disabilità e salute mentale).
Altre questioni, di non minore importanza, contenute nella Delibera, saranno presto oggetto di un’analisi approfondita, anche in riferimento agli standard organizzativi di alcuni servizi.
In ogni caso riteniamo questo passaggio deliberativo sostanziale per i servizi rivolti alle persone in difficoltà della nostra Regione e crediamo occorra farlo nel miglior modo possibile e tenendo conto con cura di tutte le variabili. Auspichiamo quindi:
a) un ripensamento dei criteri di definizione della compartecipazione sanità/sociale, nella consapevolezza che, come ripetiamo, ogni ripercussione sugli utenti richiama precise responsabilità;
b) un adeguato confronto, a garanzia dei bisogni e diritti delle persone, sulla definizione del fabbisogno;
c) la revisione di alcuni degli standard organizzativi individuati nella Delibera in oggetto.
Per ulteriori informazioni e approfondimenti: grusol@grusol.it.