È colpa nostra!

di Giorgio Genta*
«In fin dei conti sono colpa nostra - scrive Giorgio Genta, con amara provocazione - tutti gli “atti di malvagità” che vengono posti in atto, da parte di ogni sorta di ente, contro il diritto delle persone con disabilità a scegliere e a vivere la miglior vita possibile. È colpa nostra, perché, come cittadini, per troppi anni abbiamo tollerato latrocini, ruberie, corruttele e ogni altro atto di malvagità nei loro confronti»

Particolare di pugni chiusi di una statuaTutti gli “atti di malvagità” (non saprei davvero come definirli in altro modo), l’ultimo dei quali è rappresentato dall’intento della Regione Marche di reintrodurre i grandi numeri nelle strutture di assistenza [se ne legga nel nostro giornale all’articolo intitolato “Impedire che nelle Marche si torni agli Istituti”, N.d.R.], che vengono posti in atto, da parte di ogni sorta di ente, contro il diritto delle persone con disabilità a scegliere e a vivere la miglior vita possibile, sono in fin dei conti colpa nostra.
Sono colpa nostra – ed è un peso che sarà davvero duro da portare – perché, come cittadini, per troppi anni abbiamo tollerato latrocini, ruberie, corruttele e ogni altro atto di malvagità nei confronti delle nostre sorelle e fratelli con disabilità e in fin dei conti nei confronti di noi stessi, fortunate persone normalmente sane, che dovranno sopportare mediamente per i soli sette ultimi anni di vita (secondo le ultime accurate analisi) il giogo della disabilità.
Abbiamo tollerato colpevolmente politici pasticcioni e disonesti, funzionari svogliati e impreparati, dirigenti di enti con un curriculum infarcito di benevolenze politiche e di incapacità professionali e persone varie similmente disdicevoli, che congiuntamente hanno portato il Paese allo sfascio economico e sociale.
È colpa nostra, in fin dei conti, se la volontà popolare viene irrisa due o tre volte di seguito sullo stesso quesito referendario, se è più facile “ridare la vista a un cieco” o il “cammino a un tetraplegico”, che non staccare le terga di un deputato dal suo scranno vellutato e le sue grinfie da una pensione dorata, pagata con i mille tagli all’assistenza e alla sanità.

Non vuole certo essere un invito alla violenza, ma, in fin dei conti, se qualcuno avesse, possibilmente per tempo, ripetutamente sbattuto il proprio deambulatore in testa a uno di quei signori che parlano della famiglia con la stessa competenza che avrebbero a parlare della luna (malgrado ne abbiano due o tre, di famiglie non di lune, ad onta della loro sbandierata fede monogamica) o avesse cacciato uno di quei tre pannoloni concessi giornalmente in una bocca “onorevole”, per fermare il flusso ininterrotto di sciocchezze profferite a ogni piè sospinto, non saremmo forse a questi punti.
L’ultima di queste sciocchezze – ultima solo ad essere venuta alla luce – è rappresentata dallo spendere più di mille pensioni d’invalidità per proteggere la vita di un criminale nazista centenario, per i quale si preparano i festeggiamenti per il secolo di vita, mentre migliaia sono le vite da lui spente e milioni quelle da parte dei suoi colleghi (e le parole Aktion T4* vi dicono nulla?).
Quella che una volta era chiamata rivoluzione, temo sia rimasta appannaggio delle persone con disabilità, le uniche abituate a rischiare sempre e tutto solo per il privilegio di vivere. Confidiamo ormai solo in loro.

*Operazione di “eutanasia forzata”, che portò allo sterminio di centinaia di migliaia di persone con disabilità, da parte del regime nazista.

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