Con una comunicazione alla Giunta Regionale della Lombardia, l’assessore alla Famiglia, alla Solidarietà Sociale e al Volontariato Maria Cristina Cantù ha fatto sapere in quale modo intende sostenere la permanenza a domicilio delle persone con disabilità gravissima, ribadendo cioè la necessità di una presa in carico globale e prevedendo di consultare Comuni e Associazioni, prima di assumere i provvedimenti attuativi.
In tal senso, la seduta di Giunta del 2 agosto scorso ha approvato numerosi provvedimenti che spaziano praticamente su tutte le competenze regionali, fra i quali appunto la Deliberazione di Giunta Regionale n. 590 si occupa delle persone con disabilità gravissime.
Si tratta in realtà di una semplice comunicazione attraverso la quale l’assessore Cantù anticipa, ottenendo l’approvazione della Giunta, le modalità di utilizzo della quota del Fondo per la Non Autosufficienza attribuita alla Lombardia, pari a oltre 40 milioni di euro.
Si tratta di risorse che negli anni passati sono state destinate al sostegno alla domiciliarità delle persone affette da SLA (sclerosi laterale amiotrofica) e da altre malattie del motoneurone. La Regione Lombardia, con questa comunicazione, anticipa l’intenzione di modificare questa prassi, estendendo la platea dei beneficiari a tutte le persone con disabilità gravissima, come del resto prevede la stessa normativa nazionale, ma anche introducendo il principio della presa in carico, della valutazione multidimensionale del bisogno e della stesura di un progetto individuale «che preveda una risposta unitaria su più livelli assistenziali anche attraverso un mix di risorse economiche e/o interventi sia sociali che sociosanitari».
Appare questa un’ulteriore conferma della volontà della Giunta Regionale Lombarda di mettere in discussione alcuni cardini dell’attuale modello di welfare sociale lombardo, con una maggiore attenzione alla dimensione sociale, rispetto alla sola erogazione di prestazioni di carattere sanitario.
«Un passo in avanti – è il commento di Franco Bomprezzi, presidente della LEDHA (Lega per i Diritti delle Persone con Disabilità), la componente lombarda della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) – perché si esce dalla logica sanitaria che fa equivalere una malattia con un bisogno, per avvicinarci all’approccio sociale alla disabilità. Colpisce anche positivamente l’intenzione di coinvolgere attivamente Comuni ed Associazioni prima della stestura degli atti applicativi, che sono poi quelli che determineranno o meno la bontà dell’intervento». (Ufficio Stampa LEDHA)
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