Un gruppo di Senatori (prima firmataria Laura Puppato) ha presentato il 24 luglio scorso un’Interrogazione Urgente ai Ministri per l’Integrazione Cécile Kyenge e del Lavoro e delle Politiche Sociali Enrico Giovannini, sulla «pratica discriminatoria in materia di accesso alle prestazioni assistenziali – come si può leggere nel documento – posta in essere dall’INPS nei confronti di cittadini stranieri invalidi o portatori di handicap, aventi i requisiti di legge per conseguire la pensione di inabilità di cui al decreto-legge n. 5 del 1971, convertito dalla legge n. 118 del 1971, l’indennità di accompagnamento di cui alla legge n. 18 del 1980, l’indennità di frequenza di cui alla legge n. 289 del 1990 ed altre previdenze analoghe per persone sorde, cieche, eccetera [grassetti nostri in questa e nelle successive citazioni, N.d.R.]».
Nel testo dell’Interrogazione – che si occupa di un problema già più volte denunciato anche sulle pagine di questo giornale – si sottolinea come l’INPS continui, infatti, a «circoscrivere la possibilità di conseguire tali previdenze alla titolarità di un permesso di soggiorno di lungo periodo, richiamando quanto disposto dall’art. 80, comma 19, della legge finanziaria n. 388 del 2000 che, modificando la previsione di cui all’art. 41 del decreto legislativo n. 286 del 1998, Testo Unico sull’Immigrazione, aveva stabilito il requisito della carta di soggiorno come condizione di accesso alle prestazioni di assistenza sociale aventi natura di diritto soggettivo».
I firmatari ricordano quindi che «tale limitazione è stata da tempo eliminata dall’ordinamento a seguito dell’intervento della Corte costituzionale, che con le sentenze n. 306 del 2008, n. 187 del 2010 e n. 329 del 2011, e da ultimo, la numero 40 del 2013, ne ha sancito l’illegittimità ravvisando la violazione del principio di non discriminazione di cui all’art. 14 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, nonchè del principio costituzionale di uguaglianza di cui all’art. 3».
Il testo dell’Interrogazione sottolinea ancora come un’ancor più recente Ordinanza del Tribunale di Pavia del 12 luglio scorso, accogliendo un ricorso antidiscriminazione presentato da una cittadina salvadoregna in rappresentanza del figlio con disabilità e dall’ASGI (Associazione degli Studi Giuridici per l’Immigrazione), insieme all’Associazione Avvocati per niente, abbia «riconosciuto il carattere discriminatorio posto in essere dall’INPS nel continuare a non dare effettiva attuazione alla sentenza della Corte costituzionale n. 329 del 2011 ed ha persino ordinato all’INPS di modificare le indicazioni inserite sul sito internet istituzionale in ordine ai requisiti di accesso alle indennità». E difatti, nelle schede informative pubblicate sul proprio sito, l’INPS continua ad indicare che «il titolo di lungosoggiorno è conditio sine qua non per accedere alle provvidenze», senza citare in alcun modo le sentenze della Corte Costituzionale che l’hanno dichiarato illegittimo e dunque l’hanno abrogato.
Ritenendo quindi inaccettabile tale comportamento dell’INPS – che a distanza di più di quattro anni dalla prima sentenza della Corte Costituzionale, continua a negare i trattamenti assistenziali agli stranieri che, pur risiedendo stabilmente in Italia, non siano titolari di permesso di soggiorno di lungo periodo, costringendo i medesimi a procedure di ricorso, nel migliore dei casi in via amministrativa, ovvero in via giudiziaria, con conseguente tempistica dell’accesso alle prestazioni incompatibile con le esigenze di vita e di tutela dei ricorrenti e delle loro famiglie – i Senatori firmatari dell’Interrogazione chiedono ai Ministri interpellati «se non ritengano opportuno e necessario attivarsi, per quanto di competenza e in attuazione della giurisprudenza costituzionale, per una rapida e definitiva risoluzione della problematica».