Essere fratello o sorella di un bambino con disabilità – i cosiddetti “siblings”, di cui già molte volte ci siamo occupati nel nostro giornale – è un’esperienza quotidiana, come spiegano i responsabili dell’associazione milanese L’abilità, «vissuta sia in modo diretto, sia attraverso il rapporto “mediato” da mamma e papà. Si tratta di una realtà che condiziona la qualità delle relazioni familiari ed extrafamiliari e che contribuisce a determinare la specificità dei bisogni all’interno delle famiglie. Spesso, infatti, sorgono pensieri sia da parte dei genitori che dei fratelli sul tipo di rapporto che ne nasce, su quale attaccamento si sviluppa, su quale futuro ne deriva. Occorre perciò creare uno spazio di confronto, dove i fratelli e le sorelle possano ritrovarsi per uno scambio e una condivisione di quanto stanno vivendo, delle proprie emozioni, in vista del raggiungimento di un benessere globale».
Mira proprio a questo l’iniziativa denominata In viaggio con mio fratello, articolata su tre gruppi di ascolto e su altre proposte educative per i fratelli di bambini con disabilità, con la quale la stessa Associazione L’abilità, in collaborazione con l’Unità Operativa di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza della Fondazione Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano, riprende in queste settimane i lavori del Progetto In viaggio senza valigie.
I gruppi sono coordinati da uno psicologo e da un educatore o da un arteterapeuta, dove attraverso il gioco, la narrazione, il racconto e l’esplorazione dei materiali, si dialoga sull’esperienza e i vissuti personali. (S.B.)
Per ulteriori informazioni e approfondimenti: carloriva@labilita.org.
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