Apparentemente può sembrare una questione di lana caprina o peggio un ritorno al passato, ma in quell’auspicato “e le nostre famiglie” del titolo di questa nota, si nasconde – a parere di chi scrive – la maggior parte del mondo con disabilità (almeno con disabilità più grave).
È infatti storicamente indubbio che lo sforzo di emancipazione delle persone con disabilità da una realtà strettamente familiare è stato foriero di una ventata di libertà, di autodeterminazione e di diritti conquistati sul campo e ha mutato davvero, almeno in parte, il volto della società.
Permane tuttavia ancora da raggiungere, almeno sul piano teorico, un’eguale affermazione per le persone con disabilità che vivono in famiglia – la stragrande maggioranza dei più gravi – e che dalla famiglia, cioè generalmente dalla madre e dal padre, ma non solo, traggono gli strumenti per sopravvivere e per vivere, possibilmente bene.
A dire il vero non è che queste persone non vengano rappresentate, ma assai spesso ci si dimentica quasi completamente della loro famiglia, dei caregiver familiari, “bestie da soma” assai più robuste degli asini e dei muli, sulla cui groppa ricurva (si dice infatti “a schiena d’asino”!), grava tutto il peso del loro vivere.
Negli ultimi tempi alcuni occhi si sono aperti e analogamente si è aperto qualche spiraglio anche nei documenti ufficiali, sia in quelli delle Associazioni che in quelli delle Istituzioni. Ma è poco, solo un apprezzabile punto di inizio.
Speriamo dunque che i prossimi decenni portino a queste persone – peccato, però, che loro non ci saranno più! – lo stesso progresso di cui siamo stati testimoni per chi può e vuole vivere autonomamente fuori dalla famiglia.
Ciò detto, rinnovo tutto il mio affetto e la mia incondizionata stima a Salvatore “Tillo” Nocera [il riferimento specifico è all’intervento di quest’ultimo da noi pubblicato nei giorni scorsi, con il titolo “Nessuno tutela i diritti delle persone con disabilità?”, N.d.R.], per la sua continua opera a favore delle persone con disabilità, con il quale spessissimo mi intendo perfettamente e dal quale solo qualche rara volta dissento prudentemente.