La RAI non può aggirare la legge sull’inclusione nel lavoro: avevamo intitolato così, nel luglio scorso, la nota con cui avevamo riferito della denuncia proveniente dall’SLC (Sindacato Lavoratori Comunicazione)-CGIL, riguardante quella Circolare prodotta dall’azienda radiotelevisiva pubblica che, aggirando appunto quanto previsto dalla legge per l’inserimento e l’integrazione lavorativa delle persone con disabilità – la Legge 68/99 – aveva imposto che i contratti a tempo determinato del personale delle testate giornalistiche e delle reti televisive, dovessero essere stipulati per un periodo di sei mesi meno un giorno.
«Questo – aveva sottolineato Barbara Apuzzo, segretario nazionale dell’SLC-CGIL – non per esigenze organizzative o produttive, ma con l’obiettivo, tutt’altro che nobile, di non conteggiare il personale a tempo determinato nel calcolo della base occupazionale, in modo tale da non “ampliare immotivatamente” tale base di partenza per le assunzioni da collocamento obbligatorio».
«Un comportamento – aveva concluso l’esponente sindacale – intollerabile ed eticamente inaccettabile, di cui chiediamo l’immediato ritiro, insieme a quello di tutti gli eventuali altri provvedimenti che ledono i diritti dei lavoratori e in particolare di coloro che sono portatori di disagi e fragilità».
Ebbene, la buona notizia arriva ora dallo stesso SLC-CGIL, che in una nota segnala come «la RAI abbia recepito la nostra richiesta di ritirare quella Circolare Aziendale».
«Siamo molto contenti – dichiara oggi Apuzzo – che l’azienda abbia dato seguito alle affermazioni presenti nel suo stesso Codice Etico. La RAI, infatti, ha rivisto la propria posizione, confermando che “la durata dei contratti a tempo determinato è legata alle specifiche e determinate esigenze produttive, per far fronte alle quali detti contratti vengono stipulati” e non a calcoli matematici, per evitare di “ampliare immotivatamente” il computo dei rapporti a tempo determinato ai fini delle assunzioni da collocamento obbligatorio».
«Rivedendo la propria posizione nei confronti di quella che avevamo definito essere una “circolare vergogna” – aggiunge dal canto suo Nina Daita, responsabile nazionale dell’Ufficio Politiche per la Disabilità della CGIL – si ristabilisce un principio di civiltà, ovvero impedire surrettiziamente la discriminazione di soggetti deboli quali sono i disabili. Non poteva infatti la RAI, azienda di servizio pubblico, aggirare una linea di comportamento etico. E di questo diamo atto all’azienda che, grazie anche al lavoro fatto dal sindacato, ha giustamente rivisto la sua posizione, impedendo un’ingiustificabile e letteralmente immorale lesione dei diritti dei lavoratori più deboli e fragili». (S.B.)
Per ulteriori informazioni e approfondimenti: Barbara Perversi (barbara.perversi@slc.cgil.it).
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