Chi l’avrebbe mai detto? È questo l’hashtag* di una simpatica iniziativa che si svolgerà a Milano il 3 ottobre (ore 12-13.30), una «messa in scena di stereotipi e luoghi comuni sul tema disabilità e lavoro». Benissimo, lodevole progetto (We can work it out!), finanziato dalla Provincia di Milano, all’interno del Piano Emergo 2012.
Peccato che l’evento – vivace e ben congegnato, che prevede la realizzazione di videointerviste, la realizzazione di vignette e di disegni sul tema – si svolgerà, come da programma e da invito, nella storica Loggia dei Mercanti, nel cuore di Milano. Un monumento, il luogo sacro dei partigiani. Ma anche un luogo inaccessibile in sedia a rotelle. Infatti, pochi gradini circondano la Loggia da ogni lato, e non è mai stata rimossa questa barriera, neppure ricorrendo, come avviene in tutta Italia (in tutto il mondo), attraverso soluzioni che non ne snaturino le caratteristiche storiche. Un paradosso, non voluto, certo, ma davvero clamoroso.
Gli organizzatori sembra abbiano scelto questa soluzione perché potrebbe piovere… E dunque che cosa c’è di meglio di una Loggia coperta? Giusto, ma a maggior ragione la situazione rischia di apparire grottesca, qualora un certo numero di persone con disabilità motoria volesse raccogliere l’invito e avvicinarsi al luogo dell’evento.
Immagino che le persone con disabilità che saranno coinvolte dai promotori saranno dunque solo persone che camminano in modo autonomo, magari con una disabilità di tipo intellettivo o relazionale. Non lo so. Ma non è questo il punto.
Se infatti neppure agli organizzatori di un evento legato al tema del lavoro per le persone con disabilità passa per la testa di scegliere comunque un luogo privo di barriere e accessibile a tutti, qualcosa non funziona. E a Milano questo problema è purtroppo evidente, in centro come in periferia.
Il tema dell’accessibilità non è al centro della cultura, delle prassi, delle priorità, delle scelte quotidiane. Il Circolo della Stampa, ad esempio, luogo nel quale si svolgono molti appuntamenti di grande interesse per tutti, è quasi del tutto inaccessibile. La Casa della Cultura, ora alle prese con una ristrutturazione resa necessaria per le sue condizioni precarie, è storicamente collocata in fondo a una scala ripidissima.
Come ha detto il sindaco Giuliano Pisapia, da quella porta sono passate grandi voci della cultura e della politica italiana. Chi scrive non ha mai potuto entrarci e neppure adesso ci riuscirà. Perché anche quel luogo, una volta riaperto al pubblico, sarà ancora inaccessibile, a meno che non si trovino risorse “aggiuntive” per ovviare a questo handicap.
Se si pensa alla “schiera” dei negozi del centro pedonalizzato di Milano, quasi tutti sono un trionfo del gradino alto almeno 20 centimetri, che vanifica qualsiasi desiderio di normalità per uomini e donne che vogliano come tutti dedicarsi allo shopping (ammesso che se lo possano permettere).
Questa è la Milano che si avvicina all’Expo 2015. Smemorata, cialtrona e insensibile, sciatta e in qualche caso quasi irridente nei confronti di chi cerca, nonostante tutto, di viverci alla pari, senza barriere, senza discriminazioni. #Chilavrebbemaidetto? (Franco Bomprezzi)
*L’hashtag è così chiamato dall’unione di due termini inglesi, hash (cancelletto) e tag (etichetta). Non è altro, quindi, che una parola preceduta dall’apposito # (cancelletto, appunto), inserita in commenti a foto, video e altro ancora.
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