Come avevamo riferito nei giorni scorsi, la Pubblica Assemblea di Roma del 2 ottobre – denominata Tutti nessuno escluso. Per l’inclusione sociale dei disabili psichici – è arrivata al termine di un lungo e approfondito lavoro preparatorio, coordinato dal Comitato Genitori Giovani Disabili Psichici.
In tale occasione, è stato presentato e approvato un importante documento/appello, a sostegno delle persone con disabilità psichica, intitolato anch’esso Tutti nessuno escluso, che prelude alla costituzione di un Coordinamento Nazionale per l’Inclusione Sociale dei Disabili Psichici.
A quello stesso documento diamo ben volentieri spazio, qui di seguito, nella sua versione integrale.
Tutti nessuno escluso – Un appello a sostegno dei disabili psichici
Con la Costituzione contro ogni discriminazione
Ci rivolgiamo a tutti coloro che ritengono giusto e necessario lottare per una società pienamente inclusiva, come previsto dalla nostra Costituzione che stabilisce che tutti i cittadini abbiano pari dignità sociale e siano uguali di fronte alla legge, senza distinzioni di sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche, condizioni personali e sociali.
È evidente che una società in cui nessuno possa essere discriminato considera la diversità un’opportunità di arricchimento di valori e di risorse per tutti i cittadini, mai un motivo di prevaricazione nei confronti di qualcuno.
Per questa ragione noi riteniamo estremamente positivo che le categorie ingiustamente penalizzate si organizzino e lottino per il superamento della propria condizione di emarginazione, in quanto cittadini che vogliono eliminare dalla società l’intolleranza e ogni forma di discriminazione.
La condizione particolare del disabile psichico
Una categoria presenta particolari condizioni di fragilità: quella delle persone con disabilità psichica che vivono problemi di disagio e sofferenza che possono portare a vere e proprie forme di esclusione sociale. Questi cittadini non sono in grado, nella maggior parte dei casi, di organizzarsi per difendere direttamente i loro interessi e affermare i loro diritti. Perciò crediamo sia necessario che altri cittadini si attivino per sostenerli.
A questa condizione, estremamente difficile, si aggiunge un ulteriore elemento che pesa negativamente nei loro confronti. Infatti, in larga parte della società, ancora oggi, sono presenti dei pregiudizi negativi: dunque il disabile psichico si presenta agli occhi di molti come un “diverso” che appare “minaccioso”, perché considerato del tutto inaffidabile e potenzialmente pericoloso.
Noi crediamo che si tratti di convinzioni largamente non rispondenti alla realtà.
I problemi della vita quotidiana
La legge di riforma psichiatrica (180/78) ha portato alla chiusura degli istituti psichiatrici, un risultato di grande importanza e certamente una conquista di civiltà: ma i pubblici poteri (Stato e Regioni), invece di attuarla pienamente, hanno cercato, in tutti i modi, di rimetterla in discussione, ridimensionarla, boicottarla.
Nella nostra società i problemi dei soggetti più deboli sono trascurati e il potere politico ci sembra che abbia utilizzato la crisi economica che stiamo attraversando anche come alibi per colpire proprio le categorie più svantaggiate; in questo modo si acutizza il disagio sociale, che può, in molti casi, favorire l’insorgenza della sofferenza psichica nelle persone meno protette.
Le famiglie dei disabili psichici sono, nella maggior parte dei casi, abbandonate a se stesse e non ricevono l’appoggio e il sostegno di cui avrebbero diritto. In questa situazione, accanto a famiglie che si attivano per sostenere i propri figli in grave difficoltà, ce ne sono altre che non sono in grado di affrontare il problema, arrivando addirittura a negarne l’esistenza.
Le strutture di cura e di assistenza danno risposte in molti casi parziali e insoddisfacenti alle difficoltà reali dei disabili psichici e anche il contributo della scuola e delle altre strutture formative si dimostra decisamente insufficiente; basti pensare al problema del sostegno, che resta per molti una chimera, e alla sostanziale incapacità della scuola di intervenire precocemente per prevenire l’insorgenza del disagio psichico.
Il lavoro come fattore di autonomia ed identità sociale
L’ intervento formativo dovrebbe potenziare le capacità cognitive e relazionali del disabile psichico, in riferimento al suo possibile inserimento nel mondo del lavoro. Questo è un problema particolarmente spinoso: infatti, è assai critica e del tutto inaccettabile la sua condizione per quanto riguarda l’inserimento lavorativo, con percentuali del tutto irrisorie di assunzioni in aziende private o in enti pubblici.
Malgrado la Legge 68/99 sull’inserimento lavorativo dei disabili costituisca, comunque, una possibilità di miglioramento anche per le condizioni di vita dei disabili psichici, negli ultimi anni abbiamo registrato numerosi attacchi all’attuazione di questa norma, tendenti addirittura a ottenerne la cancellazione di fatto.
Il lavoro è un fattore determinante nella costruzione di un’identità socialmente riconosciuta, è un luogo di relazioni, di apprendimento, di valorizzazione, di crescita personale e professionale e ha anche un indubbio valore terapeutico, che può favorire un miglioramento del disagio psichico; la presenza in un contesto lavorativo sviluppa certamente l’autonomia del disabile psichico e ne rafforza l’autostima.
Siamo convinti, perciò, che le esperienze lavorative svolte nelle cooperative e nei laboratori sociali, con il coinvolgimento di soggetti con particolari difficoltà, siano pienamente meritevoli di riconoscimento e di sostegno. L’inserimento lavorativo dei disabili psichici deve però prevedere necessariamente una loro presenza in tutto il mondo del lavoro (imprese private e amministrazioni pubbliche), secondo quanto stabilito dalla Legge 68/99. Crediamo infatti che in questo modo possa avvenire una reale inclusione dei disabili psichici che, affrontando insieme con gli altri lavoratori le difficoltà e i problemi, possono sentirsi cittadini a pieno titolo.
L’importanza di unire le forze per cambiare le cose
Per reagire a una situazione difficile e complessa, nasce la proposta di creare un Coordinamento Nazionale per l’Inclusione Sociale dei Disabili Psichici che è a nostro avviso la giusta risposta ai problemi precedentemente indicati. Da ciò deriva la necessità di attivarci per promuovere uno “strumento” che permetta di coinvolgere il maggior numero possibile di associazioni e cittadini, favorendo al massimo la collaborazione e l’integrazione fra loro, individuando tutti insieme i mezzi per ottenere l’obiettivo della piena inclusione sociale delle persone con disabilità psichica.
Un impegno immediato per l’inclusione sociale
I principali obiettivi del Coordinamento sono:
– investire nella prevenzione del disagio psichico anche con il coinvolgimento attivo delle famiglie e della scuola;
– migliorare la qualità complessiva della vita del disabile psichico, rimuovendo i principali ostacoli esistenti di ordine medico, economico e sociale;
– impegnarsi nel favorire il più possibile l’inserimento lavorativo dei disabili psichici, con la piena attuazione della Legge 68/99;
– promuovere una battaglia culturale che aiuti a superare i pregiudizi, anche sostenendo il riconoscimento di una figura di mediatore culturale nel sociale, nella scuola e nel lavoro;
– collegare la lotta contro la discriminazione nei confronti dei disabili psichici con tutte le altre forme di resistenza contro qualsiasi tipo di discriminazione.
Per aderire al documento/appello qui presentato – redatto e approvato in occasione dell’incontro del 2 ottobre scorso a Roma, intitolato Tutti nessuno escluso. Per l’inclusione sociale dei disabili psichici – oltreché per ulteriori informazioni sulla materia trattata: ebqdom@tin.it, a.param@inwind.it.