«Il mare è solidale. Quasi esistesse una legge dell’oceano non scritta che impone a tutti l’obbligo morale di allungare una mano per aiutare chi ne ha bisogno, non importa se migrante o disabile o un connazionale in difficoltà. Il mare non fa differenze. E la Marina nemmeno».
Con queste parole, l’ammiraglio Andrea Toscano, responsabile per la Marina Militare del Bacino dell’Alto Tirreno, ha accolto un gruppo di persone con disabilità – tra cui anche chi scrive – alla cena di gala per i festeggiamenti del Centenario del Circolo Ufficiali Vittorio Veneto della Spezia. Parole semplici e sentite che gli invitati, i partecipanti alla tappa conclusiva della scuola vela itinerante Sailing Campus – Il Gioco del Lotto, organizzato dall’Associazione Lo Spirito di Stella, in partnership, per l’occasione, con l’Associazione locale La Nave di Carta [di tale evento si legga ampiamente nel nostro giornale, N.d.R.], hanno vissuto sulla loro pelle, sperimentando l’ospitalità e l’accoglienza delle forze armate spezzine.
Lo sport ha riunito uomini e donne provenienti da diverse Regioni italiane, con vissuti assai differenti: sette storie, sette caratteri, sette traumi, spesso ancora non risolti o semplicemente taciuti e ben nascosti dietro un sorriso triste.
C’era la geometra Ilaria, in carrozzina, travolta in sella al suo motorino a soli vent’anni da un pirata della strada, l’esperto di meccanica Enrico, con il suo incedere lento per una disabilità motoria, o Fiorenzo, ex educatore colpito da un arresto cardiaco all’età di 48 anni, che lentamente sta recuperando la sua vita (ci ha messo più di dieci anni, mi raccontava, per tornare ad andare in bici).
«Esempi di resilienza», ha commentato Alberto, educatore del Gruppo Resilient Disabled, che accompagnava alcuni partecipanti. «Individui capaci di affrontare le avversità della vita, di superarle e di uscirne rinforzati e addirittura trasformati positivamente».
E c’era anche Andrea Stella, ideatore del noto catamarano accessibile Lo Spirito di Stella e fondatore dell’omonima Associazione, motore del campus e ambasciatore della disabilità nel mondo della vela. O forse, in questa occasione, semplicemente uno degli ambasciatori: tali, infatti, vanno considerate anche quelle sette persone che sono diventate un piccolo team di neovelisti, presentatesi a una città, la Spezia, e a un’Istituzione, la Marina Militare, che li ha voluti conoscere e aiutare.
Uno scambio reciproco, bilaterale, tra la disabilità vissuta e chi magari l’ha vista da lontano, come i nostromi che hanno aiutato i ragazzi a salire in barca con un sollevatore. E tra civili e militari.
Per la prima volta la Marina ha accolto alla Spezia, all’interno del suo spazio e circolo velico, un gruppo di persone con disabilità (i Campus precedenti erano stati ospitati in un circolo privato cittadino). E si è fatta trovare pronta, costruendo un bagno accessibile e rampe ad hoc, proprio per l’occasione, e preparata dal punto di vista umano.
«Un incontro che ha gettato un seme per costruire insieme qualcosa di più», spiegava Andrea Stella in conferenza stampa, mentre l’ammiraglio Toscano annuiva. «Gli esempi ci sono, i subacquei della Marina, infatti, accompagnano nelle immersioni alcune persone con disabilità, magari potrebbe nascere un polo velico per disabili».
Ma il Campus di La Spezia ha avuto un sapore diverso per i partecipanti che si sono trovati immersi anche nella Festa della Marineria, manifestazione biennale di arte, cultura, scienza e tradizione, che è giunta nei giorni scorsi alla sua terza edizione, coinvolgendo l’intera città della Spezia.
Infatti, tra virate e strambate, sotto l’occhio attento di Matteo Pucci, istruttore della FIV (Federazione Italiana Vela), sulle piccole barche a disposizione (Access 303, considerate irribaltabili, con servomeccanismi controllabili non solo con le mani, ma anche con il soffio, nel caso ad esempio di persone tetraplegiche), i sette partecipanti hanno potuto spiegare le vele tra una selva di alberi maestri delle Tall Ships, i leggendari velieri di rappresentanza delle nazioni europee.
E così, tra orzate e poggiate, hanno affiancato due imbarcazioni storiche come la russa Mir e l’italiana Amerigo Vespucci, salutati dai visitatori a bordo dei vascelli, che mai avranno pensato che a timonare quei gusci di noce a vela fossero persone con disabilità fisiche e psichiche. Eppure era così, un esempio di “normalità” che pochi sport come la vela possono regalare.
Testo già apparso in “InVisibili”, blog del «Corriere della Sera.it» (con il titolo “Disabili a gonfie vele”). Viene qui ripreso, con alcuni riadattamenti al diverso contenitore, per gentile concessione.
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