Assolta «perché il fatto non sussiste»: dopo essere finita sotto i riflettori delle televisioni nazionali e avere avuto bloccati per circa due anni la pensione di invalidità e l’assegno di accompagnamento che le spettano, una parrucchiera sessantenne di Lugo (Ravenna), affetta da retinite pigmentosa, è stata assolta dal Tribunale di Ravenna dall’accusa di avere truffato l’INPS.
L’indagine contro la signora [di cui anche il nostro giornale si era ampiamente occupato, N.d.R.] era iniziata alla metà del 2011, quando la Guardia di Finanza di Lugo l’aveva filmata mentre si recava in bicicletta da casa al negozio o al bar con in mano un giornale.
Quelle stesse immagini erano poi state trasmesse in televisione, finendo anche su Raiuno, in una puntata della trasmissione Domenica in… L’Arena di Massimo Giletti, ove si era dato grande risalto al caso della “falsa cieca”, ignorando però – tra l’altro – i contenuti della Legge 138/01, che classifica e definisce le minorazioni visive, e non dando nemmeno modo di spiegare che cosa sia e che cosa comporti la retinite pigmentosa a uno degli ospiti in studio, il professor Sergio Zaccaria Scalinci, referente scientifico del Centro di Studio per l’Ipovisione e il Glaucoma dell’Università di Bologna.
«È la legge – spiega Mirella Bighi, presidente dell’Associazione Retinite Pigmentosa Emilia-Romagna, cui la signora di Lugo è associata e che già a suo tempo si era espressa duramente sulla vicenda – a definire come “ciechi totali” non solo coloro che non vedono da entrambi gli occhi, ma anche chi percepisce solo luci e ombre oppure ha un residuo visivo perimetrico inferiore al 3%, come capita appunto a chi soffre di una grave forma di retinite pigmentosa».
Fino ad oggi senza cura, la retinite pigmentosa è una malattia genetica della retina che colpisce in Italia un cittadino ogni cinquemila. Essa provoca dapprima una grave difficoltà nel vedere di notte o nelle condizioni di luce abbagliante, quindi un restringimento progressivo del campo visivo (la cosiddetta “visione a cannocchiale”), che può portare fino alla cecità assoluta.
«Io stessa – aggiunge Bighi, affetta a sua volta da retinite pigmentosa – come la signora di Lugo riesco ad andare in bicicletta, ma solo nel breve tratto da casa alla fermata dell’autobus: lo conosco a memoria, so che è sicuro e senza ostacoli, e vado piano».
«Il Giudice di Ravenna – conclude quindi la Presidente dell’associazione Retinite Pigmentosa Emilia-Romagna – ha semplicemente applicato la legge, mentre quello che ha fatto male, non soltanto alla diretta interessata, ma a tutte le persone che soffrono di retinite pigmentosa e si sono sentite additate come “truffatori”, è stato il polverone mediatico che si alzato. Speriamo quindi che la sentenza di assoluzione sia finalmente l’occasione per fare un po’ di chiarezza sulla malattia e su quello che la legge prevede per chi ne soffre». (Ufficio Stampa Agenda)
Sulla vicenda segnaliamo anche che Retina Italia, la Federazione Italiana per la Lotta alla Retinite Pigmentosa e alle Degenerazioni Retiniche, ha inviato ai vertici della RAI una nota ufficiale, chiedendo all’Azienda «che vengano presentate scuse pubbliche alla signora di Lugo, e a tutti i disabili visivi, unitamente a un atto formale e pubblico di chiarimento anche della Legge 138/01, con l’intervento di interlocutori competenti sulla patologia, sulla normativa e sulla vita delle persone con distrofie retiniche, al fine di promuovere un’informazione corretta ed etica».
Per ulteriori informazioni e approfondimenti: bologna@retinitepigmentosa.it, ufficiostampa@agendanet.it.