Ho sempre pensato che da un incontro o da una semplice conversazione possano nascere intuizioni straordinarie. Ed è quanto è accaduto alcuni anni fa quando, chiacchierando con l’amico Gianluca Comin, responsabile di Enel Cuore, ipotizzammo di creare un’iniziativa che legasse la fondazione di Enel al mondo paralimpico.
Otto anni dopo, in occasione dell’ottava edizione della Giornata Nazionale dello Sport Paralimpico, tenutasi nei giorni scorsi all’interno di ReaTech Italia, la grande rassegna di Milano dedicata alla disabilità, possiamo dire che la volontà di dare vita a un evento importante si fondava su basi solidissime, che non erano solo individuabili in un’ottica meramente promozionale.
Sappiamo quanto quest’ultima sia importante, legata com’è alla massima diffusione della pratica sportiva tra i bambini disabili e intesa a fare conoscere un movimento che aveva avuto la capacità di uscire dal “cono d’ombra”, attraverso l’incredibile lavoro fatto dagli organi di comunicazione. Soprattutto, ci muoveva il desiderio di rappresentare lo sport come strumento di integrazione e inclusione sociale. È infatti attraverso idee come queste che siamo in grado di dare risposte reali e concrete in termini di diritto e di pari opportunità.
Non possiamo dire che il percorso sia arrivato al termine, perché le persone disabili che praticano sport sono sempre troppo poche rispetto a quelle che potrebbero farlo, ma è altrettanto vero che, quando iniziative come la Giornata Nazionale si collocano all’interno di una rassegna come ReaTech, accompagnate per altro da amici di vecchia e nuova data come RCS-Gazzetta dello Sport e Unicef, tutto assume una veste ancora più significativa, perché le risposte sono molteplici, intercettando altri diritti come quello alla scuola, alla formazione, al lavoro.
È importante che emerga la figura della persona con disabilità con le sue esigenze quotidiane e nella sua globalità: cittadino a cui devono essere garantiti i propri diritti.
Noi ci occupiamo di sport, è vero. Ma anche attraverso questo si cambia la società. Chi ha potuto vedere la Paralimpiade di Londra 2012 lo capisce perfettamente.
Se riusciremo a far crescere una dimensione culturale del Paese che vada verso la giusta direzione, avremo centrato l’obiettivo. Abbiamo abbattuto molti tabù, compreso quello dell’inserimento dei nostri atleti nei Gruppi Sportivi Militari, che hanno dato un segnale chiaro al nostro Paese: lo sport è una chiave che apre ogni porta. Abbiamo gettato un seme e ogni giorno facciamo in modo che si alimenti della cultura di questo nostro Paese.
Presidente nazionale del CIP (Comitato Italiano Paralimpico). Il presente testo, curato da Claudio Arrigoni, è già apparso in “InVisibili”, blog del «Corriere della Sera.it» e viene qui ripreso, con alcuni riadattamenti al diverso contesto, per gentile concessione.
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