Il Governo afferma che il nuovo ISEE [l’Indicatore della Situazione Economica Equivalente, di cui è in corso l’iter di riforma, N.d.R.] non sarà uno strumento per fare politiche sociali, bensì uno strumento tecnico di determinazione dell’equità per l’accesso ai servizi sociali e sociosanitari.
A nostro parere, invece, l’ISEE sarà, di fatto, uno strumento selettivo, vessatorio e draconiano nei confronti delle persone con disabilità, per una serie di ragioni che qui di seguito elenchiamo.
– Innanzitutto perché – come si legge nella bozza del relativo Decreto – si vuole considerare con analitica assurdità solo tre condizioni [disabilità media, disabilità grave, non autosufficienza, N.d.R.], a fronte di un universo di vite complesse e differenti delle persone con disabilità, invece di distinguerle come persone titolari sì di eguali diritti, ma di necessità differenti.
– Una franchigia di 6.500 euro forfettaria [la detrazione prevista dalla bozza di Decreto sul nuovo ISEE, per ogni persona non autosufficiente presente nel nucleo familiare, N.d.R.] non è assolutamente equa rispetto ai veri costi che una persona con disabilità grave o gravissima e/o un caregiver familiare deve sostenere. Tale quota è considerata reddito, ma deriva tutta dai trattamenti assistenziali, previdenziali e indennitari che non devono invece costituire reddito, bensì un risarcimento di un danno sociale.
Oltre a tutto ciò, il Governo non esclude dal computo nemmeno quelle fattispecie di prestazioni espressamente erogate a fini risarcitori a fronte di danni da lavoro, per servizio e bellici. In tal caso, però, verrebbero violati consolidati istituti di diritto nazionale e internazionale e quindi i contenziosi legali sarebbero certi e in gran numero.
– L’insieme di quelle spese di cui si è detto è dunque escluso dalla franchigia e non è compreso in nessuna compensazione. Basti pensare ai costi che una persona non in grado di alzarsi, vestirsi, mangiare e bere da sola deve sostenere per tutta la vita, anche in presenza di interventi di assistenza diretta o indiretta, che comunque già oggi non coprono l’intera necessità giornaliera e le festività. Oppure il TFR [Trattamento di Fine Rapporto, N.d.R.], da accantonare, le ferie, i costi giornalieri non coperti dal contratto con colf-badanti, incluse le sostituzioni improvvise e quelle per la maternità che si devono assicurare.
– Il nuovo ISEE vorrebbe essere un livello essenziale omogeneo su tutto il territorio nazionale, ma le ultime modifiche introdotte riapriranno ampi margini discrezionali regionali e locali e questo creerà ancor più disuguaglianze e disequità con conseguenti contenziosi.
– Il risultato di questo ingiusto metodo di calcolo sarà che chi potrà continuare a pagarsi l’assistenza lo farà in “altre ben note forme” e chi non ce la farà sarà costretto a vivere in “istituto”, ovvero in una di quelle famigerate “Istituzioni totali”, con conseguenti danni economici a carico del Sistema Paese, ma con gravi costi soprattutto umani, poiché la vita in quelle strutture è paragonabile a quella dei carcerati con “fine pena mai”. Forse la disabilità è un reato talmente grave da meritare quel trattamento?
Sarà poi anche peggio per coloro che con molta fatica sono riusciti a costruirsi un percorso personale di indipendenza, ciò che non sarà più possibile per chi è in condizioni di non autosufficienza e vive da solo. Ecco, quindi, come si seppelliranno i buoni princìpi di inclusione sociale enunciati e sanciti dalla Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, dalla Legge 18/09 che l’ha ratificata e quindi dal Programma d’Azione biennale sulla disabilità enunciato dal Governo in luglio, durante la Conferenza Nazionale sulle Politiche della Disabilità di Bologna, oltre che da vari articoli della Costituzione e segnatamente dall’articolo 3 che, come ben noto, recita: «È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese». Qui invece si rischia che la sola “rimozione” sia proprio quella delle persone con disabilità, dalla società e dalla vita civile!
– Questo nuovo modello di ISEE – essendo rudimentale perché pensato per “risparmiare”, cioè senza le conoscenze basilari di modelli di Welfare State applicati alla materia – non misura in forme ponderate la specifica povertà relativa di chi ha delle disabilità e quindi sembra architettato proprio per far ritornare nella povertà assoluta le persone con disabilità.
A dimostrazione di ciò, il testo che sta procedendo non contempla in termini di tutela le situazioni di pericolo estremo riguardanti le persone non autosufficienti adulte e/o anziane che dimorano da sole. Altro che retorica del “dopo di noi” e della presa in carico sociale! Questo è semplicemente un “castigo a mezzo abbandono”!
– Non può essere etico e civile chiedere alle persone disabili un ISEE che considera le prestazioni di fattispecie come reddito, innescando situazioni perverse anche a danno dell’inclusione scolastica e della Vita Indipendente. Questi non sono privilegi, ma indispensabili strumenti per l’inclusione sociale, formativa e lavorativa, e inoltre sono soluzioni che generano risparmi e posti di lavoro per tutti, incluse le persone giovani senza disabilità.
– Questo modello di ISEE è mendace perché promette un falso risparmio e ciò è dimostrato nel caso delle persone con disabilità malate di SLA [sclerosi laterale amiotrofica, N.d.R.], che restando nella propria abitazione assicurerebbero invece risparmi alla sanità stimabili per oltre il 50%.
Anche nel campo della sanità e delle vecchie concezioni socio-assistenziali nel loro insieme, occorre una vera ponderazione statistica della spesa: a mezzo Istat vediamo voce per voce come e dove si spendono i danari pubblici nel comparto. Questa è la vera spending review che chiediamo di applicare!
– Vogliamo quindi dire basta a chi continua a indicare le persone con disabilità e le loro famiglie come “causa della crisi economica”. L’Italia spende per l’assistenza molto meno della media dei Paesi europei. Come è possibile dire che i soldi non si trovano o non ci sono quando spudoratamente in tutto il Paese vengono spesi milioni di euro per i privilegi dei Parlamentari, per gli stipendi dei Presidenti delle maggiori holding o degli Istituti Pubblici, per i “pensionati d’oro” e per le liquidazioni milionarie?
– E diciamo anche basta all’inutile battaglia contro i cosiddetti “falsi invalidi” che dopo 5 milioni di controlli ha scovato lo 0,02% di “falsi”, a fronte di ingenti costi e contenziosi, in un momento nel quale le stesse persone con disabilità e le famiglie rischiano di entrare nella fascia dei nuovi poveri, perdendo, oltre al potere d’acquisto, anche la dignità e l’uguaglianza sociale già fortemente compromesse.
– Chiediamo che si avvii un iter parlamentare atto a modificare la norma legislativa di questo nuovo ISEE, eliminando l’incidenza di tutte le provvidenze assistenziali e indennitarie dal computo di esso, almeno per le persone con disabilità in situazioni di gravità.
– Chiediamo infine il ripristino strutturale e continuativo del Fondo per la Non Autosufficienza e del Fondo delle Politiche Sociali, per garantire le prestazioni sociali e sanitarie in tutto il territorio italiano e per rendere esigibili i princìpi di inclusione sociale espressi dal citato Programma di azione biennale sulla disabilità.
Sulla materia del nuovo ISEE, suggeriamo ai Lettori la visione di un approfondimento curato dal Servizio HandyLex.org.