In uno studio pubblicato dalla prestigiosa rivista «Nature Communications», i ricercatori dell’Istituto di Neurologia Sperimentale (INSpe) dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano, coordinati da Gianvito Martino, che in tale struttura dirige la Divisione di Neuroscienze, hanno dimostrato la capacità delle cellule della pelle di essere trasformate in cellule staminali del cervello, con un importante potenziale terapeutico nelle malattie infiammatorie del sistema nervoso centrale, come la sclerosi multipla.
Lo studio – condotto su modelli murini [del topo, N.d.R.] -, mette in luce come queste cellule della pelle, una volta trasformate in staminali del cervello e trapiantate in un modello sperimentale di sclerosi multipla, siano in grado appunto di ricostruire i danni alla mielina tipici della malattia.
Il lavoro – eseguito in collaborazione con il gruppo di Elena Cattaneo dell’Università di Milano, e finanziato principalmente dall’americana NMSS (National Multiple Sclerosis Society) e dall’AISM (Associazione Italiana Sclerosi Multipla), tramite la propria Fondazione FISM – rappresenta un ulteriore passo avanti nello sviluppo di terapie a base di cellule staminali in grado di ricostruire quelle aree di mielina danneggiate, responsabili dei gravi danni neurologici legati alla sclerosi multipla.
Da ricordare anche che le cellule della pelle possono essere ottenute dallo stesso paziente, nel quale potrebbero essere trapiantate senza presentare potenziali problemi di rigetto.
Entrando maggiormente nel dettaglio dello studio di cui si parla, va detto che le cellule della pelle possono essere trasformate in staminali del cervello mediante la cosiddetta riprogrammazione cellulare. Utilizzando un “cocktail di molecole”, infatti, si può trasformare, in laboratorio, una cellula della pelle in una staminale embrionale che, a sua volta, può diventare una staminale del cervello.
Mentre la riprogrammazione cellulare è un procedimento già noto – scoperta che ha consentito tra l’altro al giapponese Shinya Yamanaka di ricevere nel 2012 il Premio Nobel per la Medicina – non era ancora noto il potenziale terapeutico di queste cellule, in malattie infiammatorie del sistema nervoso centrale come la sclerosi multipla.
La mielina, guaina glicoproteica che ricopre le fibre nervose, è essenziale nel favorire e accelerare la trasmissione degli impulsi elettrici con cui le cellule del sistema nervoso comunicano tra di loro. Nella sclerosi multipla, il danneggiamento di questa guaina (demielinizzazione), indotto da eventi infiammatori la cui origine è tuttora sconosciuta, determina in varie aree del cervello e del midollo spinale dei pazienti un danno permanente e irreversibile (placche), responsabile dell’accumularsi nel corso degli anni di handicap psicofisici.
Ad oggi i pazienti con sclerosi multipla nel mondo sono più di 2 milioni e 300.000, 68.000 dei quali solo in Italia, e decine di migliaia di nuovi casi si registrano ogni anno.
Si stima che la malattia – la quale colpisce prevalentemente i giovani adulti e più le donne degli uomini – abbia un elevatissimo costo sociale (circa 38-39.000 euro per paziente all’anno), rappresentando dunque un’emergenza clinica e anche sociale.
Le terapie fino ad oggi a disposizione sono basate principalmente sull’utilizzo di farmaci immunosoppressori o immunomodulanti che hanno però un’utilità soprattutto preventiva, poiché non hanno alcun effetto terapeutico nelle fasi tardive di malattia e/o quando il danno mielinico si è già instaurato.
«Questa scoperta – sottolinea Gianvito Martino -, apre nuove prospettive per i malati di sclerosi multipla poiché potrebbe rappresentare la base per lo sviluppo futuro di terapie innovative a base di cellule staminali, in grado di affrontare la malattia anche quando questa si sia già instaurata e il sistema nervoso del malato sia già compromesso».
In sostanza, i ricercatori del San Raffaele di Milano hanno dimostrato che la somministrazione per via intracerebrale di cellule neurali staminali – cioè di cellule multipotenti in grado di differenziarsi in neuroni e in cellule che producono mielina (oligodendrociti), derivate dalle cellule della pelle – possono determinare un significativo miglioramento, sia clinico che neuropatologico, della malattia. Le cellule trapiantate riducono infatti l’entità del danno e sollecitano la produzione di nuova mielina capace di riavvolgere in maniera appropriata i nervi “denudati” dal processo infiammatorio. Una “protezione”, questa, che avviene in maniera rapida e adeguata, poiché mediata da un fattore solubile neuroprotettivo prodotto dalle cellule trapiantate, denominato Leukemia Inhibitory Factor (LIF), e non dalla sostituzione delle cellule danneggiate con quelle trapiantate.
Se quindi altre terapie basate su cellule staminali neurali si erano già in passato dimostrate efficaci nei modelli sperimentali di sclerosi multipla, questa nuova scoperta relativa all’effetto terapeutico delle staminali derivate dalla pelle costituisce un ulteriore e deciso passo in avanti, perché potrebbe, in un futuro non lontano, far sì che cellule staminali neurali vengano prodotte dal paziente stesso, evitando problemi di rigetto ed effetti collaterali imprevedibili.
«La strada – aggiunge però Martino – rimane ancora lunga, pur se i presupposti ci sono tutti. La speranza è quindi che nei prossimi anni tutto questo sforzo possa portare a un miglioramento dell’armamentario terapeutico a disposizione dei malati con sclerosi multipla». (B.E.)
Per ulteriori informazioni e approfondimenti: Barbara Erba (barbara erba@gmail.com).
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