Vorrei raccontare oggi una bella storia, una storia di amicizia, di quelle vere, che si sviluppano nel tempo.
Vincenza è mia suocera, è entrata nella mia vita quasi diciotto anni fa, quando ho sposato suo figlio Claudio e non è mai stata una suocera nel senso tradizionale del termine. Infatti, non mi sono mai sentita minacciata, né mi ha mai criticata davanti al figlio. Anzi, negli anni ho imparato a conoscere la sua gentilezza fatta di gesti, non solo verso di me.
Ricordo ancora, ad esempio, che eravamo a pranzo da lei, anche con i miei genitori, quando vedemmo che preparava un piatto in più, un piatto in più di tutto, primo, secondo e dessert, e poi lo metteva in un vassoio. «È per il vicino del piano di sopra – ci spiegò con semplicità -, è rimasto solo e non sa cucinare, così gli mando il pranzo e la cena».
Con il marito formava una coppia litigiosa, ma in autunno non mancava mai di mandarmi le caldarroste, perché sapeva che mi piacevano, e i ciambelloni con i pinoli che raccoglievamo a Genzano di Roma. Raccoglieva la cicoria e la mandava a mio padre per mezzo di mio marito, che mangiava con lei durante la settimana, come fa tuttora, perché il suo lavoro è vicino a lei e dall’altra parte della nostra attuale casa.
Con Giovanni, però, mio figlio con autismo, il rapporto è stato relativamente limitato, mentre era in vita nonno Renato, suo marito. Era lui, infatti, a catturarne l’attenzione, con giochi e scherzi ed è stato così fin quasi alla fine, quando se n’è andato per un tumore, che in un anno o due aveva spento la sua allegria.
Quando è mancato, per un po’ le cose sono rimaste come prima; andavamo a trovare Vincenza, ma Giovanni si guardava intorno in cerca del nonno, e salutava tranquillamente la nonna, nulla di più.
Poi, una notte, Vincenza – la forte ultraottantenne che voleva vivere da sola – si è sentita male, ed è stata trovata al mattino dal figlio, paralizzata a causa di due ischemie al tronco cerebrale. Ne è uscita con problemi a camminare, a ricordare, e con un cambiamento della sua vita e del suo modo di vedere le cose. Non può più preparare castagne, pomodori o cicoria e non può più andare al mare da sola quando le piace.
Ma Giovanni, il mio “ragazzo speciale”, è completamente cambiato nei suoi confronti. Ora, di quando in quando, la nonna viene da noi per mezza giornata, il sabato, per permettere alla badante di uscire e al fratello di mio marito di occuparsi della sua famiglia. E Giovanni la aspetta con impazienza.
Il loro momento arriva dopo il riposo dalle 14 alle 16, quando la nonna entra nella camera del nipote, si siede sul divano e si intrattengono finché è ora di tornare a casa. Giovanni le fa sentire la musica, e guardano i suoi video. Ridono a battute che spesso sono sempre le stesse, come le musiche, senza che questo li stanchi mai.
Con la sua “nonnina”, Giovanni non urla mai, non è mai aggressivo. Per lui non è facile, come sedicenne autistico, per il quale le urla sono spesso in agguato a causa di un rumore improvviso, o anche solo per una giornata in cui l’energia ormonale è davvero alle stelle. Ma non succede davvero mai. E Vincenza chiede solo distrattamente se va a scuola e se gli piace, ma della sua risposta, non le importa nulla.
Giovanni e Vincenza vivono un tempo tutto loro, senza fretta e senza la necessità di inventarsi cose nuove, nuovi rituali o grandi discorsi.
A volte mi metto dietro alla porta e sento le loro risate sincere e libere, sento che mio figlio sta ballando, a modo suo, mentre la nonna lo guarda e gli dice: «Ma come sei bravo!». Oppure Vincenza commenta i video che Giovanni le mostra, ridacchiando e commentando che i protagonisti sono proprio un poco stupidi.
Quando li ascolto, quando vedo la loro serenità che traspare dall’armonia di quei momenti, quasi invidio la loro amicizia e silenziosamente spero che possa durare a lungo e che venga concessa a entrambi una lunga vita, fatta di questi preziosi momenti.
Vincenza non li ricorderà a lungo, ma non importa: Giovanni glieli farà rivivere, uguali o solo con piccoli variazioni, ogni volta, senza stancarsi, anche se la sua memoria è migliore. Lui sa che dev’essere la “memoria della sua nonnina”, la memoria di quell’amicizia. E svolge quel compito alla perfezione, costruendo per lei un mondo in comune che può controllare e riempire di serenità e di calore, per quella “bambina” che è tornata ad essere mia suocera.
Giovanni, per qualche ora, è per la nonna il custode di un giardino segreto in cui lei può ricaricare la sua anima. E Vincenza è per Giovanni qualcuno di cui, finalmente, prendersi cura ed essere protagonista di un evento.
Ma al di là di tutte le definizioni, le ipotesi, i pensieri di una mamma e di una nuora felice, sorpresa da questo, sono loro: Vincenza e Giovanni, due protagonisti di una bellissima storia di amicizia.
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