La RAI provi a diffondere la cultura della disabilità

di Fulvio De Nigris*
Non basta, secondo Fulvio De Nigris, una trasmissione “riparatrice”, per rimediare a quanto dichiarato in diretta da Alda D’Eusanio, nei confronti di una persona uscita da un lungo stato vegetativo. «Siete un servizio pubblico - dichiara De Nigris, rivolgendosi direttamente alla Presidente della RAI - e quindi potete e dovete approfondire e rappresentare la realtà della disabilità, anziché raccontarla solo quando fa notizia o scandalo!»
Anna Maria Tarantola
Anna Maria Tarantola, presidente della RAI

Gentilissima Anna Maria Tarantola, la trasmissione riparatrice annunciata per oggi [7 novembre, N.d.R.] dalla RAI, con scuse e riflessioni su quello che è successo nei giorni scorsi (l’infelice appello di Alba D’Eusanio a sua madre, rispetto alla storia di Max Tresoldi, che si è risvegliato da un coma lungo dieci anni: «Se dovesse accadermi quello che è accaduto a Max ti prego non fare come sua mamma, quella non è vita» [se ne legga già anche nel nostro giornale, N.d.R.]), non basta.
Dietro l’uscita di D’Eusanio – che ha avuto almeno il coraggio di dire qualcosa che, purtroppo, altri pensano senza dirlo – c’è l’indirizzo di un’azienda pubblica che ha cercato di spalmare la disabilità nei suoi palinsesti, con il risultato di diluirla fino quasi a farla scomparire.
Trasmissioni come Racconti di vita di Giovanni Anversa, rubriche come Abilhandicap di Nelson Bova, sono solo un ricordo. Come la puntata di Porta a Porta, interamente dedicata alle storie di famiglie che accudiscono persone in stato vegetativo.
È aumentata la sensibilità, ma non c’è cultura su questi temi, e in particolare sulle persone con esiti di coma o stato vegetativo. Se ne parla poco. Se non per la componente emozionale o aspettando il caso eclatante di turno per cavalcare la notizia. Ma anche quando ciò accade, non è automatico affrontare il tema con obiettività.
Voglio ancora ricordare l’atteggiamento di Fabio Fazio che, nonostante il grande clamore sulla stampa suscitato da una puntata di Che tempo che fa, sbilanciata sulle posizioni di Beppino Englaro e di Mina Welby, ostinatamente rifiutò di raccontare anche le vite differenti di chi giorno per giorno combatte contro una società ostile.

Gentilissima Presidente, dobbiamo combattere l’ostilità, ma c’è un pericolo ancora più grande: l’indifferenza. Dietro e a fianco di Max Tresoldi, c’è una famiglia tenace e determinata che ha avuto la forza di lottare e ci sono professionisti della sanità e Associazioni che combattono per far valere i diritti di queste persone. Che sono gli stessi diritti sanciti dalla Costituzione.
Chi scrive fa parte del “Tavolo sugli Stati Vegetativi e di Minima Coscienza” al Ministero della Salute. Stiamo per completare un documento che verrà sottoposto al Ministro della Salute e alle Regioni perché l’azione che tutti insieme dobbiamo compiere risponda veramente ai bisogni e alle necessità di migliaia di famiglie in condizione di estrema fragilità.
Quando oggi le luci si spegneranno, tutto tornerà come prima. Aspettando un’altra Alba D’Eusanio che dica qualcosa di scorretto. È la stessa luce che si spegne quando le famiglie dall’ospedale tornano a casa. Lì si apre un percorso riabilitativo di ritorno alla vita, che rimane nell’abbandono e non interessa a nessuno, se non ai diretti interessati e alla loro cerchia familiare e amicale. A meno che non ci sia un altro risveglio miracoloso o che qualcuno urli, si incateni o parli di malasanità.

La RAI deve impegnarsi perché non sia più così. Accanto al Segretariato Sociale, bisognerebbe ritornare a produrre trasmissioni, magari dedicando anche un canale satellitare al tema. Noi per le nostre competenze potremo aiutarvi. È un tema che fa paura, non fa audience? Siete un servizio pubblico. Potete fare quello che altri non fanno: dare valore al canone che paghiamo, per approfondire e rappresentare questa realtà, e non raccontarla solo quando fa notizia o scandalo.

Direttore del Centro Studi per la Ricerca sul Coma dell’Associazione Gli Amici di Luca di Bologna.

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