Qualche giorno fa, di domenica, a Sirmione (Brescia), sul Lago di Garda. Varco la porta delle Terme Aquaria e scopro con sorpresa quanto sia facile accedervi. Una recente ristrutturazione, infatti, ha reso lo stabile accessibile, “a norma”, mi verrebbe da dire. C’è persino lo spogliatoio dedicato alle persone con disabilità. Ma poi, una volta dentro, manca il sollevatore per scendere in piscina (zona che deve ancora subire lavori di riattamento) e alcuni scalini impediscono l’accesso alle aree delle saune e delle sale relax polisensoriali. Peccato. Ma soprattutto uno dei tanti esempi di come il concetto di abbattimento delle barriere architettoniche sia vissuto dagli esercenti pubblici o privati come un obbligo di legge e non come un’occasione per soddisfare le aspettative di una clientela che ha particolari esigenze.
Alle Terme ho girato le ruote e mi sono fatto una bella passeggiata per Sirmione che, citando Catullo, è «la più bella di tutte le isole e penisole che Nettuno solleva sulle acque diverse dei laghi trasparenti o del mare immenso». In altre parole, due persone in meno da segnare sull’incasso della giornata. O forse di più (le persone con disabilità sono circa il 5% della popolazione italiana).
Penso poi anche agli anziani con problemi di deambulazione a cui un sollevatore per scendere in acqua potrebbe servire. Mi capitò alle Terme di Merano, in Alto Adige, di assistere proprio a una scena in cui una signora, di età avanzata, vedendomi scendere in acqua con un seggiolino meccanico, ne approfittò, con gioia, per farsi calare in acqua. Per la cronaca anche le Terme di Saturnia, in provincia di Grosseto, sono dotate di sollevatore.
Non ho dati da portare sul numero di accessi di persone con disabilità alle terme. Posso solo fare due conti in tasca a me stesso: a mezzodì mangio e quindi consumo al bar della struttura cibi e bevande, leggo e di conseguenza se vendono riviste le compro e se ho voglia mi faccio fare qualche trattamento (magari un massaggio ai muscoli della schiena perennemente contratta).
Voilà, mi sono scoperto un cliente pagante. Ecco l’occasione. Anche economica – e così rispondo preventivamente a chi mi scriverà che c’è la crisi e non si possono spendere soldi anche per le persone con disabilità . Ogni tanto, soprattutto in questi momenti di difficoltà, si dovrebbe guardare oltre. Bastano due o trecento euro per una pedana in legno, più o meno un migliaio di euro per un sollevatore.
Certo, poi, alcuni interventi, come quelli attuati alla Sacra di San Michele, in provincia di Torino (che invito tutti a visitare), un’abbazia del 983-987 d.C. appollaiata sulla sommità del Monte Pirchiriano, richiedono milioni di euro. Risultati eccezionali, grazie a un ascensore nella roccia, vanificati però da un dettaglio. Non ci sono infatti le indicazioni del percorso accessibile che porta all’ingresso dedicato. Un’altra occasione sciupata.
Perché, a ben guardare, l’accessibilità c’è e non si conosce. Ed è il caso del Trenino Bernina Express. Un mio weekend di fine settembre era iniziato con la solita arrabbiatura. Quando avevo pianificato la gita, di tutto mi ero preoccupato, tranne che del sottopasso che dal parcheggio porta alla Stazione di Tirano (Sondrio). Chi poteva immaginare che da un lato ci fosse una magnifica rampa e dall’altra, invece, un’importante scalinata? Piccola pecca in una giornata quasi perfetta fatta di panorami mozzafiato, scoscesi dirupi, laghetti dall’apparenza gelida e un ghiacciaio piccolo piccolo, figlio del disgelo.
Il Trenino del Bernina e i sessanta chilometri che percorre attraversando le Alpi, per chi non lo sapesse, è uno dei Patrimoni dell’Umanità selezionati dall’Unesco. E in virtù di questa peculiarità, sono stati compiuti notevoli sforzi per renderlo veramente accessibile a tutti. Così alcune carrozze del treno rosso che da Tirano in Valtellina porta a Sankt Moritz sono state attrezzate per accogliere gli ospiti in sedia a rotelle o con disabilità.
Ho voluto provare tutte le soluzioni disponibili e cosi all’andata sono salito sulle carrozze panoramiche, mentre al ritorno ho scelto la seconda classe sul treno di linea che fa quasi tutte le fermate. Nel primo caso si viene caricati con un muletto e si passa attraverso una stretta porta automatica (sopra i 62 centimetri di larghezza – ricordiamolo – una sedia non passa), nel secondo, più recente, l’entrata è a livello della banchina (a Sankt Moritz sono in programma lavori di adeguamento e per il momento c’è uno scalino) e si dispone anche di un ampio bagno attrezzato (per fare una prova sono entrato e ho ruotato la carrozza di 360 gradi. È comunque utile chiamare per richiedere assistenza o la Stazione di Tirano, 0342 701353, o il Call center Handicap FFS, 0041 (0)51 225 78 44).
Per il resto basta godersi questa piccola magia. È buffo scoprire quante cose si riescano a cogliere quando un treno a scartamento ridotto si inerpica passando da 400 metri agli oltre 2.000 del passo.
In un mondo dove tutto è fast, veloce, rapido, immediato, questo trasporto lento e cadenzato (che percorre il tragitto in due ore e mezzo alla velocità di circa 30 chilometri all’ora) fa riassaporare la gioia del tempo. E questa è un’occasione da non perdere.