La più avveniristica si chiama LURCH (acronimo di Let Unleashed Robots Crawl the House), come il maggiordomo della Famiglia Addams, e si muove con la forza del pensiero. Ma c’è anche quella con sistema di sollevamento incorporato e controllo tramite mimica facciale.
Sono solo due esempi di prototipi di sedie a rotelle del futuro, ausili indispensabili per le persone con disabilità motoria, al centro di progetti innovativi che uniscono tecnologia, semplicità d’uso, comfort e bellezza. Sì, bellezza, perché sono finiti i tempi delle carrozzine grigie tutte uguali, con un’aura di sconforto che non faceva bene né a chi ci stava seduto sopra, né a chi le incrociava per strada.
Diciamo la verità, un po’ della “cattiva” reputazione dei disabili, visti come esseri tristi e mesti, era dovuta all’aspetto deprimente degli ausili per l’autonomia. Nessun pensiero infelice, invece, ci attraversa guardando l’ultima versione supercompatta di sedia a ruote, riponibile comodamente nel bagagliaio di un’utilitaria o nel portabagagli di un aereo.
Il segreto sta nelle grandi ruote pieghevoli che da rotonde diventano ellittiche, senza nulla perdere in robustezza e sicurezza. Le ha inventate Duncan Fitzsimons, brillante studente inglese di design che ha colorato queste curiose ruote di un rosso che non passa certo inosservato.
Duncan ha messo a frutto i suoi studi, ma ha fatto anche di necessità virtù, dal momento che egli stesso è una persona con disabilità e proprio questa condizione gli ha suggerito di adattare al suo mezzo di locomozione il sistema utilizzato per le city bike richiudibili.
Non è del resto un caso che buona parte dei progetti più sorprendenti di carrozzine high tech siano scaturiti dall’idea di persone con handicap che non muovono le gambe, ma sanno dove mettere le mani, quando si tratta di rendere più funzionale un ausilio che anch’essi utilizzano ogni giorno.
Come Salim Nasser, designer disabile vincitore del concorso statunitense Create the Future. Il sistema che gli ha consegnato la vittoria si chiama Rowheel, un incrocio tra remo (row) e ruota (wheel) e consente alle persone con un uso delle braccia intatto di spingere manualmente la carrozzina con un minimo sforzo, così da scongiurare deformazioni agli arti superiori e forme di dolore cronico. Il movimento da compiere, simile a quello dei rematori, funge da leva e trasferisce sulle ruote una forza maggiore.
Rowheel è applicabile a qualunque sedia a rotelle, basta agganciare l’ingegnoso ingranaggio al centro della ruota.
Naturale, poi, che l’Italia, Paese di Leonardo da Vinci, non stia a guardare. Ne è un esempio lampante il casuale incontro fra tre giovani talenti di casa nostra, affascinati dalle reciproche invenzioni: Stefano Troncone, ingegnere meccanico pugliese, creatore di Javy, l’unica carrozzina con sollevatore integrato, Simone Soria, ingegnere informatico affetto da tetraplegia spastica, ideatore del software FaceMOUSE per la gestione del computer tramite movimenti a distanza e Giancarlo Garibaldi, imprenditore milanese che ha pensato di unire i due brevetti e di creare la prima sedia a rotelle elettronica con sistema di sollevamento e controllo con mimica facciale.
Uno strumento rivoluzionario, questo, che dovrebbe entrare a breve sul mercato per facilitare la quotidianità delle persone con grave disabilità e delle loro famiglie. Sulla carrozzina è installato un piccolo computer che, tarato secondo le esigenze della persona, rende possibile qualsiasi spostamento con il solo movimento del naso, delle labbra o delle palpebre.
Un’autentica rivoluzione, dunque, per chi non muove le mani, ma anche un valido aiuto per tutti gli assistenti che, grazie al sistema Javy, parte integrante della carrozzina (in pratica una semplice imbracatura collegata ad una leva), potranno sollevare facilmente la persona disabile, anche se un po’ in carne, con una minima fatica (con uno sforzo di soli 4 chili si può alzare una persona di 90!).
Ma è nel Dipartimento di Robotica e Intelligenza Artificiale del Politecnico di Milano che la fantascienza incontra la realtà e supera la fantasia. Gli ingegneri stanno infatti studiando una versione robotizzata di carrozzina controllabile con il pensiero.
Si tratta della già citata LURCH, che sinora è soltanto un prototipo che fa ben sperare per il futuro, ma anche le sue attuali possibilità lasciano senza parole. Alla sedia sono state applicate diverse modalità di interazione modulabili in base alle capacità di movimento di chi la utilizza: si va dal joystick wireless (senza fili) all’interfaccia comandabile con un tocco delle dita (touchscreen), fino al sensore che cattura il più piccolo movimento facciale e lo trasforma in un comando per la carrozzina. LURCH evita da sola gli ostacoli e presto arriverà la versione con comandi vocali, in attesa di “imparare” a leggere nella mente di chi la usa.
E un giorno non lontano, parafrasando il film Blade Runner, i disabili potranno dire ai “normodotati” «noi ci muoviamo con cose che voi umani cosiddetti normali non potete nemmeno immaginare»!
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