Con un’Ordinanza prodotta il 6 settembre scorso, il Tribunale Civile di Vigevano (Pavia) ha accolto un ricorso con il quale i genitori di un’alunna con grave disabilità certificata avevano impugnato per discriminazione il provvedimento dell’Ufficio Scolastico Provinciale che aveva assegnato solo dodici ore di sostegno.
L’Ordinanza è interessante non tanto per il fatto che il Ministero sia stato condannato per discriminazione ai sensi della Legge 67/06 (Misure per la tutela giudiziaria delle persone con disabilità vittime di discriminazioni), giurisprudenza ormai consolidata specie in Lombardia, a partire dall’accoglimento di un ricorso collettivo promosso quasi tre anni fa dalla LEDHA (Lega per i Diritti delle Persone con Disabilità), quanto perché è una delle prime volte – forse addirittura la prima a livello nazionale – in cui il diritto al sostegno viene esercitato vittoriosamente nei confronti di una scuola paritaria.
Il Tribunale ha sostenuto che comunque tale scuola non poteva autonomamente aumentare le ore di sostegno, poiché le riceve dal Ministero, e quindi non l’ha condannata, né ha condannato l’Ufficio Scolastico Provinciale e quello Regionale, ritenendole semplici “articolazioni amministrative interne” del Ministero stesso e condannando quindi solo quest’ultimo.
In termini pratici, la condanna con questo tipo di Ordinanze o Sentenze consiste nell’obbligare la parte soccombente – il Ministero – a cessare l’azione discriminatoria, assegnando, nel caso in questione, le ore indicate nel PEI (Piano Educativo Individualizzato), e cioè il rapporto di uno ad uno «per tutta la durata dell’orario scolastico».
Interessante, e certamente tale da far riflettere, è anche la motivazione dell’Ordinanza, in particolare quando si scrive che «la scelta dell’amministrazione scolastica di ridurre le ore di sostegno […] non e giustificata ed è, per tale motivo, idonea a concretare una discriminazione indiretta, vietata ai sensi della l. n. 67\06, perlomeno tutte quelle volte in cui non si accompagni ad una analoga corrispondente riduzione delle ore di insegnamento in capo agli studenti normodotati».
Innanzitutto va ritenuta come discutibile l’affermazione del Tribunale che l’Ufficio Scolastico Regionale sia una mera articolazione interna del Ministero, dal momento che, in base al decentramento amministrativo, ormai gli Uffici Scolastici Regionali (correttamente non quelli Provinciali) sono dotati di propria personalità giuridica e godono di piena autonomia amministrativa. E infatti tutte le Sentenze dei Tribunali Amministrativi Regionali (TAR) condannano, oltre al Ministero, anche gli Uffici Scolastici Regionali.
È poi da ritenere trattarsi di ore concernenti una scuola primaria paritaria parificata, dal momento che solo per esse lo Stato è tenuto a fornire il pagamento dei docenti, ivi compreso quello per il sostegno. Per tutti gli altri ordini di scuole paritarie, invece, l’ultimo comma della Legge 62/00 sulla parità scolastica riconosce solo un contributo forfettario che, di fatto, si aggira intorno ai 2.000 euro annui.
Questa ipotesi è rafforzata dalla considerazione che la condanna riguarda il rapporto di uno a uno per tutta la durata dell’orario scolastico ed è appunto solo nella scuola dell’infanzia e in quella primaria che esso coincide con la durata di tutto l’orario scolastico. Nelle scuole secondarie, infatti, il sostegno massimo coincide con l’intera cattedra, che è di diciotto ore, e le poche decisioni che hanno assegnato il rapporto di uno a uno per tutta la durata dell’orario scolastico sembrano ignorare la cultura dell’inclusione, secondo cui l’alunno deve avere rapporti prevalenti con i docenti curricolari e con i compagni, cosa assai difficile se l’alunno stesso è isolato con il docente per il sostegno per tutte le ore di insegnamento.
Un altro aspetto interessante è dato dal fatto che il Tribunale abbia stabilito che l’Amministrazione Scolastica non possa discrezionalmente distaccarsi nella quantificazione delle ore di sostegno dal numero indicato nel PEI e formulato dal GLHO (Gruppo di Lavoro Handicap Operativo), di cui all’articolo 12, comma 5 della Legge 104/92.
Ebbene, è forse per la prima volta che una decisione è così esplicita su questo punto, anche se non viene data una motivazione esaustiva di tale affermazione. Una spiegazione logica potrebbe essere che il PEI è formulato dalla scuola in dialogo con gli operatori sociosanitari e con la famiglia, soggetti che conoscono tutti i bisogni educativi dell’alunno e quindi possono seriamente proporre all’Amministrazione Scolastica il numero delle ore richieste, per rispondere alle effettive esigenze dello stesso.
Oggi, per altro, abbiamo anche una spiegazione formale, costituita dall’articolo 10, comma 5 della Legge 122/10, secondo cui le ore di sostegno e delle altre risorse umane necessarie debbono essere indicate nel PEI. La Legge, però, non si spinge sino a dire che il numero di ore indicato nel PEI sia vincolante per l’Amministrazione Scolastica, come ha fatto invece il Tribunale di Vigevano.
Ciò che invece lascia assai perplessi è quella parte della motivazione, già sopra citata. Infatti, il Tribunale – per accogliere la tesi della discriminazione – deve dire che ridurre le ore di sostegno a un alunno con disabilità non sarebbe discriminatorio se contemporaneamente l’Amministrazione Scolastica avesse ugualmente ridotto il numero delle ore ai compagni non disabili. Siccome però ha tagliato solo le ore di sostegno – senza ridurre le ore curricolari ai compagni – c’è discriminazione.
Questa argomentazione è perfettamente logica sul piano della Legge 67/06 sulla non discriminazione delle persone con disabilità, ma risulta assolutamente fuori della logica dell’inclusione scolastica; anzi, essa legittimerebbe la deriva degli ultimi anni della delega assoluta o quasi del progetto inclusivo ai soli docenti per il sostegno da parte dei docenti curricolari.
Ed è anche questo il motivo maggiore che ha spinto chi scrive – sin dal momento del succitato prestigioso ricorso collettivo sostenuto dalla LEDHA (e accolto) – ad avere perplessità sull’opportunità di utilizzare la Legge 67/06 per ottenere più ore di sostegno, rispetto all’ormai consolidata giurisprudenza dei ricorsi ai TAR, per l’annullamento dei provvedimenti di assegnazione di ore in numero inferiore a quello richiesto nei PEI.
Dal momento infatti che i risultati pratici sono gli stessi, mi permetto di insistere con i colleghi avvocati che continuano in questa strategia giudiziale a dismetterla, per quanto concerne la sola richiesta delle ore di sostegno, poiché si contribuisce – con motivazioni come quelle necessariamente espresse dal Tribunale di Vigevano – ad affossare la cultura dell’inclusione scolastica che dev’essere prioritariamente realizzata dai docenti curricolari, “sostenuti” (ma non sostituiti) dai docenti specializzati.
Ovviamente, perché ciò si realizzi pienamente, è indispensabile che i docenti curricolari abbiano una formazione iniziale e una ricorrente obbligatoria in servizio sulle didattiche inclusive, ma il Ministero ancora non ha attuato tale normativa e speriamo che lo faccia adesso che l’articolo 16 della Legge 128/13 sulla scuola ha introdotto il principio dell’aggiornamento obbligatorio in servizio.
Senza poi nemmeno trascurare il fatto determinante che il Ministero non vigila sufficientemente nemmeno sul rispetto dell’articolo 5, comma 2 del Decreto del Presidente della Repubblica (DPR) 81/09 il quale fissa a venti il tetto massimo di alunni nelle classi con disabili, ovvero un numero ridotto di scolari, proprio per consentire ai docenti curricolari di occuparsi seriamente dei propri alunni con disabilità.
Potrà dunque questa provvidenziale Ordinanza proveniente dal Tribunale di Vigevano indurre l’Amministrazione Scolastica a riprendere in mano questi fondamentali aspetti della cultura e della conseguente normativa dell’inclusione scolastica, come è stato anche fortemente richiesto nella mozione finale del prestigioso convegno internazionale La Qualità dell’integrazione scolastica e sociale, svoltosi la scorsa settimana a Rimini, a cura del Centro studi Erickson?