Ho letto con molto interesse e attenzione l’articolo di Stefania Delendati pubblicato da «Superando.it», con il titolo Che personaggio strano, il “disabile normale”. In esso vi si esprimono una serie di riflessioni che non possono non essere condivisibili.
Vi viene però citata la Danimarca, Paese in cui, scrive Delendati, «va regolarmente in onda TV Glad, ovvero la “TV Felice”, una televisione fatta, esclusi i tecnici, da persone con disabilità mentale». Vorrei perciò porre l’attenzione anche sul fatto che è proprio la Danimarca la nazione che ha previsto che nel 2030 non nasceranno più bambini con sindrome di Down. Ovviamente con la diagnosi precoce e la soppressione dei feti.
Chi scrive ha un figlio con sindrome di Down di 38 anni e anche se non sempre ci sono stati momenti facili in tutti questi anni, posso assicurare che la mia vita sarebbe stata molto meno significativa di come invece lo è stata grazie alla sua presenza. Quei concetti all’insegna dell’eugenetica selettiva mi hanno chiaramente creato sofferenza. E non credo basti una trasmissione televisiva come TV Glad, perché – alla luce di quanto detto – la Danimarca possa essere considerata come sinonimo di inclusione, cultura, rispetto ecc.
Ovviamente questo non è un appunto sulle riflessioni di Stefania Delendati – alla quale voglio invece fare i complimenti per la lucida analisi sulla disabilità in televisione – ma solo una mia personale riflessione.