La scuola e l’istruzione sono un diritto. Sembra banale affermarlo. Basta leggere la nostra Costituzione, anche se non dovrebbe essercene nemmeno bisogno. Eppure… Già, c’è sempre quell’eppure a mostrare che i diritti a volte non sono proprio per tutti. Almeno non lo sono nella stessa maniera. Cosa che può portare a non esercitarli.
Ci sono, fra bambini e bambine che iniziano il percorso scolastico, anche coloro che hanno problemi uditivi, alcuni sordi profondi. I dati non sono, come spesso capita in queste situazioni, precisi. Ma ci sono. Per loro, l’insegnamento è, tranne in rari casi, simile a quello per tutti gli altri. E accade che abbandonino la scuola. Ora si cerca, attraverso lo studio di esperti sensibili e la nascita di nuovi strumenti, di fare in modo che non sia più così.
Partiamo da alcuni dati. Uno studio dell’Istat del 2011 sull’integrazione degli alunni con disabilità nella scuola italiana rileva che, di tutti i bambini che frequentano quella primaria, l’1,8% sono sordi profondi (giustamente distinti da coloro con ipoacusia, quella condizione, cioè, in cui rimane anche solo un minimo di residuo uditivo). I sordi profondi della scuola secondaria di primo grado sono l’1,3% degli studenti. Quindi, solo all’interno delle scuole dell’obbligo, nel passaggio dalla primaria alla secondaria, i ragazzi sordi sono già diminuiti di un quarto. Poi, le cifre finiscono. Non ci sono dati precisi sulla frequenza di alunni sordi nella scuola secondaria di secondo grado e nell’università. Comparando con studi che riguardano la disabilità in generale, si può pensare che siano minoranza della minoranza. Chi lavora con i sordi sa che è relativamente raro che vi siano giovani con sordità acuta che frequentino le superiori di secondo grado e che sono pochi i laureati sordi in Italia. Dunque, i sordi abbandonano presto la scuola: perché?
Da questa domanda è nato uno strumento unico, che copre un buco didattico inspiegabilmente lasciato aperto in passato: un manuale al quale fra poco se ne affiancherà un altro dedicato ai docenti, per insegnare l’italiano agli studenti sordi.
Corso di italiano per chi non sente (e per i suoi compagni udenti) (Raffaello Cortina, 2013) è partito dall’esperienza che alcune docenti esperte (Sara Trovato, Chiara Branchini, Emilia Filtz, Laura Pagani, Lisa Pavesi, Ilaria Prigione, Sonia Sorgato) hanno fatto insegnando l’italiano a sordi stranieri, nell’àmbito di un’iniziativa del Servizio Sordi del Comune di Milano. Ne è uscito un testo straordinario, che ogni insegnante dovrebbe studiare, per essere pronto a comprendere le situazioni e utilizzarlo.
Come poi già accennato, a questo, fra qualche mese, si affiancherà, sempre per i tipi di Raffaello Cortina, Insegno in segni, scritto questa volta dalla sola Sara Trovato, che è invece un libro di didattica destinato agli insegnanti e che approfondisce la ricerca sulla sordità, in Italia e all’estero, la linguistica, la lettura, la scrittura, la cognizione per le persone sorde, illustrando varie metodologie didattiche.
Dice la stessa Trovato, che insegna Sociologia dell’Educazione all’Università di Milano-Bicocca, spiegando il Corso di italiano: «È un libro di testo per gli studenti, da usare in classi dove ci sono alunni sordi, segnanti e non segnanti, italiani e stranieri, oralisti con protesi o impianto cocleare, in classi bilingui, con attività da condividere con gli studenti udenti, oppure classi di italiano di soli studenti sordi, per l’autoapprendimento, per gli studenti che sono arrivati tardi alla prima lingua, che hanno un maggiore bisogno di gradualità rispetto agli altri, e, per finire, per gli studenti sordociechi». Anche sordociechi, sì, con la collaborazione della Lega del Filo d’Oro, Associazione impegnata da anni in tale àmbito.
Una minoranza fra gli studenti, certo, ma che deve avere strumenti adeguati. L’insegnamento della lingua a persone sorde è ancora pieno di incognite: «Chi ha fatto ricerca sulle lingue orali lette e prodotte da sordi – dichiara ancora Trovato – ha coniato delle espressioni. La lingua orale, ci dicono, nuoterebbe in un mare sconnesso, privo di legami sintattici, da cui emergono “isole lessicali”, o “isole di parole-contenuto”, cioè di parole dal significato pieno, come i nomi, gli aggettivi, le radici dei verbi. Invece parole funzionali come le preposizioni, gli articoli, gli ausiliari, la morfologia finale di verbi e nomi sarebbero sommerse, come Atlantide: impercettibili per i nostri lettori sordi. Ma abbiamo capito benissimo che senza queste parole funzionali non ci si capisce più. E allora, come fanno i sordi a saltare da un’“isola” all’altra, a ricostruire i nessi mancanti? Ecco quindi una buona domanda per gli insegnanti».
Studi statunitensi hanno riscontrato che soltanto il 10 % dei sordi legge come un ragazzo di terza media o meglio. Circa il 60 % degli studenti sordi che abbandonano la scuola legge come un ragazzo di quarta elementare o peggio. Si ipotizza che l’abbandono scolastico dei sordi sia legato a scarse capacità di lettura. Non solo: questa influisce in ogni settore e momento della vita.
Ecco perché avere strumenti migliori di insegnamento diventa fondamentale perché una parte della popolazione non sia tagliata fuori dalle opportunità che sono offerte dalla società.
Conclude Sara Trovato: «Abbiamo scritto il libro per questa ragione: pensando al successo scolastico». Che vuol dire poi molto d’altro: pensare a una società migliore e per tutti.