Ho scritto anch’io a Babbo Natale

di Amedeo Piva*
Risponde adottando la medesima formula della “lettera a Babbo natale”, il Presidente di quel Centro per disabili visivi (e psicosensoriali) di Roma al quale nei giorni scorsi - su queste stesse pagine - si erano rivolte con toni critici alcune madri di figli che ne frequentano le strutture. «Vorrei - scrive tra l’altro Amedeo Piva - che quelle mamme ci scrivessero: “Avete potuto lavorare meglio proprio grazie alla collaborazione con le famiglie”»

Babbo Natale e la sua slitta tirata dalle renneSi erano rivolte su queste pagine direttamente a “Babbo Natale” e riferendosi al Centro Regionale Sant’Alessio-Margherita di Savoia di Roma, avevano chiesto, con toni estremamente critici, di poter finalmente disporre di un Centro che «si occupi di persone con disabilità visiva e psico-sensoriale, dando finalmente un aiuto concreto alla realizzazione come esseri umani di persone con disabilità visiva e psicosensoriale».
A quel gruppo di madri con figli che frequentano il Centro Sant’Alessio di Roma, rappresentate da Rosa Mauro, risponde ora Amedeo Piva, presidente di tale struttura, adottando la medesima formula della “lettera a Babbo Natale”. Riceviamo e ben volentieri pubblichiamo.

Caro Babbo Natale, ho visto che sei oberato dalle richieste di doni, e non più solo da bambini, ma anche dalle loro madri. A tal punto sei oberato che ci si prenota già per il Natale del 2014!
Del resto lo si capisce: viviamo un momento molto difficile in un Paese che sta arretrando invece di svilupparsi, in cui c’è poco lavoro, ci sono meno servizi di prima, e la speranza di migliorare le cose con una buona politica è quasi del tutto sparita. E dunque, ecco che si ricorre a te, bambini e adulti, per esprimere i nostri desideri, quello che vorremmo diventasse possibile.
Permettimi, allora, di farlo anche a me. Ti prometto, però, che nel mentre ti mando questa sommessa richiesta, io, per parte mia, ce la metterò tutta per rendere il tuo compito meno difficile.
Sono Presidente di un Centro Regionale per Disabili Visivi a Roma, il Sant’Alessio. Il dono che ti chiedo è che le mamme dei ragazzi che noi seguiamo ci scrivano per il Natale del 2014 una lettera come la seguente:

«Caro Presidente, come sai, siamo state molto critiche nei riguardi del Sant’Alessio. Non tutte, a dire la verità… Non poche di noi hanno sempre pensato che gli operatori di questo Centro fanno bene il loro lavoro, con passione e competenza. Però tra noi ci sono state quelle più critiche, che non hanno mai cessato di protestare perché i servizi di sostegno scolastico ai nostri figli iniziavano in ritardo, perché gli operatori si lamentavano di non venir pagati a scadenza regolare, perché certi servizi, come il Centro Estivo, non solo non erano gratuiti, ma arrivavano a costare 100 euro a settimana (che per qualcuna di noi è una cifra non certo trascurabile), perché si organizzavano feste che a noi ci sembravano cose fatte solo per l’immagine e troppo dispendiose, perché non si assumevano più le persone con le competenze migliori, e soprattutto perché ai nostri figli, giunti a una certa età, dodici, tredici anni, si diceva che la terapia non la si faceva più e noi non sapevamo dove portarli e cosa poter fare per loro. Insomma, noi madri più critiche abbiamo a lungo pensato che il Centro funzionava meglio tanti anni fa, e che da molto tempo, invece, aveva tradito la sua identità, la sua vocazione, e anche la sua competenza.
Sì, siamo state molto critiche. Abbiamo pensato che il Centro si comportava come una Società per Azioni. E che, quando si lamentava che la Regione aveva ridotto i finanziamenti, lo faceva solo per coprire le proprie carenze.
Ora, non che quest’anno siano successi miracoli, ma è successo che abbiamo accettato l’invito del Centro a condividere con la direzione e con gli operatori i problemi da affrontare e le scelte da compiere. Ci siamo così avvicinate al Centro con un ruolo diverso: non più solo come madri a difesa, talvolta esasperata, dei nostri figli, ma come madri e cittadine insieme, chiamate a valutare i diversi bisogni dei nostri figli, a discutere l’organizzazione dei servizi, a prendere visione delle risorse disponibili, dei vincoli esistenti, delle opportunità da sviluppare… È stata una bella esperienza. Che ci ha permesso di capire tante cose. Ma anche di poter dare dei contributi concreti a migliorarle quelle cose!
Abbiamo capito, per esempio – ed è una delle questioni più delicate – che quando il Centro ci dice che i nostri figli, raggiunta una certa età, debbono lasciare la terapia ambulatoriale, la ragione c’è: gli operatori che li hanno accompagnati nelle fasi evolutive fino alla preadolescenza hanno raggiunto gli obiettivi stabiliti con noi fin dall’inizio del percorso terapeutico, e ora è giusto che sia lasciato il posto ad altri ragazzi che sono in lista d’attesa.
Certo, è vero che le nostre difficoltà di genitori restano e che le esigenze di socializzazione dei nostri figli e di sempre nuova abilitazione al loro vivere quotidiano restano, ma abbiamo potuto studiare insieme le vie, per raggiungere l’obiettivo di avere dei Centri Diurni ben fatti, sia nella sede stessa del Sant’Alessio sia, forse, sul territorio, e questo grazie all’impegno di “contrattazione” con le ASL e con le Amministrazioni locali.
Abbiamo capito che il problema delle risorse economiche è decisivo. Abbiamo visto che il Centro ha fatto di tutto per valorizzare bene il suo patrimonio, ridurre i debiti contratti nel passato, darsi un’organizzazione oculata e trasparente dei servizi. E ha intrapreso con la Regione e le ASL un discorso tanto necessario quanto difficile: quello di ottenere, per la disabilità visiva, molto spesso accompagnata da altre minorazioni, una considerazione più attenta, che ne colga la specificità, riconoscendo pertanto i veri bisogni di riabilitazione e di “abilitazione”, che non sono soltanto sanitari, ma anche socio-educativi, e che debbono essere presi in carico nella loro interezza dal sistema socio-sanitario regionale.
Abbiamo capito quali salti mortali debbono fare gli operatori del Sant’Alessio per dare ai nostri figli l’assistenza necessaria, stando dentro i vincoli attualmente posti dalla Sanità Regionale. Una Sanità fortemente indebitata, che centellina le risorse e moltiplica le strettoie burocratiche. E che sembra incapace di dialogare con i Centri che, come il Sant’Alessio, collaborano con la Sanità Pubblica. È anche dall’esito di questo dialogo avviato con la Regione che potrà venire, speriamo presto, la garanzia di poter offrire servizi stabili ai nostri figli: e dunque anche condizioni e contratti di lavoro migliori per tutti gli operatori, anche quelli dei servizi residenziali, semiresidenziali e domiciliari.
Abbiamo capito che gli operatori del Centro hanno, per lo più, professionalità alte e che con loro dobbiamo imparare a collaborare meglio, avanzando le nostre osservazioni e anche i nostri suggerimenti, ma avendo fiducia nella loro competenza. Anche quando, per esempio, ci dicono che cambiare un certo operatore per nostro figlio, magari per un periodo di tempo, non è necessariamente un male, come a noi sembra, ma può essere un vantaggio, oltre che un’esigenza giusta dell’operatore stesso…
Abbiamo capito anche che le feste che il Centro ha cominciato a fare, di tanto in tanto, non sono così futili come ci sembrava. Anche perché abbiamo visto che sono costate molto poco, perché fatte con molto volontariato. E invece hanno avuto l’effetto di far conoscere meglio all’esterno le attività del Centro e di dare l’opportunità di stabilire rapporti con nuovi soggetti sul territorio, che è una cosa molto importante. E hanno anche dato più motivazioni agli operatori.
A proposito degli operatori, quelli che sono dipendenti del Centro, abbiamo saputo che in qualche occasione si sono tassati (e ci dicono che anche tu l’abbia fatto), per mandare avanti alcune attività non finanziate. Mi riferisco ai Centri Estivi svolti all’interno del Centro. E che parecchi di loro dedicano spesso del tempo non pagato al Centro.
Avendo avuto modo di stabilire un rapporto più ravvicinato e propositivo con tutti voi, abbiamo, insomma, appreso e capito parecchie cose; e ora paghiamo più volentieri anche noi le quote di qualche servizio, quando non si riesce ad ottenerne il finanziamento dalle istituzioni.
Caro Presidente, vogliamo dirti, infine, che crediamo che anche tu, e tutti voi del Sant’Alessio, abbiate potuto lavorare meglio grazie alla maggiore cooperazione tra noi genitori (madri, ma anche padri…). Siamo a volte forse troppo travolte dalle ansie e dalle preoccupazioni per i nostri figli, e a volte forse pretendiamo troppo da voi, ma, essendo state più volte sedute allo stesso tavolo con voi, come abbiamo potuto fare durante quest’anno, se noi abbiamo appreso e capito molto più di prima, anche voi avete potuto raccogliere tanti stimoli utili, tanti suggerimenti giusti. Avete corretto, anche voi, alcuni atteggiamenti sbagliati. E avete avuto da noi la spinta, e anche la collaborazione, per intraprendere nei confronti delle Istituzioni un’iniziativa più forte e decisa perché si arrivi a scelte di politica sociale e sanitaria più rispettose della dignità umana dei nostri figli e anche delle loro famiglie.
Dunque, Presidente, abbiamo cominciato a lavorare bene. Ne siamo contente!».

Presidente del Centro Regionale Sant’Alessio-Margherita di Savoia di Roma.

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