La maggior parte delle persone con disabilità la mattina, quando si sveglia, ha grandi difficoltà nel pianificare una giornata; spesso è costretta ad accontentarsi della semplice immaginazione.
I motivi di questa triste realtà li conosciamo molto bene: mancano i dispositivi protesici e gli ausili corrispondenti alle proprie esigenze, le abitazioni sono inospitali perché molto spesso sprovviste di ascensori per uscire ed entrare comodamente dal proprio appartamento, manca il lavoro e questo provoca sovente disprezzo per se stessi. In più, se penso agli adolescenti, sappiamo che, in alcune zone del nostro Paese – come in tante altre parti del mondo – le scuole sono architettonicamente inaccessibili o, realtà ancor più grave, prive di insegnanti di sostegno.
Tutto questo accade perché il progresso non è distribuito equamente e, quindi, non è per tutti.
Le Nazioni Unite, nel giugno del 2014, in concomitanza dell’ultima tappa del mio personalissimo giro del mondo a nuoto [si legga in calce, N.d.R.], diretto a suscitare una presa di coscienza da parte della collettività circa le difficoltà che incontrano le persone con disabilità, al fine di permettere l’esigibilità dei diritti fondamentali, organizzeranno una tavola rotonda per sostenere la mia battaglia. Mi auguro che a quella iniziativa vorranno partecipare quelle realtà appartenenti al mondo scientifico, industriale hi-tech e politico che, in sinergia, sono senz’altro in grado di avviare un percorso capace di garantire l’indipendenza delle persone con disabilità.
La ricerca scientifica e il progresso tecnologico, infatti, potranno rivelarsi gli strumenti fondamentali per rendere accessibile, fruibile e ospitale per tutti i disabili il nostro pianeta.
Sono disabile dall’età di 14 anni, da quando, a causa di un osteosarcoma, i medici decisero di amputarmi la gamba destra. Dopo l’operazione non è stato per niente facile recuperare una dimensione di normalità. Sono seguiti anni di chemioterapie, sedute di fisioterapia per imparare a camminare con la protesi, difficoltà infinite dal punto di vista psicologico.
Ero solo un ragazzino, colpito, in un momento così particolare dello sviluppo, da un dramma che le mie spalle, da sole, non riuscivano a sostenere e che ho potuto superare grazie all’attenzione, alla competenza e alla capacità di ascolto dei medici, degli infermieri e dei fisioterapisti che hanno reso possibile il mio percorso di recupero. E naturalmente grazie anche alla gran parte degli insegnanti e dei compagni di scuola, per i quali non dev’essere stato né facile né indolore affrontare, con me, tutte le difficoltà che si presentavano.
Vivere da disabile, in Italia – come del resto nella maggior parte del nostro pianeta – non è stato e non è facile: sono innumerevoli le difficoltà e le fatiche che quotidianamente ci troviamo a dover affrontare, difficoltà dovute, quasi sempre, a un’organizzazione della società che non tiene conto dei bisogni più elementari di una minoranza che infatti, il più delle volte, rimane inascoltata.
Oggi, 3 dicembre, si celebra la Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità, adottata nel 1981 dall’Assemblea Generale dell’ONU e in questa occasione vorrei invitare tutti quanti credono nella Democrazia, nell’Uguaglianza e nelle Leggi, a porre grande attenzione all’integrazione e all’inclusione delle persone con disabilità. Perché i sogni non svaniscono, sono le persone che li abbandonano.
Nuotatore della Canottieri Aniene, amputato della gamba destra, Salvatore Cimmino (Torre Annunziata, Napoli, 1964), ha portato avanti, in questi anni, un vero e proprio giro del mondo a nuoto, denominato “A nuoto nei mari del globo” – seguìto tappa per tappa anche dal nostro giornale -, per dare visibilità al suo progetto “Un mondo senza barriere e senza frontiere”. Si tratta di un’iniziativa patrocinata dal CIP (Comitato Italiano Paralimpico), che lo ha portato a compiere numerose imprese natatorie ritenute “impossibili”, soprattutto in Africa, nelle Americhe e in Oceania.
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