Anche una casa domotica può creare dei problemi

a cura di Simone Fanti*
Ad esempio ai disabili visivi, perché «ciò che è adatto a una persona in sedia a rotelle - come spiega Gianmarco Panza, ingegnere, che ha dovuto recentemente adattare la nuova abitazione alle sue esigenze - non è detto che lo sia per me che non vedo». Senza scordare quanto possano essere costose certe soluzioni complesse e con vocalizzazione dei comandi, oltre alle consulenze di architeti ed esperti
Impianti audiovisivi e web di una casa domotica
Impianti audiovisivi e web di una casa domotica

Non sempre la parola tecnologia evoca progresso o efficienza. L’attuale domotica (termine nato dalla fusione tra domus – casa – e robotica, che indica un’abitazione automatizzata), invece che facilitare la persona con disabilità nell’utilizzo di impianti e apparecchiature, «frequentemente lo può rendere ancora più difficoltoso».
A lanciare la provocazione è Gianmarco Panza, veronese di origine, ingegnere quarantunenne non vedente del centro milanese di ricerca Ict Cefriel. «A volte – sottolinea – ho la sensazione che invece di fare passi avanti nel colmare il gap tra ciò che è fruibile dalle persone abili e quelle che non lo sono, si stia tornando indietro. Un mondo sempre più “visuale” non è certo a portata di cieco!».
Da dove nasce questa considerazione? Il giovane ingegnere recentemente ha dovuto ristrutturare casa (si è trasferito a Milano nel ’98, ma solo da poco si è sentito pronto per una vita autonoma) e ha cercato di adattare la nuova abitazione alle sue esigenze. Scoprendo così che «il ricorso al digitale porta maggiori svantaggi, a chi non vede, rispetto ai tradizionali comandi a pulsante o manopola a ghiera. I display digitali dalle mille funzioni non consentono né una lettura manuale delle regolazioni né la possibilità di memorizzare le informazioni».

Complessità, eccesso di funzioni e, nel caso delle persone non vedenti, l’assenza di comandi vocali, se non comprando prodotti specifici, per altro non sempre disponibili sul mercato, sono i difetti più evidenti a parere dell’ingegner Panza.
«Non richiediamo soluzioni fantascientifiche – prosegue -, ne bastano poche e utilizzabili. Troppo spesso si preferisce la funzionalità a effetto, che in un primo momento colpisce e poi annoia. A me basterebbero due tasti: uno per attivare l’impianto e uno per disattivarlo». E per intuire le difficoltà, si può ad esempio provare a chiudere gli occhi, mentre si tenta di abbassare la temperatura sul termostato digitale della propria casa…

«Altro problema sono i costi – prosegue Panza – soluzioni complesse e con vocalizzazione dei comandi costano molto. Se poi ci si affida alla consulenza di architetti ed esperti, i prezzi lievitano, oltre a rivelarsi – tali consulenze – in parte inutili, non provando di persona quegli esperti la condizione di non vedente. Quindi ci si rivolge alla Rete, al network di conoscenti che hanno testato, sulla propria pelle, i vari prodotti. Scoprendo che anche con pochi soldi si possono realizzare progetti importanti».
I forum specialistici e le Associazioni di categoria – spesso troppo sottovalutati da chi studia le soluzioni domotiche -, diventano quindi la fonte d’ispirazione. E da questi consigli è nata la casa ideale di Panza, che è totalmente priva di spigoli vivi e fornita di un sistema con sintesi vocale che lo avverte se quando esce o inserisce l’allarme ha dimenticato una finestra o tapparella aperta.
Le porte sono quelle modello “saloon” a doppia anta: «Così è impossibile – racconta soddisfatto Panza – che ci sbatta contro quando sono mezze aperte. Gli amici mi hanno poi suggerito una piastra a induzione magnetica per la cucina. Non rischio di scottarmi, visto che la superficie non si scalda, e nemmeno di lasciare aperta la manopola del gas». Quel fornello, infatti, sfrutta il campo elettromagnetico per indurre il calore nelle pentole, ma non scalda la piastra in vetro-ceramica.

«Soluzioni tailor made – conclude l’ingegnere veronese -, cucite addosso a ogni persona. Difficilmente potrei pensarla diversamente. Se da un lato i fautori dell’Universal Design hanno il merito di far sì che l’arredo urbano e molti edifici siano senza barriere architettoniche, dall’altro credo che pecchino di ingenuità: ciò che infatti è adatto a una persona in sedia a rotelle non è detto che lo sia per me che non vedo. E a tal proposito vorrei fare un esempio banale: la leva dell’acqua dei rubinetti allungata per essere più facilmente raggiungibile da chi ha problemi di movimenti. Beh, per me costituisce un pericolo; infatti, non vedendola, rischio di sbatterci contro e di farmi parecchio male quando mi piego per lavarmi la faccia…».

Testo già apparso in “InVisibili”, blog del «Corriere della Sera.it» (con il titolo “Casa domotica? Non sempre è fruibile”). Viene qui ripreso, con alcuni riadattamenti al diverso contenitore, per gentile concessione.

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