Che cosa capiterà nel 2014 alle persone con disabilità e alle loro famiglie? Come affronteremo il viaggio in questo nuovo anno, dopo la tempesta e le poche bonacce del 2013 che ci siamo lasciati alle spalle? Non lo so, ma credo che molto dipenda da noi.
Provo a lasciare ai Lettori qualche modesto suggerimento, leggero e sobrio, del quale si può anche prendere solo ciò che più aggrada, gettando via il resto.
Primo consiglio: leggerezza. Togliete peso dalle vostre vite. Certo, mi rivolgo a persone e famiglie che di pesi se ne intendono. Ma proviamo ad alleggerire il carico delle responsabilità. Non tutto dipende solo da noi. Molto invece deriva dalle relazioni umane che sappiamo costruire e consolidare nel tempo. La disabilità è una condizione in continuo divenire, anche quando le avversità, o la salute fragile, ci dicono il contrario.
Tutti parlano di “presa in carico”: è giusto, è un concetto fondamentale, ma non riguarda solo voi, persone e familiari. È un impegno dell’intera società, dal Comune alla scuola, dal lavoro alle cure, persino nei viaggi e nel tempo libero o nello sport.
Secondo: tolleranza. Non tutti conoscono la disabilità, anzi spesso le persone “normali” (sic!) pensano di sapere di che si tratti, e fanno un grande calderone di pre-giudizi, ai quali attingono di volta in volta, spesso per chiamarsi fuori da qualsiasi relazione o responsabilità.
Lo fanno i datori di lavoro che pensano di assumere un disabile pur che lo sia il minimo possibile, giusto per rispettare la legge e avere gli sgravi fiscali. Lo fanno quei dirigenti scolastici che si limitano a gestire le ore del sostegno, senza preoccuparsi di verificare che ci siano le condizioni giuste per l’inclusione vera di un alunno con disabilità. Lo fanno i passanti, i vicini di coda del supermercato, gli spettatori al cinema, i viaggiatori in autobus o in metropolitana, seccati per la vostra lentezza e per l’ingombro.
Ecco: questa (anche questa) è l’umanità con la quale dobbiamo convivere, sapendo che quasi sempre non c’è cattiveria, ma ignoranza. E magari un po’ di indifferenza, figlia di questi tempi di crisi, nei quali ognuno tende a pensare a se stesso e al proprio tornaconto. Siate dunque tolleranti: nella mia vita mi sono accorto che un sorriso, magari ironico, vale più di un insulto. Provateci anche voi.
Terzo: condivisione. Mai da soli, nella vita. Non ce la farete, soffrirete come bestie, vi arrabbierete, vi sentirete vittime del mondo intero (anzi, le uniche vittime), e sarete assaliti dalla depressione, dalla sensazione di impotenza, di inutilità, di marginalità. Non è colpa vostra, perché gli ostacoli da superare a volte sono davvero enormi, o del tutto inaspettati.
Penso alle famiglie nelle quali la disabilità arriva all’improvviso, con una nascita o con un trauma, o con l’età che avanza. Si è tutti impreparati ed esposti all’angoscia, alla disperazione. Sappiate che ci sono passati in tanti, a centinaia di migliaia, nel tempo. E piano piano hanno scoperto di non essere soli. C’è sempre qualcuno che può dare una mano, un consiglio basato sull’esperienza, un indirizzo utile, un riferimento di legge, un diritto da far valere. Tante piccole Associazioni sono nate così, attorno alle famiglie, e hanno costruito nel tempo solidi isolotti di speranza, forti nelle intemperie, coraggiosi e impavidi. E nella rete della condivisione, spesso, nascono amicizie durature, e prospettive insperate. Provateci, con fiducia.
Quarto: curiosità. Non fermatevi alle apparenze, non fidatevi di guru e di santoni interessati, di “capipopolo” pronti a usarvi per qualsiasi causa. Siate curiosi, informatevi, confrontate le opinioni, documentatevi (oggi è possibile e facile per tutti), formatevi una vostra idea, che sicuramente avrà il vantaggio di essere il frutto incrociato dell’esperienza e delle novità.
Il mondo della disabilità è in continua evoluzione. Anche con questo giornale, nel nostro piccolo, cerchiamo di fornire qualche utile materiale per il vostro viaggio personale. Non tutto si adatta a tutti: ma in ogni vicenda c’è qualcosa da apprendere, da confrontare, da mettere da parte perché non si sa mai, potrebbe tornare utile.
Quinto: felicità. Cercatela ovunque, pensate che è importante avere un sogno, un progetto di vita, una “piccola follia” che vorreste realizzare, magari non adesso, ma coltivare con passione perché si possa realizzare nel tempo. Uscite dalla dimensione unica della disabilità, che tende a logorare e ad appiattirvi. Provate a pensare ad altro, a non farvi porre sempre le stesse domande: «Che cosa ha suo figlio? Come mai è così?». Oppure: «Ma tu, in carrozzina, riesci a fare l’amore?». Magari ogni tanto gli altri potrebbero anche farsi i fatti propri, non vi pare? Restiamo umani, prendiamoci la nostra vita sulle spalle, è la migliore che abbiamo a disposizione.
Buon anno a tutti. Lo sarà.