Costi privati, burocrazia, tempi di accesso troppo lunghi – in particolare per le terapie innovative -, difformità tra territori e scarso coinvolgimento delle Associazioni nelle scelte che riguardano i pazienti: a quanto risulta dai dati prodotti dal Coordinamento nazionale delle Associazioni di Malati Cronici (CnAMC) di Cittadinanzattiva, accedere ai farmaci è ancora oggi – e forse ancor di più che in passato – un vero e proprio percorso a ostacoli.
Se n’è parlato nel corso dell’incontro promosso a Roma da Cittadinanzattiva, con il sostegno non condizionato di Farmindustria, dal titolo Assistenza farmaceutica: equità, accesso, partecipazione, durante il quale sono state riferite le segnalazioni delle realtà componenti il CnAMC della stessa Cittadinanzattiva, ad esempio rispetto ai tempi eccessivamente lunghi per l’autorizzazione all’immissione in commercio da parte dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) (50%), al costo dei farmaci non rimborsati dal Servizio Sanitario Nazionale in Fascia C (44%), ai tempi lunghi per l’inserimento dei medicinali nei Prontuari Terapeutici Ospedalieri Regionali (PTOR) (41%), alle limitazioni da parte delle Aziende Ospedaliere o delle ASL, per motivi di budget, e ai tempi di inserimento dei farmaci nei Prontuari Regionali diversi da Regione a Regione (41%).
Il 39% delle organizzazioni riscontra inoltre l’interruzione o il mancato accesso a terapie perché particolarmente costose e un ulteriore problema riguarda la discriminazione legata al luogo di residenza, con il 26% delle Associazioni che segnala limitazioni derivanti dalle disposizioni delle Delibere Regionali rispetto a quanto definito dall’AIFA.
«Il nostro osservatorio – sottolineano dal CnAMC di Cittadinanzattiva -, il Servizio di Consulenza e Tutela PiT Salute, registra casi di farmaci non facilmente accessibili nel 23,8% delle segnalazioni. Si tratta ad esempio di terapie non commercializzate ancora in Italia, ma anche di ritardi nell’erogazione dei farmaci ospedalieri».
«L’innovazione – dichiara dal canto suo Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tribunale per i Diritti del Malato di Cittadinanzattiva – risulta ancora frenata dalla burocrazia: serve infatti circa un anno perché un farmaco approvato in Europa dall’EMA (European Medicines Agency) sia autorizzato e rimborsato in Italia, e ancora non sono noti gli effetti prodotti dall’introduzione di paletti normativi che prevedono il termine di approvazione di cento giorni (poco più di tre mesi) per quelli di eccezionale rilevanza terapeutica. La burocrazia diventa poi ancora più complicata quando dal livello nazionale si passa ai Servizi Sanitari Regionali, che prevedono procedure e tempi completamente diversi tra loro, duplicando per altro anche funzioni di competenza nazionale: si passa ad esempio da un minimo di duecento giorni a oltre cinquecento per l’inserimento di farmaci nei PTOR e intanto i cittadini mettono mano al portafogli. Le persone affette da una patologia cronica e rara spendono infatti, mediamente, 650 euro annui per farmaci di Fascia C e 900 euro per parafarmaci, senza considerare il fatto che nel 2012 il Rapporto Osmed [Osservatorio sull’Impiego dei Medicinali, N.d.R.] ha rilevato un aumento della spesa dei cittadini per pagare i ticket sui farmaci pari al 5,2% in più rispetto al 2011».
«Mentre però i cittadini sono chiamati a partecipare ai costi – conclude Aceti -, la stessa cosa non possiamo dirla per le scelte nelle politiche del farmaco. A un anno, infatti, dal convegno Farmaci. Diritto di parola, promosso dall’AIFA [se ne legga anche nel nostro giornale, N.d.R.], con il quale si è presentata l’idea del coinvolgimento delle Associazioni di cittadini e pazienti nei processi decisionali, registriamo che l’apertura alle Associazioni si è limitata all’annuncio. Questa criticità potrebbe essere superata guardando all’Europa, dove esistono significative esperienze di coinvolgimento e partecipazione civica di successo nell’attività regolatoria dei farmaci (EMA) e nelle scelte in sanità per uso razionale delle risorse, a partire dall’Health Technology Assessment (HTA)*». (S.B.)
*L’Health Technology Assessment (HTA) è un approccio multidimensionale e multidisciplinare per l’analisi delle implicazioni medico-cliniche, sociali, organizzative, economiche, etiche e legali di una tecnologia, attraverso la valutazione di più dimensioni, quali l’efficacia, la sicurezza, i costi, l’impatto sociale e organizzativo. L’obiettivo è quello di valutare gli effetti reali e/o potenziali della tecnologia, sia a priori che durante l’intero ciclo di vita, nonché le conseguenze che l’introduzione o l’esclusione di un intervento ha per il sistema sanitario, l’economia e la società.
Per ulteriori informazioni e approfondimenti: cnamc@cittadinanzattiva.it.
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