Premessa: questo pezzo, come altri che seguiranno sullo stesso tema, è ispirato dal libro Sesso e sessualità nei disturbi autistici di Wendy Lawson (Trento, Erickson, 2005).
Non è passato poi molto da quando Bruno Bettelheim* e la sua orribile teoria della cosiddetta “madre frigorifero” relegavano gli autistici e le loro madri in un mondo senza speranza e anaffettivo, eppure sembra davvero passato parecchio tempo. Grazie infatti alla rottura del silenzio dei più “comunicativi” Asperger, ora sappiamo che la persona autistica è tutt’altro che disinteressata al mondo esterno e alle sue relazioni. Molti di loro – Temple Grandin** ad esempio – hanno anche ufficialmente scagionato le madri e, soprattutto, hanno aperto più di uno spiraglio su un mondo interiore ricco ed elaborato, sia pure in molti casi imprigionato da un’insufficiente interpretazione condivisa.
Gli autistici amano e meritano di essere amati, rispettando la loro individualità e non possono – ma devono – ricevere gli strumenti necessari per avere una vita piena e appagante.
Di questa vita la sessualità fa parte in maniera imprescindibile, perché la sessualità è ciò che siamo come individui, e non è affatto limitata al desiderio sessuale, ma costituisce un modo relazionale che ci permette di interagire con gli altri.
Non è sempre facile comprendere e accettare la sessualità espressa dai bambini, poi ragazzi, infine adulti, autistici, non solo e non tanto perché potrebbe essere diversa dalla nostra, quanto perché loro stessi non sempre sono in grado di giustificarla a sufficienza, dando a noi dei criteri interpretativi della stessa.
Il fascino che esercitano presso di loro le figure tonde, o gli oggetti con particolari estetici che noi non notiamo per nulla, può avere anche caratteristiche sensuali. Il mondo di un ragazzo come Giovanni, ad esempio [figlio di chi scrive, N.d.R.], è ricco di sfumature che sfuggirebbero a un ragazzo con una modalità “polifunzionale”, e che “vede” contemporaneamente più cose.
I bambini autistici che passano ore a guardare una lavatrice ne ricavano piacere, e non necessariamente un piacere diverso da quello di un bambino che gioca per ore con un trenino. Il problema nasce perché magari quel bimbo è in grado di condividere con noi la gioia di guardare quel trenino muoversi, di coinvolgerci con le sue parole nel suo amato mondo, mentre magari un bambino autistico non lo fa.
Quando poi il bambino autistico diventa adolescente, come nel caso di mio figlio, tutto è molto più complicato. Immaginate quante variabili cambiano durante l’adolescenza, tanto da rendere difficile la comprensione anche a un ragazzo “polimodale”. Senza fare distinzione di sesso, risulta difficile per chiunque gestire contemporaneamente il cambiamento fisico e quello ormonale, per non parlare degli effetti di questi cambiamenti sulla nostra relazione con gli altri.
Cercate di ricordare la vostra adolescenza, che siate uomini o donne, la crescita del seno, dei peli pubici, il menarca, le prime polluzioni notturne. E poi l’imbarazzo di fronte ai coetanei, i cambiamenti di umore e l’attrazione sessuale. La necessità di cominciare a definirsi, come uomo e come donna, e non avere sempre la possibilità di farlo per come la società lo richiede.
E com’è lo stesso periodo per un ragazzo con disturbi dello spettro autistico? Ricordatevi che per lui ogni particolare è importante, nessuno escluso, e quindi centinaia di particolari devono acquisire una qualche armonizzazione.
C’è da impazzire, la frustrazione va alle stelle, il tentativo di dare a tutto un senso è direttamente proporzionale a una solitudine in cui l’adolescente e la sua famiglia sono spesso rinchiusi. Un ragazzo o una ragazza alla prima cotta, spesso trovano nel gruppo dei pari un aiuto per gestire una situazione emotiva così nuova e spiazzante, amici che, anche solo con una pacca sulla spalla, sono di supporto. E un ragazzo o una ragazza autistici?
L’inclusione si ferma alla scuola, dove la sessualità e il sesso sono tenuti ai margini, quando non apertamente stigmatizzati.
Quale immagine voglio dunque lasciare per questa prima riflessione sul mondo dell’amore ai tempi dell’autismo? Questa: un ragazzo dai tratti comuni, alto, dinoccolato come lo sono molti adolescenti, che guarda verso un appartamento, le cui finestre sono chiuse. Guarda alternativamente l’appartamento e il portone, seguendo un pensiero senza parole. Di tanto in tanto prende il suo ipod e ascolta una musica, non sentiamo quale, ma vediamo che ne segue il ritmo, accennando talora a canticchiare ad occhi chiusi, o a muovere il corpo, sgranchendosi con quel ritmo misterioso. Ad un tratto il portone si apre e ne esce una ragazza, carina, bruna, vestita con un jeans e un maglione. Il ragazzo si alza, non osa avvicinarsi, la saluta con la mano, mantenendosi un poco lontano, pronunciando il suo nome. La ragazza sorride e a sua volta saluta, allontanandosi.
Possono essere compagni di scuola, vicini di casa, essersi conosciuti sull’autobus, poco importa. Uno dei due è innamorato, forse il ragazzo che ha aspettato tanto per vederla uscire, ma forse anche lei ha una simpatia per lui. Non vediamo altro, oltre quel saluto, e quindi non sappiamo come si evolverà questa situazione. Abbiamo visto un ragazzo, una ragazza, un saluto che forse è un preludio. È autistico, il ragazzo? Lo è lei? Non lo sappiamo e, in fondo, non dovrebbe importare.
*Una nota e del tutto superata teoria dello psicoanalista austriaco Bruno Bettelheim attribuiva la causa dell’autismo a un rapporto inadeguato con la madre (la cosiddetta “madre frigorifero”, appunto) da cui si doveva essere staccati per una terapia riabilitativa.
**Docente associata dell’Università Statale del Colorado (Stati Uniti), Temple Grandin – alla quale nel 2010 è stato anche dedicato il film televisivo Temple Grandin – Una donna straordinaria, diretto da Mick Jackson – oggi è certamente una delle personalità più famose nel mondo affette da autismo.