Nuove tecnologie in Sanità: l’Italia a fondo classifica

Intervista a Roberto Buccini di Laura Sandruvi*
Come sta l’Italia, in àmbito di soluzioni digitali e nuove tecnologie in Sanità? Per niente bene, purtroppo, soprattutto a fronte dei grandi progressi effettuati da alcuni Paesi e in genere dalla maggior parte dell’Europa. «L’Italia - spiega in questa nostra intervista Roberto Buccini di Econocom Italia - tende a spendere poco per la salute e a investire al minimo. Ma oggi un cambio di rotta è non solo auspicabile, bensì necessario»

Realizzazione grafica dedicata alle nuove tecnologie in SanitàOggi parliamo di E-Health e Virtual Health, ovvero di soluzioni digitali e tecnologiche in Sanità. Lo facciamo con Roberto Buccini, Strategic Alliance Director di Econocom Italia, noto gruppo leader europeo, indipendente, nel settore dell’ICT (le tecnologie dell’informazione e della comunicazione), che fornisce e gestisce servizi informatici a svariate aziende continentali. E il quadro italiano che ne emerge non è certo confortante…

Come si pone lo scenario italiano rispetto all’Europa in merito alla Virtual Health?
«Non bene purtroppo. L’Italia vive una situazione di stallo, soprattutto a fronte dei grandi progressi effettuati nel campo da alcuni Paesi e, in genere, dalla maggior parte dell’Europa.
Secondo l’Osservatorio ICT in Sanità del Politecnico di Milano, la spesa ICT per la Sanità in Italia nel 2012 è stata complessivamente di 1,23 miliardi di euro (21 euro per abitante), vale a dire il 5% in meno rispetto allo scorso anno e l’1,1% del totale della spesa sanitaria pubblica.
Il nostro Paese tende a spendere poco per la salute e a investire al minimo, un quadro che si riflette anche sulla qualità dei servizi erogati. Basti pensare che in soli tre anni il nostro sistema sanitario è passato dal 15° al 21° posto per qualità, tra i trentaquattro Paesi che sono stati censiti dall’Euro Health Consumer Index 2012. Non solo inseguiamo Stati tradizionalmente all’avanguardia, come ad esempio la Francia, il Regno Unito e l’Olanda, ma al momento ci troviamo in una posizione di inferiorità anche rispetto a Repubblica Ceca, Slovenia e Croazia».

I tagli alla Sanità italiana impongono una riorganizzazione del Servizio Sanitario Nazionale e forse investire in innovazione potrebbe rappresentare l’unico modo per migliorare il Servizio stesso. Ma noi siamo pronti? Vorrei un suo commento riguardo all’innovazione tecnologica a livello “culturale”, visto il grande numero di persone anziane in Italia, con una scarsa abitudine all’informatizzazione. Penso ad esempio a quanto avviene negli Stati Uniti, ove più dell’80% dei medici curanti possiede un tablet per lavoro, strumento che invece in Italia viene spesso relegato al puro ruolo di “compila-ricette”, come ha dichiarato qualche tempo fa anche il ministro della Salute Lorenzin, parlando di deospedalizzazione…
«Un cambio di rotta non solo è auspicabile, ma necessario. A fronte di un investimento iniziale magari leggermente più elevato rispetto alle prospettive, si potranno ottenere importanti benefìci.
L’Italia è oggi il Paese più longevo dell’Unione Europea, e conta la maggiore percentuale di persone al di sopra degli 80 anni di età, che nel 2060 si calcola saranno ben il 14,9% della popolazione complessiva. Investire in innovazione è a mio parere l’unica strada percorribile per favorire una maggiore efficienza dell’intero sistema, in termini di costi, prestazioni e con una prospettiva di medio-lungo periodo.
Il problema “culturale” può essere superato, soprattutto se consideriamo, ad esempio, l’elevatissima diffusione di device mobili, come smartphone e tablet, per i quali si sta preparando il terreno per un utilizzo sistematico legato alla Sanità digitale.
Secondo un recente studio realizzato in Francia dalla Società di Revisione Pricewaterhouse Coopers, una diffusione massiva di questi strumenti potrebbe contribuire a una gestione ottimizzata, sia delle malattie croniche, sia delle conseguenze legate all’invecchiamento della popolazione, due priorità a livello europeo. Senza dimenticare un significativo abbattimento dei costi, stimato in 99 miliardi di euro entro il 2017. Per essere pronti al cambiamento, bisognerà però tenere conto di tutta una serie di problematiche tecnologiche: garanzia della privacy e della sicurezza, processi di “alfabetizzazione” informatica su ampia scala, ammodernamento di infrastrutture spesso obsolete. Ma, soprattutto, dovrà essere superata la remissività tutta italiana a una progettualità di lungo corso, a fronte di investimenti solo a breve termine, e la resistenza al cambiamento da parte degli stessi operatori».

 

Fascicolo Sanitario Elettronico
Secondo un Rapporto Assinform, la realizzazione sistematica del fascicolo Sanitario Elettronico potrebbe portare, nel nostro Paese, a risparmi stimabili in oltre 2,2 miliardi di euro

In Italia la spesa complessiva per la tecnologia ICT è pari all’1,1%, troppo bassa rispetto agli altri Paesi europei. Gli investimenti in ICT possono subire rallentamenti a causa della spending review, nonostante siano essi stessi una futura opzione di risparmio, ma quel che manca è soprattutto una vera e propria regolamentazione. Quali provvedimenti potrebbero essere utili, e in quali àmbiti?
«A questo proposito non ci sono più alibi. Servono fatti concreti, il coraggio di investire e una capacità da parte di tutto il sistema di gestire il cambiamento, tenendo ben presenti le eventuali criticità. Un atteggiamento, questo, che si tradurrebbe nell’adozione da parte del Governo di un provvedimento specifico per promuovere lo sviluppo dell’ICT in Sanità. Ad oggi tuttavia, solo poche Regioni italiane sono state in grado di adottare un approccio di ampio respiro su questo tema».

Potrebbe fornirci qualche dato relativo ai risparmi che arriverebbero grazie all’introduzione dell’ICT?
«I benefìci potrebbero essere estremamente significativi. Se infatti in Italia fossero applicate adeguate politiche di sviluppo dell’ICT in Sanità, secondo il Politecnico di Milano – attraverso investimenti pianificati – si potrebbe conseguire un risparmio di 15 miliardi di euro all’anno. In particolare, 1,37 miliardi di euro potrebbero essere risparmiati grazie alla Cartella Clinica Elettronica, 860 milioni con la digitalizzazione dei referti sanitari, 4,6 miliardi di euro grazie al servizio di ritiro e download digitale dei documenti. E non dimentichiamo il potenziale risparmio per i cittadini, quantificato in 7,6 miliardi di euro all’anno: 4,6 miliardi per i servizi di ritiro dei referti via web, 2,2 miliardi con soluzioni di telemedicina e assistenza domiciliare, 640 milioni con la prenotazione via web delle prestazioni, 170 milioni con la gestione informatizzata dei farmaci.
A queste soluzioni va doverosamente aggiunto il Fascicolo Sanitario Elettronico, la cui realizzazione sistematica, secondo un Rapporto Assinform, potrebbe portare a risparmi stimabili in oltre 2,2 miliardi di euro».

Concludendo, quindi, si può dire che oltre ad essere un problema economico, lo è anche a livello politico e culturale. Ma allora, quale dovrà essere la “cura migliore” per una sanità tecnologica?
«La cura migliore, a mio parere, è avere una visione di ampio respiro e guardare a quel che di buono è stato fatto all’estero. Pensiamo ad esempio alla Danimarca, che, secondo l’E-Health Action Plan della Commissione Europea, ha ridotto i costi nell’ordine di 120 milioni di dollari all’anno. Oppure agli Stati Uniti, ove lo sviluppo ottimizzato dell’accettazione ambulatoriale ha portato a un risparmio di 7,5 miliardi di dollari tra il 2008 e il 2011. Anche Francia e Belgio, poi, stanno puntando sullo sviluppo dell’E-Health. Come Econocom, ad esempio, abbiamo implementato in alcuni ospedali tecnologie complesse di geolocalizzazione dei pazienti e del personale, strumenti di registrazione degli interventi all’interno delle sale operatorie, e archiviazione digitale di tutti i dati.
Va detto, per altro, che nemmeno in Italia mancano esempi virtuosi: mi riferisco ad esempio al lavoro portato avanti da alcune aziende ospedaliere per la prescrizione di medicinali da medico a paziente, mediante computer portatile collegato alla rete wireless, con riconoscimento di farmaci e preparati tramite lettura ottica dei rispettivi barcode da parte del personale sanitario, il tutto con significativi vantaggi in termini di efficienza e sicurezza.
Non da ultimo, vorrei infine citare la presenza di alcuni importanti progetti in fase sperimentale e dalle grandi potenzialità. Ad esempio noi stessi abbiamo avviato una collaborazione con l’Istituto Mario Boella di Torino per la promozione di soluzioni digitali in ambito sanitario. Uno di questi progetti si chiama Adamo, un device basato su un terminale wireless integrato all’interno di un orologio, che tramite una stazione di controllo è in grado di rilevare alcuni parametri fisiologici della persona che lo indossa (temperatura cutanea; movimenti della mano e del polso; battito cardiaco; informazioni sull’ambiente circostante). Un dispositivo che – se applicato su larga scala nell’àmbito di un piano di sviluppo condiviso – potrebbe contribuire a importanti benefìci nello sviluppo del settore».

Roberto Buccini è Strategic Alliances Directori di Econocom Italia.

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