Lo dico subito. Niente di personale. Antonio Mastrapasqua è sicuramente una persona di grande intelligenza, persino di indubbio carisma e buone capacità di comunicazione. Un manager eccellente con ottime capacità di incassatore, depositario di moltissime e proficue relazioni politiche trasversali. Un numero uno, insomma. Ma sempre Uno. Non venticinque, o trenta, o quanti ancora non si sa bene.
Il punto è tutto lì. Se Mastrapasqua è al suo posto di Presidente dell’INPS dopo anni di circostanziate inchieste giornalistiche e televisive che hanno messo perfettamente in luce la miriade di incarichi di altissimo livello da lui ricoperti contemporaneamente, ciò si deve esclusivamente al fatto che al Potere uno come Mastrapasqua è funzionale, quasi insostituibile, pena un gioco al massacro di ricatti reciproci, con un “effetto domino” del quale non credo riusciamo neppure a immaginare le dimensioni e le conseguenze.
Il motivo per il quale non mi era sino ad ora espresso, sul caso giudiziario, ma anche politico, è semplice. Lo ha detto bene, in questi giorni, il settimanale «Vita», lo avevamo già scritto noi più e più volte, su queste stesse pagine [si vedano anche i testi citati qui a fianco, N.d.R.]. Senza che accadesse nulla, neppure, a dire il vero, una protesta, una richiesta di rettifica. Nulla. Perché era tutto vero e palese, oserei dire trasparente, nella sua assurdità. E poi, sinceramente, trovo un po’ vigliacca, adesso, la corsa ad attaccarlo, nel primo momento di oggettiva debolezza, dopo la presa di posizione – tuttora rimasta sul terreno delle parole – del presidente del Consiglio Enrico Letta (che rimanda comunque al ministro Giovannini, il quale, a sua volta, al momento tace).
Si attacca Mastrapasqua secondo il cliché consueto della stampa italiana, che si diverte a muoversi solo quando parte per prima la magistratura. Ecco, al riparo di un avviso di garanzia, il re diventa improvvisamente nudo. Prima no. Come se l’impressionante sequela di conflitti di interessi che si dipana da una carica all’altra del Nostro non esistesse, palese e sfrontata, anche prima di questo patetico scivolone sulla buccia di banana dell’ospedale romano, di cui Mastrapasqua è nientemeno che Direttore Generale, incarico che – credo – in quasi tutti gli ospedali italiani sia svolto da un manager a tempo pienissimo.
Non volevo poi scriverne di nuovo anche perché temo che non succederà nulla. O quasi nulla. L’intera governance dell’INPS, e anche degli altri enti nei quali il Nostro è presente a livello altissimo, è infatti assolutamente d’accordo col Capo, e dunque difficilmente si può trovare un nome per sostituirlo, senza che il poveretto rischi di rompersi le ossa in poco tempo.
Il risultato di questa tristissima vicenda italiana è dunque soprattutto la paralisi, questa sì probabile, rispetto ai temi che ci stanno a cuore. In che modo, ad esempio, l’INPS intende affrontare la gestione dell’ISEE [Indicatore della Situazione Economica Equivalente, N.d.R.]. In che modo continueranno i controlli e le revisioni delle pensioni di invalidità. Come si disboscherà il malaffare che ha provocato il bubbone delle false certificazioni di invalidità (altro che “falsi invalidi”!). Come si riformerà l’intero iter della certificazione di invalidità, tenendo conto della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità.
Ecco, dubito fortemente che il signor Mastrapasqua avrà tempo e testa per questi problemi da niente… Lui però ha le idee chiare: «Non mi dimetto». Ha ragione. Questa è l’Italia dei Mastrapasqua.