«Si informa che i bambini con disabilità non potranno essere accolti per l’impossibilità di nominare personale specializzato (insegnanti di sostegno)». Così recitava il secondo capoverso del bando di iscrizione alle scuole d’infanzia comunali per l’anno 2014-15. Il Comune è quello di Reggio Calabria; l’avviso, pubblicato sul proprio sito web, ha determinato la reazione immediata e potente da parte della cittadinanza e di tutte le Associazioni [se ne legga già anche nel nostro giornale, N.d.R.], e una certa risonanza anche sulla stampa nazionale. Tanto è vero che nel giro di pochissimo tempo la frase è stata rimossa, sì, ma sostituita con quella che segue: «Si informa che le assunzioni di eventuali insegnanti supplenti sul posto ordinario e di sostegno saranno subordinate al favorevole esito del controllo centrale sulle dotazioni organiche e sulle assunzioni di personale da parte della Commissione per la stabilità finanziaria degli enti locali ai sensi dell’art. 243 del D. Lgs. 267/2000, fatta salva comunque la verifica del rispetto del patto di stabilità per l’anno 2013».
In parole povere, non ci sono i soldi per gli insegnanti di sostegno, e dunque la loro assunzione è subordinata alla decisione della Commissione. Ne discende che senza insegnanti di sostegno non possono essere accolti i bambini con disabilità.
Le Associazioni hanno assicurato battaglia, sostenute dalla comprovata giurisprudenza (Sentenza della Corte Costituzionale 80/10 sull’illegittimità costituzionale della norma che esclude la possibilità di assumere insegnanti di sostegno in deroga) e dalla Legge 67/06 sulla discriminazione (per esempio: due ragazzi che si iscrivono a scuola hanno lo stesso diritto all’istruzione, per cui escluderne uno perché con disabilità significa discriminarlo).
Non ci interessa qui entrare nel merito delle questioni amministrative del Comune di Reggio Calabria e della sua travagliata gestione commissariale perché questa vicenda, in realtà, si somma a tante altre che si verificano su tutto il territorio nazionale.
Un esempio eclatante è la storia della scuola di Zerbolò, in provincia di Pavia, dove nella primavera dello scorso anno furono esclusi i bambini con il pannolino, perché non autonomi: un modo sottile di escludere -senza dichiararlo esplicitamente, come è stato fatto “ingenuamente” a Reggio Calabria – ben altri utenti. Così sembra, fino a prova contraria.
Ci interessa capire perché, sempre più spesso, transita, più o meno subdolamente, l’idea che i bilanci degli Enti Pubblici quadrino più facilmente, restringendo o negando i diritti delle persone con disabilità, nonostante essi siano sanciti e difesi da leggi di rango costituzionale, da una Convenzione internazionale e da una copiosa e vincente produzione giurisprudenziale.
Ci interessa capire perché, appunto, la Magistratura è chiamata a dirimere controversie che, se semplicemente fosse applicata la legge, probabilmente non avrebbero ragione di esistere.
E vorremmo anche capire perché è così facile offendere l’intelligenza e il senso civico dei cittadini che leggono certe notizie e mortificare la cultura e la capacità di evolversi di un Paese che pure in mezzo a mille contraddizioni, è stato capace di concepire leggi a favore dell’inclusione tra le più avanzate al mondo.
Resta un mistero la ragione recondita di un atteggiamento mentale che, a tutti i livelli e in modo strisciante, sembra molto più diffuso di quanto non si immagini e che sarebbe affascinante indagare, magari con l’aiuto di un antropologo, o di un intero dipartimento di salute mentale, o di un’équipe multidisciplinare.